Il decreto-legge sul precariato: un grande bluff dalle larghe intese

ROMA – Due sono stati i tormentoni dell’estate che ci sta per lasciare: le vicende giudiziarie del Cav. Silvio Berlusconi e gli spot pubblicitari del governo Letta.

Ciò che realmente interessa i cittadini, come è giusto che sia, è l’attività del governo, che dovrebbe ridare slancio a un paese sull’orlo del collasso, soprattutto in materia di lavoro, con una disoccupazione che sta raggiungendo livelli inimmaginabili. Dopo mesi di annunci e rinvii, l’esecutivo guidato da Letta il giovane ha varato alcuni decreti-legge i cui effetti sono tutti da verificare.

Gli ultimi in ordine di tempo sono quelli arditamente battezzati da certa stampa di primo piano “Cancella Imu” e “Salva precari”.

Se il primo, con il quale è stata cancellata l’Imu con il trasferimento su altre imposte dell’onere per i cittadini, che dovranno pagare anche coloro che non sono proprietari di alcun immobile, è un clamoroso bluff, non da meno appare il secondo. Proprio ieri, infatti, a distanza di dieci giorni dalla approvazione da parte del Consiglio dei Ministri è apparso in Gazzetta Ufficiale il decreto-legge n. 31 agosto 2013, n. 101, contenente – “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni”.

In attesa di conoscere il testo definitivo di questo provvedimento, soprattutto per la parte riguardante i lavoratori precari della pubblica amministrazione, era stata fatta circolare, nei giorni scorsi, una bozza di decreto, suscitando false aspettative, appalesatesi dalla lettura del provvedimento apparso in Gazzetta. In precedenza, c’era stato il comunicato stampa di Palazzo Chigi, diffuso alla fine del consiglio dei ministri del 26 agosto.

Ebbene, nel predetto documento, che preannunciava il “contrasto al fenomeno del precariato” e il “salvataggio” delle decine e decine di migliaia di precari che operano nella PA, si leggeva: “Viene rafforzato (con esso decreto, ndr) il principio in base al quale il ricorso al lavoro flessibile nella PA è consentito esclusivamente per rispondere a esigenze temporanee o eccezionali: ne deriva che nella PA non è consentito sottoscrivere contratti elusivi del reclutamento tramite concorso. Il tutto al fine di evitare, per il futuro, la formazione di nuovo precariato.
Contestualmente si avviano interventi per risolvere i problemi attuali:

1) procedure selettive per assumere, fino al 31 dicembre 2015, attraverso concorso, il personale non dirigenziale con contratto a tempo determinato che abbia maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell’amministrazione, con esclusione dei periodi maturati presso uffici di diretta collaborazione degli organi di governo;

2) assunzione prioritaria di tutti i vincitori di concorso e degli idonei appartenenti alle graduatorie approvate dal 1° gennaio 2008”.

Il testo del comunicato, del tutto ambiguo e insufficiente per capire le modalità di soluzione dell’annoso problema, è stato nei giorni successivi oggetto, a mezzo stampa, di forte ridimensionamento da parte del ministro della Funzione Pubblica, Gianpiero D’Alia, il quale si è affrettato a precisare che “non faremo stabilizzazioni. Abbiamo disegnato un percorso per affrontare, gradualmente, il nodo del precariato, nel rispetto delle norme vigenti”.

Subito dopo era emerso, sempre a mezzo stampa, che si sarebbero potuti bandire, fino al 31 dicembre 2015, “concorsi pubblici, nel rispetto degli attuali vincoli finanziari e del turn-over, con una riserva di posti del 50% a favore di lavoratori con contratto a tempo determinato con almeno tre anni di servizio negli ultimi cinque anni”. Nella predetta bozza di decreto figurava anche una norma ad hoc (art. 34), incredibilmente scomparsa nel testo definitivo, riguardante l’Ingv, in base alla quale “Per far fronte agli interventi urgenti connessi all’attività di protezione civile, concernenti la sorveglianza sismica e vulcanica e la manutenzione delle reti strumentali di monitoraggio, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) è autorizzato ad assumere, nel triennio 2014-2016, complessive 210 unità di personale ricercatore, tecnologo e di supporto alla ricerca, in scaglioni annuali di 70 unità di personale”.

E’ il caso di dire che per codesti lavoratori, al danno si è aggiunta la beffa.

Non meno sconcertante, inoltre, appare la disposizione, in materia di proroga dei contratti a termine, contenuta nel comma 9 dell’art. 4 del decreto, che testualmente recita:

” Le amministrazioni pubbliche che nella programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all’articolo 39, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, relativa al periodo 2013-2015, prevedono di effettuare procedure concorsuali ai sensi dell’articolo 35, comma 3-bis, lettera a) del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, o ai sensi del comma 6 del presente articolo, possono prorogare, nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia, i contratti di lavoro a tempo determinato dei soggetti che hanno maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, almeno tre anni di servizio alle proprie dipendenze. La proroga può essere disposta, in relazione al proprio effettivo fabbisogno, alle risorse finanziarie disponibili ed in coerenza con i requisiti relativi alle tipologie di professionalità da assumere a tempo indeterminato, indicati nella programmazione triennale di cui al precedente periodo, fino al completamento delle procedure concorsuali e comunque non oltre il 31 dicembre 2015″.

Siamo, dunque, ancora una volta di fronte all’illusionismo legislativo del governo dalle larghe intese, che anziché risolvere i problemi li aggrava.

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