La vera domanda da farsi sulla vicenda Rai Way

ROMA – L’ offerta pubblica di acquisto lanciata dalla società degli impianti tecnici di Mediaset (Ei Towers) sull’omologa azienda della Rai (Rai Way) è un “pasticciaccio brutto”.

E sì, perché potremmo vedere il Cavallo di viale Mazzini presto sostituito dal Biscione berlusconiano. Stiamo parlando, infatti, non di una banale questione tecnica, bensì dell’oro nero del sistema della comunicazione prossimo venturo. Infatti, la vecchia televisione generalista è ormai nella sua parabola discendente e il business si sposta sull’incrocio delle diverse piattaforme di diffusione.

Il matrimonio (reggerà?) tra tv, telecomunicazioni e rete è il nuovo eldorado.  Avere il controllo delle torri e dei supporti di trasmissione significa portare in dote un bene preziosissimo, che fa tanta gola nell’epoca della banda larga. Ecco, allora, il senso dell’Opa, che guarda al medio e lungo periodo del settore. È da immaginare che il patron di Arcore voglia far atterrare le sue proprietà nel più grande mare di Telecom, l’antico oggetto del desiderio. Il governo tranquillizza gli spiriti critici (contrari fin dall’inizio alla messa in Borsa del tesoro della Rai) dicendo che il 51% rimarrà in mano pubblica.

Ecco, ma dove sta scritto? Lo sapete che solo la cura di un lettore appassionato riesce a trovare quella percentuale, nascosta in un “ritenuto che” del Decreto del Presidente del consiglio attuativo della legge del giugno scorso che parlava di Rai Way, ma senza specificare limiti e criteri?

Quindi, non abbiamo una difesa normativa adeguata. A proposito, perché il governo non inserisce nella annunciatissima (c’è?) riforma della Rai la distinzione proprietaria tra chi ha i contenuti e chi gestisce i segnali?È così nei paesi in cui il sistema è regolato. Già, ma qui c’è ancora la legge Gasparri e il conflitto di interessi incombe….E i patti si fanno al Nazareno.

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