Incidente aereo. In volo non si scherza con il malessere psichico

ROMA – Fa e farà ancora riflettere la tragica vicenda dell’Airbus 320 della Germanwings in cui hanno perso la vita 150 persone, tra le quali il pilota ora accusato di aver provocato volontariamente l’incidente a causa di una ipotetica depressione.

I media fanno a gara per capire il presunto folle gesto di Andreas Lubitz, pilota 28enne con solo 630 ore di volo alle spalle, che presumibilmente, dopo essersi blindato dentro la cabina di pilotaggio, ha puntano il Joystick dell’Airbus verso terra. E lo ha fatto con fredda premeditazione, abbassando manualmente la quota del velivolo senza far scattare gli allarmi automatici.

Ora emerge che Lubitz era in terapia psichiatrica fino ad una settimana fa. Viene da chiedersi, se così fosse, per quale motivo il giovane pilota non sia stato fermato temporaneamente, considerando la responsabilità e il rischio di pilotare un velivolo che trasporta centinaia di passeggeri. Cura psichiatrica, infatti, vuol dire essere sottoposti ad un iter farmacologico con tutti gli effetti indesiderati del caso. Inadempienza degli organismi di controllo, pressapochismo dei medici che hanno avuto in cura il giovane? Difficile trarre delle conclusioni affrettate, ma rimane il fatto che questi professionisti dell’aria, che lavorano a 40 mila piedi d’altitudine, hanno l’obbligo di preservare una condizione psico fisica ottimale.

In Italia un pilota è sottoposto periodicamente a un check psico-fisico da parte dell’Istituto di Medicina Legale dell’Areonautica Militare, ente che sancisce o meno l’idoneità al volo per tutti i naviganti italiani impegnati nel settore aereo. Perchè Lubitz è stato mandato in volo nonostante il suo malessere? Parliamo di una compagnia low cost, tra le più quotate in Europa. 

Eppure c’è anche da dire, senza tanti giri di parole, che questo tipo di professione nel tempo ha subito degli stravolgimenti contrattuali che dovrebbero far riflettere. Turni massicciamente aumentati nel corso degli ultimi anni, contratti peggiorativi di anno in anno e diminuzione drastica delle garanzie occupazionali, hanno ulteriormente alzato lo stress a cui un navigante è sottoposto. Parliamo, infatti, di una professione che fino a qualche anno fa era considerata usurante e ora magicamente non lo è più. Tutto questo per battere una concorrenza spietata e spesso sleale, dettata dal mercato delle low cost in un contesto occupazionale dove la perdita del lavoro assume sempre più il principale timori per l’esistenza delle persone. E sotto il ricatto che esaspera il mondo del lavoro è diventato perfino difficile ammettere le proprie debolezze, le patologie psichiche che appaiono agli occhi critici come invalidanti e portano alla conseguente emarginazione.

Non sappiamo con esattezza matematica se sia stato Lubitz a portare alla morte 149 persone.  Sappiamo solo che qualcosa non ha funzionato, che un pilota non dovrebbe mai alzare le ruote da terra quando è in cura psichiatrica, che un sistema dove conta più flessibilità e produzione a volte si inceppa e, in questo caso, finisce per trascinare alla morte innocenti inconsapevoli.

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