Padre Turoldo e il seme della misericordia

Quanto si sarebbero stimati papa Francesco e padre David Maria Turoldo! Quanto sarebbe piaciuto al gesuita venuto dalla fine del mondo quell’uomo semplice e animato da ideali di umanità e di fratellanza universale, capace di trasformare la propria stessa vita in una costante testimonianza al servizio degli ultimi, dei poveri, dei deboli! 

Ricorre oggi il centesimo anniversario della nascita di questo umile servo di Maria che della lotta contro ogni forma di barbarie e di prevaricazione ne ha fatto la ragione della sua esistenza e che ha improntato il proprio cammino umano, spirituale e civile agli ideali resistenziali che animarono la sua giovinezza. 

Se Bergoglio è il frutto più nobile della straordinaria eredità di Carlo Maria Martini, possiamo infatti dire che Turoldo ne è stato un precursore e che, probabilmente, senza le sue battaglie contro la degenerazione della Chiesa e della società un messaggio come quello di Bergoglio avrebbe fatto assai più fatica ad affermarsi. 

Friulano di Coderno, in provincia di Udine, padre David deve all’incontro con Milano e con il cattolicesimo progressista lombardo l’impronta culturale che lo segnerà per il resto della vita, nella terra dei Ravasi e dei Martini ma, soprattutto, di Giovanni XXIII e della sua rivoluzionaria svolta conciliare. 

Fu nella capitale della Resistenza e dell’umanesimo sociale che padre Turoldo formò il proprio carattere, vivendo le esperienze più intense di un percorso lungo e complesso che lo portò spesso a contatto con il dolore degli ultimi, conferendogli un’autenticità e un’autorevolezza che poche figure nel panorama cattolico dell’ultimo mezzo secolo sono riuscite a eguagliare. 

E a noi piace pensare che non sia un caso che il Giubileo della Misericordia indetto da papa Francesco e aperto un anno fa dal pontefice nella periferia disperata di Bangui, ci piace pensare che non sia un caso che quest’anno vissuto da una vasta comunità di persone all’insegna della fede e della ricerca interiore si sia concluso proprio in concomitanza con l’anniversario della nascita di un uomo che alla fede e alla ricerca interiore ha votato l’intera esistenza e che sui temi cari a Bergoglio ha scritto pagine indimenticabili, capaci di scaldare il cuore tanto dei credenti quanto dei non credenti o dei credenti in altre religioni. 

Ci piace pensare che il seme della misericordia, della concordia, dell’amore, della giustizia e della bontà d’animo gettato e annaffiato per tanti anni da padre Turoldo stia germogliando oggi anche in Vaticano, persino su un argomento delicato come l’aborto, e che presto possa attecchire anche altrove, in questo mondo più che mai bisognoso di un minimo di umanità e di attenzione alle ragioni del prossimo e, in particolare, di chi vive lontano dai riflettori e da solo non può farcela. 

Ci piace immaginare che stia davvero iniziando quel nuovo giorno che non ha mai vissuto nessuno di cui parlava padre Turoldo e che possa svolgersi all’insegna della pace e della concordia, scacciando innanzitutto le ingiustizie legate all’ipocrisia, all’avidità e a quella smodata sete di potere, gloria e ricchezza che egli condannava pubblicamente, suscitando scalpore per la sua concezione globale della parola di Dio. 

Padre Turoldo era, soprattutto, un esploratore, un uomo senza maschere, fragile e grandioso al tempo stesso, caratterizzato da uno spirito di servizio e da una purezza difficili da descrivere, dotato di una profondità di pensiero tipica di quella Chiesa povera fra i poveri e ultima fra gli ultimi, in grado di porsi al loro fianco e di condannare con la massima fermezza chiunque si azzardi a guardare il proprio fratello in difficoltà dall’alto in basso. 

Diciamo, dunque, che fra padre Turoldo e papa Francesco è avvenuto un passaggio di testimone e che ricordare l’uno è un buon modo per riflettere sulle azioni e sulle innovazioni che sta apportando l’altro, nella consacrazione di questo Vangelo da marciapiede che poi è l’unico davvero in grado di avvicinare la parola di Dio a tutte le orecchie, comprese quelle di chi non crede ma è comunque affascinato da questa predicazione sincera e capace di trasmettere l’idea di un avvenire migliore. 

Una preghiera, un’omelia, uno sguardo lontano, un continuo fermarsi a meditare e un inquieto cercare, scrutando i dettagli di ogni singola vicenda e tentando di trovare in ciascun essere umano la radice del bene e della condivisione: questo è stato il Giubileo caritatevole di papa Francesco e questa era la Chiesa di un pastore che ha dato molto a tutti e non ha mai chiesto in cambio nulla a nessuno. 

Un partigiano della fede, proprio come oggi Bergoglio è un apostolo della carità, negli stessi giorni in cui si celebra anche il settantesimo anniversario della nascita dell’UNICEF e si compone così, nell’immaginario collettivo, il quadro di un altro mondo possibile. 

Perché un’alternativa alla barbarie dell’egoismo sfrenato e della violenza indiscriminata e senza alcuna pietà esisterebbe pure, solo che da troppo tempo abbiamo deciso di accantonare quella via e di imboccarne un’altra, tanto semplice da percorrere quanto drammaticamente effimera. 

E allora l’importante è cercare ancora, divenendo, noi laici, cultori della complessità: un valore che ben si sposa con quelli dell’anno giubilare appena concluso e che potrebbe schiudere tante porte oggi purtroppo serrate. L’importante è non arrendersi mai, percorrendo tutti insieme, e fino in fondo, il sentiero di questo nuovo giorno che è sorto all’interno di noi, anche se eravamo così distratti da mille falsi idoli che non ce ne siamo accorti, arrivando magari persino a disprezzarlo.

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