La sporca guerra dello Stato contro i No Muos

ROMA – Pur d’installare il MUOS in Sicilia, hanno violato perlomeno tre articoli della Costituzione e un’infinità di norme urbanistiche, ambientali e antimafia. Ministri e sottosegretari, governatori, assessori e funzionari regionali hanno mentito spudoratamente e impunemente; giudici, prefetti, questori e commissari hanno rispolverato leggi liberticide, fasciste e fascistoidi.

La realizzazione a Niscemi (Caltanissetta), all’interno di una straordinaria area protetta, del terminale terrestre del nuovo sistema di telecomunicazioni della Marina Usa, passerà alla storia per le innumerevoli, gravi e insanabili illegalità perpetuate dai poteri dello Stato e per aver sperimentato sulla pelle di centinaia di attivisti No war, principalmente giovani e donne, la scientifica brutalità, l’arbitrarietà e la spregiudicatezza degli apparati repressivi dello Stato.

Cariche e manganellate contro i manifestanti che bloccavano il via vai dei camion e dei mezzi militari; arresti, carcerazioni, espulsioni, condanne, sanzioni e multe per migliaia di euro. Difficilissimo tenere il conto degli atti lesivi del diritto e delle libertà personali prodotti dalle autorità in poco meno di tre anni per tentare di spezzare la resistenza No MUOS. L’esordio delle pratiche repressive in nome e per conto degli interessi geostrategici degli alleati d’oltreoceano risale all’8 settembre 2012, quando furono denunciati 17 attivisti che si erano recati di notte davanti ai cancelli della base di Niscemi per disturbare il sonno dei moderni cavalieri dell’apocalisse con mestoli e padelle. L’accusa fu di radunata sediziosa, manifestazione non autorizzata e danneggiamento di beni della Difesa, ma per l’inconsistenza dei rapporti di polizia il procedimento è stato poi archiviato. Grazie alle vecchie leggi contro il “terrorismo”, il 14 marzo 2013 furono effettuate irruzioni e perquisizioni nelle abitazioni di una decina di niscemesi, che diedero esito negativo. Nel successivo mese di aprile, i controlli, i fermi e le perquisizioni delle forze dell’ordine si fecero estenuanti specie sulle persone che più animavano il presidio permanente No MUOS realizzato nei pressi della grande installazione militare di proprietà e uso esclusivo delle forze armate a stelle e strisce. Furono emanati contravvenzioni e fogli di via; quando poi giorno 22 aprile, 7 giovani attivisti fecero ingresso all’interno della base per arrampicarsi su alcune antenne utilizzate per le trasmissioni ai sottomarini nucleari in immersione negli oceani, scattarono gli arresti per due di loro, con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali. Quando il GIP decise di non convalidare i fermi, la Procura di Caltagirone presentò ricorso in Cassazione e ottenne una decisione favorevole che legittimò l’operato della polizia. L’8 maggio 2013, durante un sit-in, furono arrestati altri due attivisti con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale ed uno anche per danneggiamento aggravato. Due minori catanesi furono denunciati per lesioni e violenze e iniziò un lungo e doloroso calvario giudiziario per le famiglie. Il procedimento a carico di uno di loro fu archiviato, mentre l’altro fu rinviato a giudizio e infine assolto per non aver commesso il fatto. Un altro arresto avvenne il 10 luglio 2013 a Gela in occasione delle proteste contro la commemorazione in pompa magna dello sbarco degli americani in Sicilia del 1943.

Dopo che il 9 agosto 2013 migliaia di persone occuparono pacificamente per alcune ore la base di Niscemi, le forze dell’ordine smistarono in tutta l’Isola decine di denunce per ingresso in luoghi dove l’accesso è vietato per interessi militari e ad alcuni anche per resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Gli attivisti che il giorno prima dell’occupazione si erano arrampicati sulle antenne di trasmissione degli ordini di guerra del Pentagono, furono pure denunciati per interruzione di pubblico servizio. A fine luglio 2014 sono state emesse 29 ordinanze di misure cautelari nei confronti degli attivisti indagati per resistenza e violenza per l’occupazione del 9 agosto 2013. le ordinanze disponevano contestualmente il divieto di ingresso e dimora nel Comune di Niscemi, ma sono state annullate il 23 settembre dal Tribunale di Caltanissetta. Altre 9 persone risultano indagate per adunanza sediziosa, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale per le proteste al presidio No MUOS del 24 agosto 2013, mentre nel successivo novembre sono state eseguite due perquisizioni domiciliari e due sequestri per un lancio di uova ad un convoglio di soldati statunitensi. Per un incatenamento collettivo ai cancelli della base, il 25 gennaio 2014, dopo l’innalzamento delle parabole del MUOS, ancora avvisi per due attivisti, mentre dopo una seconda invasione non violenta della base, il 9 agosto 2014, sono state notificate una settantina di denunce anche contro manifestanti che si erano tenuti a debita distanza dall’infrastruttura militare. Per esplosioni pericolose, a fine gennaio 2015, cinque attivisti No MUOS sono stati denunciati per aver “salutato” con fuochi d’artificio il lancio da Cape Canaveral del terzo satellite MUOS. 

“Agli attivisti, le autorità di polizia hanno pure contestato reati come l’attentato alla sicurezza dei trasporti, il porto di oggetti atti ad offendere, ecc.”, denuncia Paola Ottaviano, componente del pool dei legali dei Comitati No MUOS. “Inoltre continuano ad essere emanati fogli di via obbligatori ex art. 2 del decreto 159/2011 che prescrivono il divieto di ingresso a Niscemi per tre anni. Uno dei due impugnati al Tar è stato annullato perché ritenuto illegittimo per violazione di legge, carenza d’istruttoria e difetto di motivazione. Per i sit-in fatti tra l’aprile e il giugno 2013 davanti i cancelli della base per denunciare l’ingresso degli operai al cantiere mentre era in vigore l’atto di revoca della Regione siciliana delle autorizzazioni ai lavori, sono state notificate decine di sanzioni amministrative che vanno da un minimo di 2.500 a un massimo di 10.000 euro. Per quei blocchi sono state rinviate a giudizio anche due rappresentanti del Comitato Mamme No Muos di Niscemi, procedimento che pende avanti il tribunale di Caltagirone. La legge prevede tra le cause di non punibilità, l’esercizio di una facoltà legittima, come il diritto ad esprimere il proprio pensiero e a manifestare, diritto costituzionalmente garantito. In quei mesi, ogni attività all’interno dei cantieri del MUOS era illegittima, e mentre nulla veniva fatto per impedire il prosieguo dei lavori, le autorità perseguitavano i cittadini e gli attivisti che ne denunciavano l’illegittimità e la presenza di aziende a cui la stessa Prefettura di Caltanissetta aveva negato la certificazione antimafia perché ritenute vicine ai boss mafiosi locali”.

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