Ospedali psichiatrici giudiziari: quando i malati sono vittime innocenti

ROMA – Sono centinaia gli ergastoli “bianchi” con scadenza fine pena mai perché, nonostante il via libera dei giudici di sorveglianza, non ci sono strutture sul territorio pronte ad accogliere i detenuti condannati e con problemi psichici.

Così negli ospedali psichiatrici giudiziari italiani, da Aversa a Secondigliano, spesso in condizioni vergognose, resta il 60% dei detenuti psichici, di chi potrebbe ricominciare a vivere fuori “perché la maggior parte ha compiuto bagattelle” e ormai non è più considerato socialmente pericoloso.

A denunciarlo è un’indagine della Commissione parlamentate sull’efficienza del servizio sanitario nazionale presieduta dal senatore Ignazio Marino – presidente della commissione di inchiesta e che nei giorni scorsi ha visitato a sorpresa tutti e cinque gli Opg italiani -, tenutasi ieri in Senato, che ha convinto il ministro della Salute Ferruccio Fazio ad erogare cinque milioni di euro, bloccati da anni, destinati alle regioni e quindi alle Asl per progetti di accoglienza dei detenuti non pericolosi.
In tutta Italia ci sono sei Opg, per un totale di 1.500 pazienti: «il 40% sono persone dimissibili, che potrebbero dunque lasciare le strutture» spiegano i senatori della Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale (oltre a Ignazio Marino del Pd, il relatore di maggioranza Michele Saccomanno del Pdl e il relatore di minoranza Daniele Bosone).
«Sono stati dei sopralluoghi a sorpresa, effettuati con i Nas – ha raccontato Marino -.I manicomi criminali praticamente non sono stati chiusi, sembra un problema di nicchia perché parliamo di 1.500 persone, ma è un problema di civiltà».
Bosone ha citato un aforisma di Fedor Dostoevskij: «Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni». E in queste ultime ci sono anche gli ergastoli bianchi, cioè pazienti che di proroga in proroga della misura restrittiva, dall´Opg non escono più.
Ci sono Regioni più virtuose e quelle meno”, spiega ancora Ignazio Marino.

Luoghi, come raccontano gli stessi operatori e testimoniano le immagini del documentario mostrato ai ministri e che ha commosso il presidente del Senato Renato Schifani, spesso cadenti, inadeguati.
Con i topi che escono dalle latrine alla turca, dove fino al 2009 c’erano i letti di contenzione – tolti dopo una condanna europea per tortura.
“La Campania ne accoglie molto pochi sul territorio, al contrario dell’Emilia Romagna, ma la cosa grave è che molte regioni non hanno nemmeno fatto richiesta dei fondi messi a disposizione per la presa in carico dei pazienti”.
Nella “lista nera” di chi non ha presentato alcun progetto, sono finite: Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Molise, Provincia di Bolzano, Sicilia e Valle D’Aosta.
Nel dettaglio, tra gli ospedali psichiatrici giudiziari dove le cose sono andate peggio c’è quello di Aversa (Campania), dove sui 105 possibili di dimissioni solo 21 sono stati dimessi, 23 trasferiti, due deceduti (su un totale di sei morti nella struttura da gennaio).
Dal lato opposto l’Opg di Reggio Emilia, dove sui 37 da possibili di dimissioni, ne sono effettivamente usciti 23, quattro sono stati trasferiti e uno è deceduto.
Una delle poche isole felici sul territorio è la comunità di Sadurano poco lontano da Castrocaro, in Emilia Romagna.
“La Regione prima ha cominciato a pensare dove costruire realtà sul territorio e poi ha creato i centri residenziali per accogliere i pazienti.
Noi siamo una di queste realtà, un luogo di transito per verificare che uno sia veramente pronto per la vita fuori.
Qui i detenuti ricominciano a vivere, a lavorare magari in officina. Abbiamo avuto 36 pazienti in tre anni, sedici sono tornati alle loro case, altri vivono altrove in strutture a bassa protezione”, risponde così il presidente Stefano Rambelli, appassionato psicologo quarantenne alle parole del senatore Marino.

Centri con pochi uomini, mezzi e risorse economiche. A riconoscerlo la stessa direttrice di Aversa, Carlotta Giaquinto, dove nei primi sei mesi dell’anno sei detenuti sono morti, tre suicidi.
“La struttura dove sono ricoverati 240 malati psichici è fatiscente, abbiamo solo quattro educatori e due psicologi per 30 ore, gli psichiatri lavorano addirittura solo come consulenti”.
Un caso però ha suscitato scalpore e indignazione da parte della commissione:
«L´Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo è una struttura da chiudere» dice il senatore Ignazio Marino. «Abbiamo trovato a Montelupo una situazione grave, un sovraffollamento disumano. In una cella c’erano fino a nove pazienti con uno spazio di tre metri quadrati a testa».

Assieme a Marino c´erano i carabinieri del Nas che hanno redatto un verbale in cui si legge: «Al momento del controllo ci sono 170 pazienti. I due padiglioni che ospitano gli internati si presentano con evidenti carenze strutturali dovute alla vetustà degli edifici».
Macchie di umidità sui muri e sui soffitti, intonaci scrostati, celle anguste.
«I servizi igienici di alcune celle sono risultati luridi, con urine sul pavimento, il cattivo odore si avverte in molti ambienti» si legge.
L’arredamento è quello carcerario e «in alcuni casi con materiale di risulta sono state costruite mensole per il deposito di oggetti vari».
Gli investigatori spiegano che essendo in corso dei lavori di ristrutturazione nelle “terza sezione”, nelle stanze di quell’area dell’Opg sono affollate fino a sette persone.
«Al primo e al secondo piano dell’edificio (sezione Arno e Torre) sono presenti celle fino a 9 posti letto con un sovraffollamento che impedisce ogni movimento alle persone ospitate».
Nella relazione dei Nas si fa notare che non mancano gli spazi verdi (c’è un campo da calcio e un’azienda agricola dove lavorano alcuni internati, come ha spiegato la direttrice Maria Grazia Grazioso) e che nell’ispezione degli armadietti farmaceutici non sono state riscontrate violazioni.

“Come si fa a garantire cura con un minuto di terapia a testa – afferma il senatore Ignazio Marino – come si fa così a garantire il rispetto della dignità umana e la possibilità di terapia sancita dalla Costituzione”?, domanda Marino alle parti in causa: dai direttori degli ospedali agli operatori sanitari, dalle Regioni ai tribunali, dalle comunità terapeutiche al ministero. E trovare una via di uscita.
“Perché così non si può andare avanti. Arriveremo alla chiusura di questi luoghi. Non può continuare ad esistere un limbo dove non viene rispettata né la persona, né il suo diritto alla salute e a un futuro.
Gente che ha commesso delitti ben più gravi, scontata la pena è fuori. Loro, che proprio perché malati psichici dovrebbero essere più protetti, hanno come fine pena mai per mancanza di strutture”.
«Sono persone malate e hanno diritto a essere curate»; dei 5 milioni stanziati, però, solo 3 milioni e 400mila sono stati effettivamente erogati alle Regioni». I motivi? Spiega il presidente della commissione d’inchiesta: «Solo alcune ne hanno fatto richiesta  presentando dei progetti di assistenza. Il Lazio non l’ha fatto, pur avendo 41 cittadini che hanno il diritto di lasciare gli Opg. E non hanno richiesto i fondi nemmeno la Liguria che ha 11 cittadini da accogliere, l’Abruzzo che ne aspetta 6, la Campania dove dovrebbero tornare 75 internati, la Calabria e la Sicilia che devono riaccogliere rispettivamente 11 e 31 persone, il Friuli Venezia Giulia che ne aspetta 7. Questa evidente mancanza di cooperazione va fermata al più presto», conclude Marino.

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