Pdl. Prova di forza (finta) di Berlusconi nella direzione del partito

Il magnate di Arcore rincorre i suoi bluff mettendo Fini con le spalle al muro: “O me o elezioni”. Ma alla Camera è già pronta una nuova maggioranza che oggi ha battuto quella vecchia su un emendamento alla legge di stabilità

ROMA – Il colloquio imprevedibile fra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi è avvenuto all’Altare della Patria, mentre la seconda e la terza carica dello Stato attendevano l’arrivo della prima, cioè di Giorgio Napolitano per le celebrazioni nel giorno della vittoria nella I guerra mondiale. Un incontro palesemente cercato dal premier, che è sembrato cordiale. Un cronista dell’Ansa ha studiato il labile del magnate di Arcore per ricavarne la seguente affermazione: “di una persona incensurata, maggiorenne e credibile”. Insomma, stanno parlando della vicenda di Ruby e il Cavaliere si riferisce all’affidamento della minorenne alla sua protetta Nicole Minetti. Da questo rapido scambio di battute si sono articolate, nel corso della mattinata, tutta una serie di ipotesi che la dicono lunga sullo vero “teatrino” della politica italiana, creato dall’illusionista Berlusconi.

Il premier a Fini: “Chiarezza altrimenti il voto”

Poi, alla direzione del partito – il parlamentino del Pdl che si è riunito a distanza di sei mesi dalla ferita apertasi con il pubblico battibecco fra Fini e il Presidente del Consiglio – il capo dei capi ha rilanciato con enfasi il suo ruolo, la sua dominazione, la sua insostituibilità alla guida del Paese. La poco sacra rappresentazione del “teatrino” lo ha visto, come sempre, quale deus ex machina che risolve intrecci e relazioni, salvando la situazione. Secondo la sua fantasmatica immaginazione, in Italia il sistema dei media – ancorché saldamente nelle sue mani – sta nascondendo la realtà: quella di un Esecutivo, il migliore nel miglior mondo possibile, unica entità in grado di salvare l’Italia, la sicurezza dei suoi abitanti, i conti dello Stato, l’economia, i sogni. Questo sistema informativo, insieme a determinati giudici, sta congiurando contro di lui per far tornare al governo coloro che hanno perso le elezioni.  “Vedo e sento in questi giorni parlare di un governo con noi fuori. Ma un esecutivo senza di noi e la Lega sarebbe illegittimo. Ci troveremo di fronte a un governo degli sconfitti, privo di legittimità popolare, incapace di garantire la stabilità” afferma rilanciando la principale delle sue menzogne costituzionali. E così, rivolgendosi ancora una volta al suo antagonista interno, rilancia la puntata: “Se ritiene esaurita l’esperienza di questo governo e non intende andare avanti, lo deve dire con chiarezza e subito. Noi siamo pronti ad accogliere la sfida e ad andare subito alle urne”, perché, ribadisce, “fuori da questo percorso c’è solo il degrado, il rovesciamento della democrazia”. Non sono mancate frasi ad effetto, come nella tradizione della sua foga oratoria da imprenditore brianzolo di fronte ai suoi inserzionisti pubblicitari: “Ricordo a chi me lo chiede che non farò un passo indietro, ma cinque passi avanti” e attacchi espliciti, rovesciando la verità delle cose (l’eccessivo disordine nella sua vita privata con pesanti riverberi sulla dimensione pubblica delle sue funzioni, che non pare una semplice “invenzione della sinistra”) ed asserendo che “c’è un tentativo estremo, violento ed aggressivo di distruggere tutto ciò che di buono abbiamo fatto”. La risposta di Fini non si è fatta attendere: “Deludente e senza prospettive” ha definito il discorso del premier, sembrando chiudere la porta a qualsiasi prospettiva di accordo.

Prove tecniche di alternativa

Il Cavaliere ha impegnato tutto se stesso nel tentativo di apparire forte, quando invece il suo prestigio personale è assai debole, così come la sua maggioranza. Nelle pieghe del suo discorso e, a tratti in modo palese, non ha potuto fare a meno di confermare che l’asse della maggioranza si è spostato oramai dalle mani di Bossi a quelle di Fini e questo era esattamente ciò su cui puntava il Presidente della Camera. Nello stesso tempo, il bluff del magnate di Arcore sta tutto in quel pallino che minaccia di mettere al centro del tavolo da biliardo, per ricominciare la partita con il ricorso alle urne ma, intanto, si ferma ad ingessare la stecca per evitare scivolamenti ed attende. In questo modo continua a farsi rosolare sul girarrosto, attizzando per giunta le braci con la sua pervicace “sexual addiction”, caso unico nel mondo libero, rilanciato ogni giorno da tutta la stampa mondiale e che ha già prodotto il dissolvimento di qualsiasi considerazione internazionale verso il nostro Paese.

La risposta di Fini si attende per la grande Convention di Perugia che si svolgerà sabato e domenica ma un promo lo si è già avuto oggi in Commissione Bilancio della Camera, con la formazione di una maggioranza fra sinistra, Udc, Mpa e Fli che ha introdotto un emendamento alla legge di stabilità. La plastica dimostrazione delle difficoltà del premier e dell’ineluttabilità del ricorso alle urne, dove però ben difficilmente troverà conferme definitive per togliersi di torno processi e incolpazioni, il vero ed unico motore di tutta la sua azione “politica” in sedici anni di potere economico-affaristico.

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