Anno giudiziario: la cocaina, il business delle mafie

ROMA –  Il traffico di cocaina rappresenta sempre di piu’ il core business delle mafie italiane.

E’ quanto emerge dalla relazione del procuratore generale della Cassazione, Pasquale Ciccolo, che sottolinea come le grandi organizzazioni criminali abbiano “esteso i loro interessi oltre i confini nazionali, radicandosi con proprie propaggini in diversi stati europei, ma non solo”. La ‘ndrangheta “e’ leader del traffico mondiale di cocaina, come confermano i risultati investigativi. Negli ultimi decenni, ha sfruttato l’enorme traffico di merci del porto di Gioia Tauro, trasformando l’Italia in un centro strategico per il traffico di cocaina in Europa. Le cosche jonico-reggine – ricorda il pg – hanno stipulato, attraverso propri rappresentanti negli Stati Uniti, un accordo preferenziale con i trafficanti messicani del ‘Cartello del golfo’ per la fornitura di cocaina in Europa, facendola transitare dalla Calabria. Mantenendo propaggini operative in Europa, oltre che in America e Oceania, nonche’ importanti collegamenti in Medio ed Estremo Oriente e in Africa, l’organizzazione ha esteso i propri interessi nei principali mercati internazionali degli stupefacenti con un ruolo di preminenza riconosciuto anche dalle altre organizzazioni mafiose. Per tutelare i propri interessi nei Paesi produttori si avvale, in Spagna come nei Paesi del Sud America, dei cosiddetti broker, soggetti non necessariamente organici ad una cosca che, risiedendovi stabilmente, si adoperano a seguire le trattative e ad organizzare le spedizioni di narcotici”. Anche le proiezioni estere della camorra si confermano “sempre piu’ frequenti e operative, soprattutto in alcuni Paesi europei quali Spagna, Germania, Francia e Olanda, ritenuti veri e propri crocevia del narcotraffico dai Paesi sudamericani produttori. Ma e’ soprattutto la Spagna – sottolinea Ciccolo – il paese in cui si riscontra una presenza stabile della camorra”. 

 In particolare, “le esigenze connesse al narcotraffico hanno portato un crescente numero di esponenti dei clan a stabilirsi all’estero con la possibilita’ di coltivare rapporti essenziali all’approvvigionamento di stupefacenti e al reimpiego dei proventi”. Anche Cosa nostra “sta accrescendo il proprio ruolo nei grandi traffici internazionali di stupefacenti, specie di cocaina. In particolare, e’ emerso che appartenenti a cosa nostra hanno stabilito contatti direttamente con le organizzazioni sudamericane e nordamericane al fine di trarre vantaggio dai loro consolidati appoggi logistico-operativi presenti specialmente in Sudamerica, nella penisola iberica e in Nord Europa, ovvero nelle principali aree di produzione e di snodo del narcotraffico”. “Una avvertenza tuttavia si impone – conclude il pg -. Questa necessaria dimensione transnazionale delle organizzazioni mafiose non deve indurre a ritenere realizzata una mafia del tutto illiquida o immateriale, quasi fosse un concetto evanescente. I dati investigativi e le piu’ aggiornate analisi del fenomeno hanno evidenziato che nonostante la globalizzazione e le tesi che vogliono le mafie liquide e immateriali, la ‘ndrangheta al nord continua a cercare di entrare in un mercato locale per eccellenza, quello delle costruzioni, e continua a farlo con le stesse modalita’ che usava negli anni ’60, ossia ricorrendo alla forza estorsiva, all’usura, all’intimidazione se necessario. Resta dunque un forte rapporto con il territorio dell’organizzazione madre, per l’esigenza di mantenerne forme di controllo e assicurare il reclutamento dei suoi componenti; infine per ottenere, al bisogno, forme di nascondimento sicuro per i propri latitanti”. 

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