Annozero, continua il duello tra Masi e Santoro

ROMA – Nuovo capitolo della saga Masi vs Santoro. Il giornalista ha infatti affidato al suo ultimo editoriale l’enunciazione della sua prossima strategia difensiva: ricorso all’arbitrato interno per dirimere una controversia che, altrimenti, avrebbe avuto tempi di soluzione troppo lunghi. Annozero, quindi, si farà perché la procedura interna, di fatto, blocca la sospensione.

Tutto era iniziato con quel colorito “vaffan – bicchiere”, pronunciato da Michele Santoro alla ripresa del suo programma, il 23 settembre scorso. Un “eufemismo” che non è piaciuto ai vertici di viale Mazzini e tantomeno al direttore generale Masi, principale destinatario dell’invettiva catodica. Secondo la personale arringa di Santoro, costruita su un’ipotetica analogia tra la sua professione e quella di un’azienda produttrice di bicchieri, proprio Masi sarebbe l’indiziato numero uno della ripresa ad ostacoli dello storico programma di Raidue, appeso ad un costante filo di incertezza sulle sue sorti e con le sue due punte di diamante, Travaglio e Vauro, senza rinnovo contrattuale. La reazione di Masi è ormai storia nota: sospensione del conduttore per dieci giorni, senza retribuzione, per uso privato del mezzo televisivo e offesa gratuita al direttore generale. Che tradotto sul piano pratico avrebbe comportato l’annullamento di ben due puntate, con conseguente perdita di introiti pubblicitari e arresto forzato del lavoro di redattori e collaboratori del programma. Pericoli al momento scongiurati, visto l’ingresso in campo di un arbitro interno. Ma la partita non finisce qui e Michele Santoro mobilita il suo pubblico televisivo chiedendo un’azione congiunta di solidarietà alla sua persona, da attivare “in ogni caseggiato”, per denunciare la contrarietà all’arresto forzato del talk – show più seguito di Raidue.

Quanto andato in scena in questi giorni assomiglia sempre di più all’ennesimo atto di un ormai collaudato duello tra Masi e Santoro, al quale i due protagonisti sembrano non voler proprio rinunciare. Per il direttore generale Santoro è divenuto una spina nel fianco, un avversario quasi personale, da punire esibendo il cartellino rosso della sospensione. Voci di corridoio, non confermate, attribuiscono a Masi addirittura una richiesta di licenziamento, ma la testa del conduttore, almeno per il momento, rimane saldamente al suo posto, sembra per il netto rifiuto opposto dagli stessi consiglieri di maggioranza. Che forse, in modo lungimirante, hanno preferito non restare coinvolti in una battaglia senza soluzione di continuità.

Dal canto suo Michele Santoro si è dimostrato fin troppo abile nel creare attesa intorno al programma, nell’esporsi in modo imprudente per poi invocare, si perdoni il cinismo, un quanto mai opportuno ruolo di vittima sacrificale sull’altare dell’informazione. Un polverone mediatico che di certo non fa bene al lavoro della redazione, impegnata nel creare un programma di qualità, ma della cui qualità alla fine non si parla mai, surclassato dalle vicende epiche del suo martire conduttore. Che intanto annuncia di voler ricorrere a tutte le vie legali per risolvere la questione, in uno scontro finale che vedrebbe un solo vincitore: o lui o il dg Masi. E l’incognita di un contratto, il suo, che potrebbe anche essere risolto, permettendo al giornalista di approdare su altri lidi, magari quello de La7, come sostengono i bene informati.
Una singolar tenzone che rischia di protrarre, ogni oltre ragionevole durata, un gioco al massacro per Masi, Santoro e la stessa Rai. Tre attori principali di un dramma andato in scena troppe volte per non sembrare ripetitivo e dannoso, su cui emerge il paradosso di una contesa personale che finisce per minare gli interessi economici della stessa azienda, come gli investimenti pubblicitari che, ferma la trasmissione da ascolti record, rimarrebbero congelati.

La pantomima catodica finisce così per arricchirsi di un quarto, involontario, personaggio: il pubblico televisivo, vero perdente della bagarre in atto. Espropriato di un programma di informazione, costretto ad assistere ad uno scontro aziendale quasi senza precedenti e principale contribuente, con il canone, di una Rai sempre meno al servizio del pubblico.

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