Torture a Mosul. Amnesty chiede indagini

Amnesty International ha sollecitato le autorità irachene a indagare con urgenza sulle denunce secondo le quali uomini con le uniformi della Polizia federale hanno torturato e ucciso a sangue freddo abitanti dei villaggi a sud di Mosul

I ricercatori di Amnesty International attualmente presenti nel nord dell’Iraq hanno visitato diversi villaggi nelle aree di al-Shura e al-Qayyarah, situati nella provincia di Ninive, a sud e a sud-ovest di Mosul. Hanno raccolto informazioni su almeno sei persone vittime di esecuzioni extragiudiziali in quanto sospettate di avere legami col gruppo armato auto-denominato Stato islamico.

“Uomini che indossavano uniformi della Polizia federale hanno compiuto uccisioni illegali, arrestando e poi uccidendo a sangue freddo residenti dei villaggi a sud di Mosul. In alcuni casi, le vittime sono state torturate prima di essere passate per le armi” – ha dichiarato Lynn Maalouf, vicedirettrice per le ricerche presso l’Ufficio regionale di Amnesty International di Beirut.

“Uccidere volutamente prigionieri e altre persone inermi è vietato dal diritto internazionale umanitario e costituisce un crimine di guerra. È fondamentale che le autorità irachene svolgano indagini immediate, approfondite, imparziali e indipendenti su questi crimini di diritto internazionale e portino i responsabili di fronte alla giustizia. In assenza di punizioni, vi è il forte rischio di assistere ad altri crimini di guerra nei villaggi e nelle città dell’Iraq durante l’offensiva per riprendere Mosul” – ha aggiunto Maalouf.

È inoltre importante, ha sottolineato Amnesty International, che chi ha assistito a questi crimini e i loro familiari siano protetti da ogni forma di rappresaglia e intimidazione.

Il 21 ottobre l’area di al-Shura, la cui popolazione in passato era largamente fuggita, è stata teatro di scontri armati tra lo Stato islamico e le forze irachene, le quali hanno riportato almeno una vittima. È possibile che queste ultime abbiano presunto che nei villaggi fossero rimasti solo combattenti dello Stato islamico.

Quella mattina, una decina di uomini e un ragazzo di 16 anni provenienti per lo più dai villaggi di Na’na’a e al-Raseef, sono stati torturati dopo che si erano consegnati, a Nus Tal, a un piccolo gruppo di persone che indossavano le uniformi della Polizia federale. Sventolavano indumenti bianchi e si erano abbassati i pantaloni per mostrare che non avevano cinture esplosive né costituivano alcun’altra minaccia.

Di lì a poco, arrivati i rinforzi, gli 11 civili sono stati condotti a piedi in una zona desertica, a un chilometro di distanza tra la città di al-Qayyarah e l’area di al-Shura, riconoscibile dalla presenza di un caravan guasto. Gli uomini con le uniformi della Polizia federale hanno iniziato a picchiarli con cavi, calci dei fucili, pugni e calci e tirando loro le barbe, una delle quali è stata persino incendiata.

Le vittime sono state fatte sdraiare a pancia in giù. Poi gli uomini con le divise della Polizia federale gli hanno sparato alle gambe, proferendo insulti di tipo settario e accusandole di far parte dello Stato islamico.

Ahmed Mahmoud Dakhil e Rashid Ali Khalaf, del villaggio di Na’na’a, sono stati separati dal gruppo insieme a un terzo uomo del villaggio di Tulul Nasser. Gli uomini con le uniformi della Polizia federale li hanno picchiati con particolare ferocia prima di ucciderli. I loro corpi sono stati ritrovati nella stessa zona cinque giorni dopo. Sebbene decomposto, quello di Rashid Ali Khalaf mostrava ancora evidenti segni di tortura.

Un altro abitante di al-Raseef, Hussein Ahmed Hussein, è stato visto vivo per l’ultima volta il 21 ottobre, quando è stato picchiato e insultato dagli uomini della Polizia federale, che poi lo hanno ammanettato e portato via verso il caravan. Il suo corpo è stato rinvenuto la settimana dopo.

I combattenti dello Stato islamico hanno costretto centinaia di donne, bambini e uomini anziani dai villaggi di Na’na’a e al-Raseef a seguirli nella ritirata verso Hamam Alil, per usarli presumibilmente come scudi umani. L’annuncio era stato dato con gli altoparlanti delle moschee il 19 ottobre. 

Alcuni uomini più giovani sono riusciti a nascondersi in edifici abbandonati o in costruzione. Tra questi, Hussein Dakhil. Il 21 ottobre, dopo l’arrivo delle forze irachene, è stato ritrovato morto con due segni di colpi d’arma da fuoco al petto e al mento. Lo stesso giorno Bashar Hamadi è stato ucciso mentre andava incontro agli uomini con indosso le divise della Polizia federale, sventolando un indumento bianco e coi pantaloni abbassati.

Tutte le persone uccise sono state sepolte senza che venisse effettuata un’autopsia.

“Quando sono iniziate le operazioni militari per riconquistare Mosul, il primo ministro Haider al-Abadi aveva detto chiaramente che non sarebbero state tollerate violazioni dei diritti umani da parte delle forze armate irachene e dei loro alleati. Ora è giunto il momento di dimostrarlo” – ha commentato Maalouf.

olizia federale.

La Polizia federale fa parte del ministero dell’Interno e prende parte ad azioni di contrasto al terrorismo. 

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