Violenza sulle donne. Il coraggio di chiedere aiuto

ROMA – “Sono cresciuta in un ambiente dominato dalla paura dei contatti e dal terrore del sesso.

Per mia madre le donne sono sempre colpevoli di tutto e la loro colpa è la colpa che la Chiesa ha sempre dato alle donne, è la colpa della seduzione, del sesso, dell’incontro. Ricordo l’importanza attribuita ad una ragazza, Maria Goretti, poi santificata che in tempo di guerra preferì morire piuttosto che essere violentata. Ora penso che fra i due orrori sceglierei il minore ed anche in un contesto del genere sceglierei la vita. Eppure c’era tanta enfasi nel sottolineare il sacrificio di quella ragazza. Lei aveva fatto la scelta giusta, doverosa. Il sesso mi è stato presentato quindi come un qualcosa che dava morte o che in alternativa umiliava. Il vero senso della sessualità non aveva così alcun modo di essere compreso.
E’ per questo che ho razionalizzato l’istintualità cancellando il corpo.
Sono una grande testa che fuma per il gran da fare. Razionalizzando tutto ho perso di vista l’autenticità della mia espressione, ho smarrito la spontaneità, il corpo e tutta me stessa. Quanta fatica per non vedermi! Ho tanto sofferto per non essere stata vista, ho tanto odiato per questo motivo, ho poi espresso la mia rabbia e finalmente mi sono accorta che io stessa ho minuziosamente eseguito le stesse manovre fatte in precedenza da altri. Sono stata prima la vittima di altri poi ho assunto in me contemporaneamente il ruolo di carnefice e di vittima. Io sono stata il mio carnefice, io sono stata la mia vittima.” ( Tratto da “Grasso Amaro. L’ Anoressia Mascherata. La donna, identità negata e ritrovata.” Autrice : Manuela Gianantoni .Melusina Editrice )

 Questa testimonianza è stata scritta da una giovane donna  vittima di una pesante violenza psicologica in ambito familiare. Nella famiglia di origine ad opera del padre, oltre che della madre, prima e poi nella famiglia che si è creata dopo, in età adulta, ad opera del marito. Sono  schemi comportamentali che una volta appresi tendono a ripetersi all’ infinito o almeno fino a quando non se ne diviene consapevoli e allora lo schema appreso si  frantuma annullandosi. Si viene così a creare uno spazio libero nel quale è possibile inserire  un nuovo schema , una modalità di vita  libera da condizionamenti sbagliati,  quei condizionamenti che hanno umiliato la donna riducendola a livello di un oggetto, a livello di una cosa di cui  si può dire e su cui si può fare di tutto. La violenza psicologica è così subdola e sottile che ad uno sguardo veloce può anche non apparire, addirittura la donna stessa oggetto di violenza psicologica può non rendersene conto . Eppure la donna la sente, la percepisce in qualche modo dentro e fuori di se’ ,  tuttavia non sa dargli un nome ed è per questo che non sa, che non può chiedere aiuto… ma quello che voglio dire ora  a tutte donne che vivono in questa  condizione è che è arrivato il momento di farlo.

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