Cina. Il caso Bo Xilai getta ombre sulle forze armate

PECHINO (corrispondente) – Alcuni alti funzionari della zona militare di Chengdu, capitale provinciale del Sichuan, sono finiti sotto indagine.

La Commissione militare centrale (Cmc), che controlla le forze armate cinesi, ha sguinzagliato cinque nuclei investigativi per fare chiarezza sui rapporti che li legano a Bo Xilai, l’ex segretario di Chongqing caduto in disgrazia dopo essere stato coinvolto nel più colossale scandalo politico in salsa di soia degli ultimi vent’anni. 

Che Bo fosse strettamente collegato all’Esercito Popolare di Liberazione non è certo una novità, ma la sua epurazione, avvenuta la scorsa settimana con l’espulsione dal Comitato centrale e dal Politburo per “gravi violazioni della disciplina del Partito,” e l’arresto della moglie Gu Kailai, sospettata dell’assassinio del britannico Heywood, stanno continuando a gettare ombre oscure sulle forze dell’ordine locali.

Nella giornata di domenica due tra i più alti ufficiali di polizia di Chongqing sono finiti in manette per un presunto insabbiamento del “caso Heywood”, come riportato dal Sunday Morning Post, mentre il Chongqing Daily, portavoce del governo municipale, ha accennato che l’ex “imperatore rosso” potrebbe affrontare accuse penali; prima volta che i media di stato si sono esposti con dichiarazioni tanto esplicite. 

Alcuni giorni fa l’agenzia di stampa Xinhua aveva rivelato che il generale Guo Boxiong, vice comandante della Commissione militare centrale, di recente aveva fatto visita al Comando militare di Chengdu per intimare al personale di non ascoltare o diffondere voci sulle recenti questioni politiche. Guo ha poi invitato i soldati “a seguire strettamente le direttive della leadership del governo centrale guidata dal compagno Hu Jintao”, e a prendere “precauzioni contro qualsiasi incidente rischi di disturbare la situazione complessiva”. 
Raccomandazioni che giungono dopo una serie di richieste di giuramento al Partito avanzate dal People’s Liberation Army Daily, vero e proprio megafono dell’esercito. “Potremmo perdere la nostra direzione in questa complessa lotta per il potere politico se non abbiamo un forte orientamento politico”, si leggeva in un suo articolo pubblicato lo scorso 27 marzo.

Una fonte di stanza nella capitale provinciale del Sichuan ha raccontato che “cinque task force sono state spedite presso il Comando militare locale al fine di verificare se e in quale misura alti funzionari e soldati  siano stati coinvolti nel “caso Bo Xilai”. E sebbene non siano ancora stati fatti nomi, molti elementi inducono a pensare che diversi generali fossero legati da rapporti di intima amicizia con l’ex leader di Chongqing. 

Il Comando militare di Chengdu supervisiona il sud ovest del Paese compresa la città di Chongqing e le province del Sichuan, dello Yunnan, del Guizhou nonché la regione autonoma del Tibet, politicamente sensibile. La stessa fonte ha avanzato l’ipotesi che anche il 14esima armata, con base a Kunming, nello Yunnan, e fondato dal padre di Bo Xilai, Bo Yibo, sia stata sottoposta ad indagine. Proprio il giorno prima della fuga del superpoliziotto Wang Lijun presso il consolato americano di Chengdu (6 febbraio scorso), Bo aveva fatto una visita di alto profilo all’armata paterna. 



 

Ma i rapporti con l’esercito non si fermano qui. Secondo quanto raccontato da alcuni giornalisti di Chongqing, all’inizio della campagna anticriminalità lanciata due anni fa con lo scopo di ripulire la megalopoli cinese dalle gang mafiose, temendo per la sua incolumità, l’ex capo del Partito locale si sarebbe rifugiato per diverso tempo presso una guarnigione dell’Esercito popolare di liberazione. 

Nel frattempo all’inizio di questo mese Guo Weiguo, vice capo della polizia di Chongqing, e Li Yang, capo della polizia giudiziaria municipale, sono stati arrestati con l’accusa di aver occultato alcuni dettagli sulla morte di Heywood per la quale è attualmente indagata la moglie di Bo. 

Mai come in questo ultimo periodo il controllo delle forze armate si rivela di fondamentale importanza per la leadership cinese. Un commento pubblicato il 1 aprile sul sito Deutsche Welle riferiva che gli ultimi appelli lanciati dal People’s Liberation Army Daily confermerebbero una lotta di potere in atto tra i corridoi di Zhongnanhai, il quartier generale del Partito. 
All’eliminazione di Bo Xilai, spiega il portale d’informazione tedesco, potrebbe accompagnarsi l’ipotesi che Hu Jintao decida di continuare ad esercitare la sua influenza sul Pcc anche dopo il passaggio delle consegne ai leader della quinta generazione previsto per il prossimo autunno, mantenendo la carica di presidente della Commissione militare centrale sino al 2014 o al 2015 (percorso simile a quello tracciato dall’ex presidente Jiang Zemin che rinunciò alla Cmc soltanto dopo il 4° Plenum del XVI Congresso, nel settembre 2004).

Secondo quanto spiegato dal commentatore d’attualità Wen Zhao, il fatto che il Partito comunista cinese non sia, in realtà, un governo legittimato dal popolo, esclude la possibilità di risolvere questo periodo di crisi politica attraverso l’assunzione di decisioni giudiziarie o di procedure quali referendum nazionali.
“L’esercito svolge quindi un ruolo cruciale”, ha commentato Wen a New Tang Dynasty TV (NTDTV), con sede a New York, “Chi lo controlla [l’esercito], vincerà”.

Alla fine di marzo le voci di un colpo di mano dell’esercito avevano infiammato l’opinione pubblica gonfiando il web di congetture più o meno fantasiose. Tra le ipotesi più accreditate, quella di una spaccatura in seno ai vertici che vedrebbe Zhou Yongkang, membro del Comitato permanente del politburo e potente capo degli apparati di sicurezza nazionale, schierato contro il blocco Hu Jintao -Wen Jiabao come unico alleato di Bo Xilai. 

Il budget per il 2012 destinato alla stabilità interna e gestito da Zhou, con un aumento dell’11,5% rispetto all’anno passato, ha supera quello stanziato per l’esercito toccando la soglia dei 701,8 miliardi di yuan (circa 111 miliardi di dollari).

Secondo alcune stime, come riporta The Epoch Times, l’apparato manovrato dall’alleato di Bo Xilai (sebbene da alcuni giorni si vociferi che Zhou sia stato indotto alle dimissioni) è composto da circa 10 milioni di persone, tra le quali rientrano funzionari di polizia, agenti di sicurezza nazionale e locale, forze armate, corpi speciali, servizi segreti, polizia stradale, compreso il prezioso “esercito di Internet” preposto alla censura della rete. Uno staff che supera numericamente quello dell’esercito regolare.

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