Siria. Continua il massacro. Sarebbero 13 mila le vittime civili

ROMA –  Continua a produrre vittime “collaterali” quella che ormai è diventata la guerra civile siriana.

Solo questa mattina è giunta la notizia di altre 4 morti, di cui 2 tra la popolazione civile, mentre nella giornata di ieri se ne sono contate 83. A comunicarlo è l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani: ieri le maggiori violenze sarebbero avvenute nella regione di Homs, dove si sono contate 29 vittime, e nella regione di Deraa, dove se ne sono contate altre 23. Nella regione di Edeb, nella parte nord-orientale del paese ci sono poi stati 14 morti, altri 14 nella regione occidentale di Lattakiè, 2 in quella di Damasco e 1 ad Aleppo. Le vittime civili di oggi sono morte una a Khalidiya e una a Qusayr, dove una bomba ha ucciso un attivista. Ma ci sono state diverse vittime anche tra le milizie del Presidente Bashar Al Assad, per una serie di attentati ai check point da parte dei ribelli.

Una nuova strage “nascosta” sembrerebbe poi avvenuta il 6 giugno nella provincia di Hama. Il numero delle vittime non sembrerebbe ancora accertato, ma si suppone si aggirino tra le 55 e le 78. Ancora una volta le responsabilità non sono chiare. Chi si oppone al regime sostiene che colpevoli sarebbero le forze di sicurezza di Assad, appoggiate dai miliziani Al Shabiha, formazioni paramilitari filogovernative, sospettate di essere coinvolte anche nella strage di Hula di due settimane fa.  Dalla ancora poco chiara ricostruzione degli eventi sembrerebbe che gli abitanti morti nel piccolo villaggio di Qubair, vicino alla città di Hama, sarebbero stati bombardati e poi uccisi singolarmente tramite incursioni nelle loro case. Il Governo Siriano accusa invece “i terroristi”, ossia le trupper dei ribelli, dell’accaduto. Tuttavia l’esercito siriano il giorno dopo il massacro impedì agli osservatori delle Nazioni Unite di raggiungere il villaggio. Giunti solo successivamente, i diplomatici non trovarono segni di vita, ma molti edifici sventrati, segni di sangue sui muri e odore di carne bruciata. L’inviato della BBC Paul Danahar che li accompagnava ha parlato di “scene sconvolgenti”, tra cui quella di pezzi di corpi tra i mobili delle stanze ormai vuote. Secondo l’Onu dal marzo 2011 si sono contate più di 9000 vittime nel paese, mentre l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani sarebbero almeno 13000.

Dal punto di vista diplomatico si è ancora in fase di stallo. Cina e Russia rifiutano l’idea di un intervento armato in Siria, anche per i legami che queste hanno con tale nazione e con l’Iran, suo unico alleato medio-orientale. Tuttavia nella giornata di ieri il Ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha comunicato che il suo Governo non si opporrebbe alla rimozione del Presidente Assad dalla sua carica, qualora la decisione venisse presa dagli stessi siriani e non sotto pressione esterna. Ha precisato Lavrov che l’opposizione di Mosca ad un conflitto avviene “non perché stiamo proteggendo Assad e il suo Governo, ma perché sappiamo che la Siria è uno Stato complesso e multi-confessionale e perché sappiamo che alcuni di quelli che chiedono un’azione militare vogliono rovinare questo aspetto e trasformare la Siria in un campo di battaglia”. Accuse queste che sembrano voler prevenire una nuova guerra di conquista e spartizione ad opera dell’Occidente, per confermare il controllo di Usa e Israele sugli equilibri di tale regione. Tuttavia lo scoppio di una nuova guerra in Medio-oriente in questo momento non sarebbe una scelta facile per il Presidente statunitense Obama: le elezioni presidenziali USA sono alle porte e tale opzione, alquanto impopolare dopo la ritirata dall’Afghanistan, minerebbero la sua popolarità tra l’elettorato di sinistra. Dai confronti diplomatici degli ultimi giorni l’opzione su cui sembrerebbero cominciare a convergere le Nazioni in sede Onu è allora quella di un passaggio di potere alla “yemenita”, che prevedrebbe il cambio nella posizione di comando lasciando inalterato il resto del Governo.

Comune è la denuncia degli innegabili crimini contro i diritti umani a cui si sta assistendo sul territorio siriano. Il Segretario Generale all’ONU Ban Ki Moon ha parlato giovedì di “barbarie di cui i responsabili saranno chiamati a rispondere”, e il Ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi sembrerebbe voler favorire la recente proposta di Mosca di un processo di transizione di potere, dichiarando in una recente intervista che “Assad e i suoi se ne devono sicuramente andare”.

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