Nelson Madela non è in pericolo di vita

JOHANNESBURG – Nelson Mandela ‘”sta meglio e gode della presenza della sua famiglia”.

Lo ha dichiarato una delle sue figlie, Zenani Mandela-Dlamini. Smentite le voci in base alle quali il premio Nobel, dopo poco più di due settimane di ricovero in ospedale, stesse sul punto di morte. L’ex presidente sudafricano era stato ricoverato l’8 dicembre scorso per un’infezione polmonare. E’ stato sottoposto ad un intervento per calcoli. Il primo capo di Stato nero del Sudafrica, colui che traghettò il proprio paese dal vecchio regime fondato sull’apartheid alla democrazia non sarebbe in pericolo di vita. Almeno secondo quanto affermato dalla figlia. Notizie ufficiali circa la salute di Mandela, tuttavia, non sono state ancora rese note.

Una vita spesa per la conquista della libertà degli uomini
Una vita intera dedicata alla conquista della libertà degli uomini, iniziata già nel lontano 1940 quando il giovane Mandela rifiutò di sposare una ragazza scelta dal capo tribù. Preferì mancare di rispetto alla propria famiglia piuttosto che venir meno a quei principi di libertà che lo avrebbero accompagnato in ogni successiva tappa di un’esistenza difficile.  Due anni dopo si unì all’African National Congress e negli anni a venire si distinse per la lotta ferrea alla politica pro-apartheid di segregazione raziale caldeggiata dal Partito Nazionale di cui Mandela fu fermo oppositore. Fino a sposare la lotta armata. Una scelta presa con coraggio, ma con profonda convinzione, a seguito della strage di Sharpeville dove furono trucidati alcuni manifestanti. Iniziò, poco a poco, a sostenere fervidamente la lotta armata tanto che, nel 1961, divenne il comandante dell’ala armata Umkhonto we Sizwe dell’ANC. In quel periodò coordinò la campagna di sabotaggio contro l’esercito e le mire del governo. Il principio che muoveva ogni passo di Mandela era quello di battersi con tutte le energie per mettere fine all’apartheid. Per questo, fu imprigionato. In carcere trascorse gran parte della propria vita. Restò dietro le sbarre fino al 1990. Cinque anni prima rifiutò l’offerta di libertà condizionata in cambio della rinuncia alla lotta armata. L’11 febbraio 1990, al cospetto delle pressioni sia interne (ANC) che estere (Comunità internazionale), il presidente de Klerk concesse a Mandela la libertà. Tra anni dopo, nel 1993, ad entrambi fu consegnato il Premio Nobel per la Pace. Divenuto cittadino libero, Nelson Mandela si candidò alla presidenza della nazione contro lo stesso de Klerk. Il vento di cambiamento orami iniziava a percorrere il sentiero dell’irreversibilità. In paese, il risveglio delle coscienze – i cui semi erano stati gettati a terra nel corso degli anni da Mandela – era in atto. Mandela vinse le elezioni e divenne il primo capo di stato sudafricano nero. La prima mossa verso la tanto agognata riconciliazione nazionale fu quella di nominare come vicepresidente lo sconfitto de Klerk. Traghettò, durante gli anni di mandato, il paese verso la democrazia. Lo fece anche e soprattutto attraverso l’istituzione della Commissione per la Verità e la Riconciliazione. Restò presidente fino al 1999. Ritiratosi dal palcoscenico politico, non rinunciò mai a battersi per i diritti civili, umani e sociali.

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