Crisi egiziana. il tempo di Mubarak è finito

IL CAIRO – Nel settimo giorno di protesta contro Hosni Mubarak e il suo regime la popolazione egiziana è stata invitata a far partire da oggi uno sciopero generale.

Per domani invece, nel giorno che ricorre la prima settimana di protesta iniziata lo scorso martedì 25 gennaio, è stato lanciato un appello per una marcia di un milione di persone. Mentre anche oggi, per la terza giornata consecutiva, in migliaia stanno sfidando il coprifuoco in vigore in Egitto. Un coprifuoco che da oggi è stato prolungato dalle 14 locali alle 8 del mattino. La misura restrittiva, che era in vigore fino ad ieri dalle 16 alle 7 del mattino, finora non è stata mai rispettata dai manifestanti che chiedono le dimissioni del presidente egiziano, Honsi Mubarak. Le manifestazioni continuano senza sosta al Cairo e in altre città del Paese mediorientale come Alessandria, Suez, Ismailiya, al-Hilla e Mansoura. Come sempre, diverse decine di migliaia di manifestanti continuano a radunarsi in piazza Tahrir nel centro del Cairo. La piazza è ormai diventata l’epicentro della rivoluzione egiziana. Insieme ai manifestanti anche Mohammed El Baradei, leader dell’opposizione moderata egiziana. L’ex diplomatico da ieri si è unito alla protesta e ha anche parlato ai manifestanti incitandoli a non mollare. “Non si torna indietro da ciò che si è iniziato”, ha più volte ripetuto. “Io mi inchino in segno di rispetto al popolo egiziano. E vi chiedo pazienza: il cambiamento arriverà a breve nei prossimi giorni”, ha ancora detto el Baradei. L’ex capo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Aiea.

 

Si è detto disponibile ad assumere la presidenza dell’Egitto per un periodo di transizione che faccia da ‘ponte’ verso la democrazia. “Sono stato autorizzato dalla gente che ha organizzato queste dimostrazioni e da molti altri a formare un governo di unità nazionale”, ha detto il Nobel per la Pace. “Desidero mettermi in contatto al più presto con l’esercito dobbiamo lavorare insieme: l’esercito è parte dell’Egitto”.  Quell’esercito che non fa nulla contro chi non rispetta il coprifuoco e che ha reso noto che giudica legittime le richieste dei dimostranti su cui ha detto che non aprirà’ il fuoco. Mentre oggi il vicepresidente egiziano, Omar Suleiman ha annunciato alla Tv di aver ricevuto l’incarico di aprire il dialogo con tutte le forze di opposizione. “Il presidente Mubarak mi ha chiesto di avviare un dialogo su riforma costituzionale e legislativa secondo un calendario ben preciso”, ha affermato Soleiman. Nel frattempo, il governo, completamente rinnovato dal presidente Mubarak e ala cui guida è stata messo Ahmed Shafik, tenterà il tutto per tutto per salvare la poltrona al capo dello stato. Il numero uno egiziano ha inviato una lettera, resa pubblica, all’esecutivo esortandolo a mantenere i sussidi, controllare l’inflazione, tagliando i prezzi e aumentare i posti di lavoro. Accanto Mubarak non si trova praticamente più nessuno. Nemmeno l’amico di sempre, gli USA sembra avergli voltato le spalle. Washington ieri ha fatto capire che non si opporrà alla rimozione del presidente purchè la fase di transizione avvenga con moderazione e ordinata. Ormai è chiaro a tutti, tranne al diretto interessato, che l’opposizione egiziana negozierà la transizione, ma non con il presidente Mubarak.

 

Un interlocutore potrebbe essere proprio l’esercito che è a un bivio,  scegliere tra l’Egitto e il rais. Nella sua edizione odierna il ‘Sunday Times’ rivela che il vice presidente Suleiman, e il ministro della Difesa, Mohammed Tantawi hanno chiesto a Mubarak di dimettersi, prospettandogli una soluzione rispettabile che salvaguardi, quantomeno, i frutti di un potere personale costruito in trent’anni di presidenza. Nel caso che il leader egiziano ceda il potere a raccogliere lo scettro di certo ci sarà El Baradei che nel Paese mediorientale è seguito soprattutto dai giovani e dalle classi medie. Fin dall’inizio si è capito che potrebbe essere lui la personalità più indicata a succedere a Mubarak almeno nella fase transitoria fino al voto per le presidenziali già previsto in autunno. Già nell’autunno scorso aveva inasprito i toni delle potreste, ancora sommesse, contro il presidente Mubarak. L’ex diplomatico aveva invocato il boicottaggio delle elezioni legislative tenutesi tra alla fine di novembre e inizio dicembre. Un voto i cui risultati sono stati giudicati irregolari dall’opposizione. Ora si parla che saranno corretti in base alle decisioni che saranno prese tra pochi giorni. Le principali formazioni politiche d’opposizione ne reclamano l’annullamento per brogli e violenze. I fratelli musulmani, prima forza d’opposizione e il partito Wafd, il più importante partito laico, si erano ritirati tra i due turni di voto, denunciando brogli diffusi. Il Partito Nazionale Democratico del presidente Mubarak aveva invece, ottenuto la maggioranza assoluta nel nuovo parlamento, con 419 seggi su 508. Dei seggi restanti quindici erano andati a partiti di opposizione e altri 70 a dei candidati indipendenti. Da allora il malcontento si era cominciato a materializzare sottoforma di protesta. Le opposizioni hanno però, preferito di tenere un profilo basso. Solo il movimento di el Baradei, l’Alleanza per il cambiamento, aveva espresso il suo sostegno alla protesta e questo fino al giorno della Giornata della collera quando poi, si è unito alle manifestazioni di piazza anti Mubarak. Nel frattempo la polizia egiziana, accusata di essere stata fautrice di violenze e di aver aperto il fuoco indiscriminatamente sulla folla, da qualche giorno è sparita dalle strade delle città egiziane e al suo posto è stato dispiegato l’esercito. E’ difficile capire quello che succederà nelle prossime ore, ma i segnali di una tempesta in arrivo sono evidenti. Il Paese mediorientale è ormai anche completamente offline. Le autorità hanno spento anche l’ultimo service provider internet egiziano ancora attivo, il Noor Group.

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