Wikyleaks. Nel Regno Unito si decide l’estradizione di Julian Assange

LONDRA – Belmarsh Court, fan intorno. Due giorni per il destino di un’icona. Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, è tornato infatti oggi in tribunale. Motivo della trasferta è decidere della sua estradizione in Svezia dove è accusato di stupro da due donne. Lui nega le accuse.

Ecco la strategia difensiva: 35 pagine per contestare la possibilità che la Svezia consegni Assange agli Stati Uniti con una procedura che definiscono di «illegal rendition». Con il ragionevole rischio che il loro cliente possa finire detenuto a Guantanamo.

O condannato a morte per accuse tutte da formulare per pubblicazione di materiale riservato. “Se Assange fosse trasferito negli Stati Uniti”, contesta un avvocato, “senza assicurazioni che non è soggetto alla pena di morte, c’è un rischio reale che possa essere applicata per lui la pena capitale prevista dalla Legge contro lo Spionaggio”.

Cosa poi non così improbabile, secondo la difesa, perché “In Svezia i processi per stupro si tengono a porte chiuse: non potrebbe pertanto esserci un processo giusto”. In realtà il pericolo reale deriverebbe dalla pressione dei mass media.

Sarebbero infatti molte le prime pagine in cui Assange è stato definito un codardo. Geoffrey Robertson, uno dei suo avvocati spiega: “C’è il pericolo che questo tipo di campagna da parte dei media pregiudichi l’equità di un processo segreto”. Ad ogni modo il suo cliente resterebbe segnato a vita.

Ma Assange è disposto a collaborare con la magistratura svedese e chiede di essere interrogato dai magistrati svedesi per telefono o in collegamento video per confutare le accuse di violenza sessuale che gli sono state mosse. Secondo Robertson esiste “un rischio reale di evidente violazione dei suoi diritti”.

Già pronto sarebbe il ricorso in appello: troppo basse, infatti,  sono stimate le possibilità di vittoria. “Siamo intenzionati a chiederlo e ovviamente (in caso di vittoria della difesa, ndr), sarà l’accusa a farlo. Ma tra la sentenza e la richiesta passerà circa una settimana. Sebbene sia importante il processo, l’appello lo sarà di più, poichè si ricomincerà tutto daccapo”, ha spiegato Assange. “Se perdiamo”, ha aggiunto, “sarò arrestato, e dovrò di nuovo andare in prigione. Cercheremo di dimostrare che non è corretto che io vada in prigione, non essendo un soggetto pericoloso”.

Naturalmente, in caso di vittoria, il fondatore di Wikileaks andrà via.

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