Ecco come la Germania prepara le basi per il “lavoro della mia vita”

Da quelle parti sono già pronti a raccogliere forza lavoro e le aspirazioni degli europei dai 18 ai 35 anni

BERLINO – Mentre la politica italiana si interroga sui quesiti amletici che affliggono il funzionamento della “Cosa pubblica”, altrove il futuro è già in movimento. Si chiama “Job of my life”, letteralmente il “lavoro della mia vita”, è un programma di inserimento e di avviamento al lavoro. Ma anche di cura delle vocazioni dell’individuo. Ovviamente non poteva che essere in Germania. La novità, però, è che questa volta c’è un esplicito riferimento ai giovani europei, incentivati dal Governo federale tedesco, tramite il braccio armato dei suoi centri per l’impiego, ad avvicinarsi alla vita tedesca, alla sua gente, e al loro modello sociale già funzionante e pronto ad ospitare nuove cittadinanze.

Nel programma della Arbeitsagentur tutto è semplicissimo. Si parte dalla possibilità di avviare un corso di tedesco non lontano dalla casa di residenza. Così, tanto per non arrivare in Germania che si sillaba soltanto “Ja”. Si prosegue con la possibilità di usufruire di un assegno per le spese di viaggio e di trasloco. Per poi, dulcis in fundo, preparare il candidato con un corso di formazione per il tirocinio. Nulla è lasciato al caso. E non potrebbe essere altrimenti. Questa per noi italiani innovativa concezione di frequentare quel logorante limbo del passaggio dalla scuola (o università) al lavoro avviene in modo graduale. Si hanno dei corsi intensivi in classe, e si hanno tirocini. Nello stesso tempo, e spesso in modo più dignitoso di quando avviene altrove. Se non fosse per altro che da quelle parti il tirocinante non è colui che fa le fotocopie, ma colui che si avvia al processo produttivo. Ma non solo. Da quelle parti il tirocinante viene pagato per apprendere. Un qualcosa di non eccezionale. Avviene anche dalle nostre parti. Ma la sottile differenza è che questa forma di valorizzazione del lavoro dei giovani è prassi, non una mosca bianca nel “Deserto dei Tartari” italiano. E’ regola.

In attesa che la Germania e la Francia stabiliscano la forma del “Youth Garantee” il “New Deal” per i giovani europei, il piano ambizioso di interscambio di forze lavoro da dove il lavoro non c’è e dove ce n’è in abbondanza, i tedeschi sono già pronti a ricevere i giovani europei. Con buona pace di Spagna e Italia, che con ogni probabilità saranno destinate ad un ruolo subalterno per quanto riguarda la capacità di attrarre forza lavoro, e di una parte da leone per quanto concerne il ruolo di esportatore di braccianti. Con buona pace del ministro Giovannini, che entro il prossimo giugno ha annunciato manovre per abbattere dell’8% il tasso di disoccupazione giovanile nel nostro Bel Paese. Certe cose non si improvvisano da un momento all’altro. Il futuro è adesso, il futuro si accudisce e coltiva con maniacale attenzione. E per farlo non si può prescindere da una riforma dei nostri centri dell’impiego, che in alcuni casi assomigliano più ad una soluzione tampone per abbattere la disoccupazione interna, che ad un nevralgico centro volto a raccogliere dati, metter insieme esperienze, evidenziare opportunità e seguire le “sfornate” che istituti superiori e università fanno ogni anno.

Giusto per tornare al “Job of my life” il sito non propone dettagli di termini di costi benefici per il tirocinante. Il cui calcolo con ogni probabilità è demandato ad un successivo step. Quanto piuttosto rappresenta una bacinella dove racchiudere queste forze lavoro estera per confluire inGermania. Un ulteriore massa di dati e numeri per i ben funzionanti centri per l’impiego, che da quelle parti lavorano fin troppo bene. Molte sono state le cronache opposte a quello che accade nell’Europa mediterranea: troppo lavoro o lavori un po’ “bizzarri”. In Germania infatti, è il centro per l’impiego a chiamare i candidati per segnalare la presenza di un lavoro adatto alle proprie esigenze. E’ anche una questione di soldi. Da quelle parti vige il reddito di cittadinanza, e se non si accetta il lavoro proposto, viene tolto il sussidio. Certo non sono mancati i casi limite di questa ferrea applicazione delle regole. E’ quanto accadde a Kristine, 19enne di Augusta, che fu mandata per errore a lavorare al Colosseum Ffk-Klub. Cercava lavoro come cameriera, ma quello era una specie di bordello. Ovviamente la ragazza si accorse dell’errore, e la questione finì sui giornali. Con buona pace dell’agenzia di collocamento che dichiarò di aver commesso un errore nell’invio della lettera.

Quello che certamente rappresenta un erroneo caso di un sistema ben oleato, nei prossimi mesi sarà sempre più aperto ai giovani europei. Quindi anche greci, spagnoli e italiani. I requisiti minimi richiesti sono: avere dai 18 ai 35 anni; essere residente in uno stato membro dell’Ue o in Svizzera; essere autonomi; avere una mentalità aperta e un interesse per la Germania e per la sua gente; aver terminato la scuola dell’obbligo e corsi facoltativi e formativi successivi. Sarà considerato solo un motivo di preferenza la conoscenza della lingua tedesca. Per accedere al programma occorre essere inseriti nel database. Lo si può fare in modo autonomo e in modo libero. Sia che si sia in possesso di un progetto concreto o meno. Nel primo caso saranno avviate le pratiche per accertare la effettiva possibilità di accesso. Nel secondo, se le caratteristiche del candidato saranno collimanti con alcune vacanze, sarà loro cura a contattare il giovane.

La cosa che più fa sbigottire il lettore è che non c’è obbligo di rimanere in Germania per la scelta del lavoro successivo. C’è scritto in modo esplicito: “Naturalmente la Germania spera che rimarrete ad applicare la vostra esperienza qui. Ma con la vostra esperienza pratica potrete anche trovare lavoro in Europa nel mondo o tornare nel vostro paese di origine”. Come a dire: noi vi formiamo, vi facciamo scoprire la vostra vocazione, poi decidete voi se rimanere o meno. Auf Wiedersehen? 

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