Asilo Snowden, Venezuela è pronto. Aria di crisi tra le due Americhe

CARACAS – Era scritto nelle stelle, e da ieri anche nella lettera di richiesta di asilo recapitata nelle sedi governative venezuelane. Il presidente Nicolas Maduro ha reso noto di aver ricevuto la richiesta di asilo da parte di Edward Snowden, la gola profonda del Datagate, il grande scandalo sulle intercettazioni illegali che sta scuotendo l’amministrazione Obama e i rapporti diplomatici tra Usa e mezzo mondo.

Ci è giunta una lettera con la richiesta di asilo”, le parole utilizzate dal delfino di Chavez per comunicare alla stampa e al mondo intero quello che in fondo si sapeva già: ad ospitare la talpa Snowden, da tre settimane intrappolato nella zona di transito dell’aeroporto Sheremetevo di Mosca, potrebbe essere proprio la perla nera del Sudamerica, i cui rapporti con gli Stati Uniti, è noto, non sono certo idilliaci. Snowden dovrà “decidere quando volerà qui” il seguito delle parole di Chavez. Certo non musica alle orecchie degli Stati Uniti, che sperano vivamente che il 29enne ex tecnico della Cia sia estradato negli Stati Uniti per poter intraprendere il percorso giudiziario.

Una questione sempre più intrigata quella di Snowden, finito nel limbo dei fuochi incrociati tra gli alleati degli americani e chi osteggia lo strapotere a stelle e strisce negli equilibri geopolitici mondiali. Gli Usa “non governano il mondo e siamo un Paese libero e sovrano” è stato il commento di Maduro alla domanda se fosse preoccupato dalla reazione degli Stati Uniti alla concretizzazione della richiesta di asilo. Il motivo superficiale, nel senso di un ordine temporale e di causa-effetto tra le diplomazie dei due stati è che Snowden “è un un giovane che ha detto la verità sullo spionaggio degli Stati Uniti contro il mondo intero”.

Un concetto ribadito anche nei giorni in cui il volo del suo omologo boliviano Evo Morales veniva bloccato in Austria perchè a catena Portogallo, Francia Italia e Spagna, a detta del diretto interessato, non avrebbero concesso lo spazio aereo al leader boliviano, impedendone di fatto il ritorno in patria. Morales era partito dalla Russia, dove con un’intervista al quotidiano “Russia Today” aveva lanciato un pietra a favore dello stesso Snowden, lasciando presagire futura ospitalità alla talpa americana. Nei giorni successivi, dopo le dure accuse da Cochabamba ai paesi europei che avevano bloccato Morales, si saprà che a bloccare tutto sarebbero state le pressioni dell’ambasciatore statunitense a Vienna William Eacho che avrebbe informato il ministro degli esteri austriaco sulla presenza di Snowden sull’aereo.

Il fuoco incrociato sudamericano non aveva ancora preso parte il Brasile, sinora silente anche in virtù dei suoi problemi di rivolte interne. Ma alla luce della dura presa di posizione del Venezuela, con cui sono in atto legami economici-energertici, e degli altri stati partner dell’Unasur Bolivia e Nicaragua su tutti (anch’essi disponibili a dare asilo). Sul quotidiano “O Globo”, in questi giorni, sono stati pubblicati articoli sulla possibile violazione dei diritti dei brasiliani da parte dell’Nsa. L’agenzia americana di security avrebbe addirittura ospitato fino al 2002 un base di spionaggio all’interno del suo territorio. Un magma di informazioni che ha richiesto l’intervento del presidente Dilma Roussef. Seppur senza mai citare direttamente gli Stati Uniti ma riferendosi allo scandalo delle intercettazioni ha dichiarato: “Se vi è stata la partecipazione di altri Paesi o di altre aziende non brasiliane ciò costituirebbe senza dubbio una violazione della sovranità e dei diritti umani”. Una questione da “dover considerare senza fretta e senza pregiudizi”. La questione potrebbe esser portata dal paese Verdeoro dinanzi alle apposite agenzie delle Nazioni unite. Magari mettendo in risalto il risultato delle indagini che il governo ha annunciato.

Da parte sua gli Stati Uniti, per bocca del diplomatico usa in Brasile Thomas Shannon ha “negato che in Brasile venissero condotte operazioni di spionaggio sulle comunicazioni, aggiungendo che non c’è mai stato un centro per la raccolta dati nel Paese”. Ma il ministro delle comunicazioni brasiliano non ha lasciato dubbi: “non c’è alcun dubbio” che i cittadini e le istituzioni del Brasile fossero spiati. “Anche il Parlamento europeo era controllato, pensate che noi non lo fossimo?”. Più che un segnale di mare mosso tra le due Americhe. Molto più delle parole della portavoce del dipartimento di Stato Jan Psaki, che ad una domanda sull’impatto che avrebbe la concessione dell’asilo: “rappresenterebbe un problema” nei rapporti con Washington. “Sarebbe certamente un problema“.

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