Grecia. Tagli per 12.500 dipendenti pubblici. Comuni chiusi per tre giorni

ATENE – Le attività dei comuni greci saranno fermate per tre giorni a partire dal prossimo lunedì. Prende forma la protesta dei sindaci delle comunità greche contro l’ennesimo taglio ai costi della vita pubblica.

La Commissione finanza del parlamento ha infatti dato “luce verde” alla sforbiciata di 12.500 funzionari dell’impiego pubblico, ennesima condizione per lo sblocco degli aiuti della Troika. Sul banco quasi 7 miliardi, necessari per pagare stipendi e pensioni del settore pubblico.

Si tratta di una delle più grandi misure di austerità impiegate dai governi ellenici, motivo per cui il Kedke, l’Anci ellenico che racchiude tutte le municipalità nazionali, ha optato per lo sciopero di massa. Una soluzione appoggiata dai lavoratori del settore pubblico, destinati ad essere trasferiti se troveranno una soluzione lavorativa, oppure al licenziamento. Motivo per cui in centinaia si sono accalcati dinanzi all’Hotel Caravel, dove si erano riuniti i membri del Kedke.

E dire che la sforbiciata poteva essere molto più ampia: almeno 25.000 i tagli inizialmente richiesti dal trittico formato da Fondo monetario internazionale, Banca Centrale Europea e Commissione Europea. Tra questi sicuramente saranno recisi 2.000 insegnanti e di circa 3.500 unità di vigilanza municipali, i cui servizi potrebbero essere messi in comune dalle amministrazioni. Più difficile ancora la situazione per alcuni comuni: previsti numerosi accorpamenti tra le 325 municipalità, con buona pace dei servizi. Il territorio ellenico, è noto, è uno dei più dispersivi dell’Europa. Tra isole e valli alcuni comuni toccano poche centinaia di abitanti. A cui non possono essere sottratti i servizi fondamentali. Anche per questo, per non sguarnire il loro fronte, i sindaci del Kedke hanno deciso di abbandonare l’idea delle dimissioni di massa.

La decisione scuote anche i parlamentari di Nea Democratia, il partito del premier ellenico Samaras e il Movimento Panellenico Socialista (Pasok) di Venizelos, le due forze che dopo l’abbandono di Dimar sostengono di misura il Governo. Al centro della disputa c’è la richiesta di “cambiare o addirittura di non attuare” quanto richiesto dai creditori. E’ quanto ventilato dal portavoce Pasok Odysseas Kyriakopoulos. Per farlo ci sarebbe ancora tempo, visto che prima del prossimo venerdì la questione non sarà discussa in sede plenaria. In tal senso lunedì Samaras terrà una riunione per apportare aggiustamenti.

Di “misura ingiusta” ha parlato anche lo stesso Venizelos, in visita a Creta. “Ma abbiamo ritardato di un anno le misure sul settore pubblico e abbiamo perso la nostra credibilità internazionale” la giustificazione all’ultima ennesima manovra lacrime e sangue recepita dal Governo ellenico.

A ben vedere si tratta di un problema anche strettamente partitico. I tagli andranno a colpire proprio la base dei partiti, visto che Pasok e Nd che sostengono il governo governano in buona parte anche le entità periferiche destinatarie dei tagli. E’ chiaro che i comuni, senza i bracci armati dei funzionari, e senza addetti alle scuole non riusciranno a portare avanti allo stesso modo i servizi. Una questione potrebbe risultare un boomerang elettorale, oltre che sociale. Visto che 12.500 delle classi medie si ritroveranno dall’oggi al domani senza lavoro. E visto che lo spettro delle nuove elezioni non è utopia.

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