Voci dalla Siria: i ribelli hanno confessato l’uso di armi chimiche

DAMASCO – E se avesse ragione Bashar Al Assad? Se l’attacco chimico dello scorso 22 agosto fosse di matrice ribelle e non un cruento attacco del governo autoritario siriano verso i suoi sudditi?

Importanti testimonianze in tal senso provengono direttamente dalla Siria. Dai corrispondenti di guerra. A riportare le pesantissime parole che scagionerebbero dalle accuse delle stragi è il corrispondente dell’Associated Press Dale Gavlak, che ha intervistato alcuni ribelli di Ghouta, non lontano da Damasco. Lo stesso luogo dove durante il famigerato attacco di fine agosto, l’ennesimo, ma quello che ha dato il via libera alle grandi manovre militari del mediterraneo. La scintilla che in quelle ore faceva presagire ad un imminente attacco dei volenterosi verso il regime di Damasco e che secondo i volontari di Medici senza frontiere fece almeno 355 feriti tra i civili.

Secondo le testimonianze in questione, l’attacco non sarebbe un attacco. Bensì frutto di un errore nel maneggiare armi chimiche fornite ai ribelli dal direttore dell’intelligence saudita il principe Bandar Bin Sultan. Già ai ribelli, non alle forze armate di Assad.

I ribelli avrebbero confessato a Gavlak di non esser proprio stati addestrati a maneggiare le armi chimiche. “Eravamo molto curiosi di questi armi chimiche. Sfortunatamente qualche soldato ha maneggiato queste armi in modo improprio e ha causato l’esplosione” ha detto un militante di nome “J” al reporter.

Gavlak è stato è stato probabilmente guidato dalle dichiarazioni dei medici, che avevano raccolto le testimonianze di numerosi civili. “Mio figlio è venuto da me due settimane fa dicendomi cosa pensavo delle armi chimiche e che gli avrebbero chiesto di trasportarle”. Il padre ha riportato quanto descritto dal figlio e ha menzionato come il militante saudita Abu Ayesha come il procuratore delle armi.

Le testimonianze collimerebbero con quanto finora raccolto. Ossia che l’esplosione sarebbe avvenuta dentro un tunnel e che avrebbe ucciso 12 ribelli. “Non sapevamo utilizzare queste armi. Non immaginavamo che fossero armi chimiche” ha dichiarato una donna combattente di nome “K”. Ben 3600 persone avrebbero accusato inoltre gli stessi sintomi. Tra cui bava alla bocca.

Quel che è certo è che almeno 12 ribelli che avrebbero confessato avrebbero aggiunto che il loro salario provenisse dal governo saudita. In molti del resto hanno sospettato e scritto del possibile coinvolgimento del principe saudita Bandar nel triangolo Usa-Russia-Siria. Con ingenti quantità di petrolio a buon mercato in cambio di un cambio di regime in Siria.

Se questa storia fosse vera, e le credenziali di Gavlak lo farebbero presupporre viste il lungo lavoro di corrispondente dal Medio Oriente per la Associated Press e per proficue collaborazioni con la BBC, gli scenari messi in atto dagli Stati Uniti, Francia e Lega Araba sarebbero completamente sfalsati. Dando di fatto ragione a Putin, che ha difeso il suo alleato Bashar al Assad dalle dure accuse di aver ucciso un numero indegno di civili attraverso armi di distruzione di massa. Se in guerra e altrove tutto è lecito, lo è anche adottare quella prudenza, che in molti decantano favorendo la soluzione politica alle armi e al conflitto.

Condividi sui social

Articoli correlati