Trovate tracce di polonio sulla salma di Arafat. Probabile avvelenamento

ROMA – È di ieri notte la notizia del possibile avvelenamento subito dall’ex leader dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), avvenuto durante una cena nel 2004, anno della sua morte. 

La notizia è stata rilasciata in anteprima dall’emittente del Qatar Al Jazeera, che ha ottenuto in esclusiva un rapporto di 108 pagine redatto da specialisti svizzeri dell’università di Losanna, e da due team di scienziati francesi e russi. Lo studio ha rilevato un quantitativo innaturale di polonio radioattivo nelle costole e nel bacino della salma, probabilmente dovuto, con una percentuale dell’83 %, ad avvelenamento. Ritornano così in auge le voci che da quell’ormai lontano 11 novembre 2004 volevano il leader dell’OLP morto a seguito di un complotto.

L’autopsia che ha portato a questa scoperta iniziò un anno fa su incessanti pressioni della famiglia di Arafat, che consegnò all’emittente qatariota alcuni oggetti appartenuti al leader palestinese, che a sua volta li recapitò presso il laboratorio di Losanna per farli analizzare. Rinvenute le tracce di polonio sui vari indumenti analizzati scattò immediatamente la richiesta per ottenere i permessi necessari ad ottenere la salma ed effettuare un’autopsia completa.

 

Queste nuove rivelazioni, in attesa di un’ulteriore serie di analisi condotte in questi giorni dal terzo team preposto alle rilevazioni, quello francese, portano scompiglio in Medio Oriente, soprattutto in questa delicata fase di trattative tra i governi di Tel Aviv e Ramallah. Giungono infatti tempestive dichiarazioni da Israele tramite il portavoce del ministero degli Esteri, Yigal Palmor, il quale afferma che “il rapporto svizzero non è conclusivo” e che “non esiste alcuna prova che quell’avvelenamento ci sia mai stato”.  Si accoda al suo portavoce anche il governo israeliano ribadendo una totale estraneità ai fatti e che tutto quanto emerso dai test “è irragionevole e non supportato dai fatti”. 

 

Diversa è l’idea dell’ultima moglie di Arafat, Suha, che definisce la morte del marito “il crimine del secolo”. La vedova ricorda come nell’ottobre del 2004, durante la seconda intifada, il leader dell’Olp fosse rinchiuso nel suo quartier generale a Ramallah, circondato dalle truppe israeliane, e che, nonostante l’età di 75 anni, godesse di buona salute, così come confermato dai rapporti medici del tempo. I primi malori si manifestarono subito dopo una cena e di lì a breve la situazione sarebbe peggiorata portandolo alla morte, quattro settimane dopo. 

 

Facile quindi proporre un’analogia con quanto accaduto il 23 novembre 2006 all’ex 007 russo Alexander Litvinenko morto proprio per avvelenamento da radiazione da polonio, in circostanze ancora avvolte da mistero. Si sentì male subito dopo una cena a base di sushi, nella quale avrebbe ingerito la sostanza velenosa, e dopo giorni di sofferenze si spense in un ospedale britannico.

Arafat presenta, in base alle analisi effettuate dagli studiosi, seri danneggiamenti allo stomaco e ciò proverebbe quanto supposto da sua moglie, che però afferma: “Non possiamo puntare il dito contro nessuno, i magistrati francesi stanno conducendo una lunga e importante indagine. Ci vorrà del tempo”.

Cosa è il polonio?

 

Il polonio-210, questo il suo nome completo, venne scoperto nel 19esimo secolo da Marie Curie, sconosciuto ai più ma molto noto presso le varie agenzie di intelligence sparse nel mondo, e questo per due motivi: la sua estrema letalità e il facile trasporto. 

L’elemento in questione può essere facilmente trasportato negli aeroporti in una comunissima fialetta di vetro eludendo i rilevamenti ai raggi X. Inoltre è molto complicato rilevare la sua presenza, in quanto non lascia tracce facilmente individuabili e una volta ingerito emette radiazioni che rimangono solo all’interno dell’organismo. 

Comunque, il polonio-210 è estremamente raro, ne vengono prodotti circa 100 grammi all’anno, prevalentemente in Russia, e sarebbe molto difficile riuscire ad ottenerlo senza il minimo supporto di un governo o la possibilità di accedere ad un reattore nucleare.

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