Morto il capo del gruppo ribelle siriano Liwa al-Tawhid

ROMA – Il capo del Liwa al-Tawhid, Abdul Qadir al-Saleh, è morto nel corso della notte, dopo l’attacco aereo portato dalle forze di Damasco, nella provincia di Aleppo, giovedì scorso. Nel corso del raid aereo era presente anche Youssef al-Abbas, conosciuto pure come Abu al-Tayyeb, capo dell’intelligence della milizia ribelle, morto poco dopo l’attacco.

I due miliziani si trovavano a bordo di un’autovettura insieme a un altro leader della brigata, Abdelaziz Salameh, rimasto ferito. Dopo il raid aereo, l’esercito lealista, fedele al presidente siriano Bashar Assad, come riferisce l’agenzia ufficiale Sana, “ha arrestato 30 persone sospettate di attività legate al terrorismo”.

La guida del Liwa al-Tawhid è ora affidata a Abdul Aziz Salama, leader politico del gruppo, che, tramite un portavoce, proclama al-Saleh un martire caduto per la causa sunnita. Il Liwa al-Tawhid è uno dei principali gruppi ribelli presenti ad Aleppo e, si presume, disponga di un notevole numero di uomini, compresi tra le 8.000 e le 10.000 unità. Il gruppo, di fede islamica appartenente al ramo sunnita, nacque nel luglio del 2012, raggruppando al suo interno diverse cellule ribelli minori, operanti nella regione a nord di Aleppo.  Sempre nel mese di luglio attuò un’offensiva contro la stessa città di Aleppo, prendendo il controllo di diversi distretti.

Nel gennaio del 2013, si aggregò allo Jabhat Tahrīr Sūriyā al-Islāmiyyah, il fronte islamico siriano di liberazione, riconoscendo il Consiglio Supremo dell’Esercito siriano libero, ma non la Coalizione Nazionale. La morte di al-Saleh risulta un fattore molto importante per il regime di Damasco, data la notorietà che l’ex leader  del gruppo ribelle stava man mano acquisendo come figura di riferimento della rivoluzione siriana.

Charles Lister, un esperto del Jane’s Terrorism and Insurgency Centre, nel corso di un’intervista raconta che al-Saleh “proveniva da un’umile realtà, era estremamente religioso ma non arroccato su rigide posizioni, capace di mantenere ottimi rapporti con tutti  i gruppi miliziani, anche quelli facenti capo a diverse correnti di pensiero”, quindi una sicura spina nel fianco per il regime di Assad. La sua morte, continua l’analista britannico, “potrebbe spronare i ribelli a lanciare un contrattacco volto ad arrestare la marcia dell’esercito di Assad su Aleppo”.  Nel frattempo, però, l’esercito lealista si era già preoccupato della situazione intorno “La Capitale del Nord”, così viene chiamata Aleppo dai siriani, riuscendo ad occupare la zona intorno alla città, comprendente l’aeroporto internazionale, la Base numero 80, strategicamente fondamentale per il controllo della zona, e le cittadine di Safira e Tal Aran.

 

Il regime di Assad, nel corso degli ultimi mesi, sta riprendendo il controllo della situazione nel paese, anche grazie alle alleanze stipulate con i vari movimenti sciiti, tra i quali figurano Hezbollah, , la Guardia Rivoluzionaria iraniana e gli iracheni della milizia Abu al-Fadl Abbas. Movimenti appartenenti ad altre nazioni che, con il loro intervento, conferiscono alla guerra civile siriana, un carattere sovrannazionale. Senza contare le ingerenze delle varie diplomazie occidentali.

 

 

 

 

 

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