Parigi. ‘Barbie operaia’ denuncia lo sfruttamento nelle fabbriche cinesi Mattel

PARIGI – Una Barbie a grandezza d’uomo vestita in tuta da operaio, incatenata e con la bocca chiusa dal nastro adesivo. E’ così che l’Associazione Peuples Solidaires e l’Organizzazione China Labour Watch hanno voluto denunciare in Francia,  vicino ai grandi magazzini parigini, le condizioni degli operai nelle fabbriche cinesi della Mattel.

Un imbonitore accanto alla Barbie operaia recita le seguenti parole: “Avvicinatevi signore e signori, ecco il nuovo modello di Barbie, ‘Barbie operaia’. Facilmente manipolabile e sfruttabile a piacimento, è in grado di lavorare 13 ore al giorno per appena 12 centesimi di euro a bambola”

Sulla scatola rosa di due metri di altezza che contiene la bambola, e dove la marca è stata ribattezzata ‘Mattée’, sono applicati adesivi che mettono in luce le virtù della bambola: “salario misero”, “massimo rendimento”, “funziona senza protezioni sociali”.

“L’obiettivo è quello di sensibilizzare il maggior numero di persone possibile e fare pressione sulla Mattel”, ha spiegato Benjamin Lemesle di Peuples Solidaires, citato da ‘Le Figaro.fr’.

Risale proprio a due mesi fa il rapporto di China Labor Watch che aveva denunciato “gravi violazioni” del diritto del lavoro constatate in sei fabbriche che riforniscono la Mattel in Cina e che producono tra l’altro le Barbie. Era  stato il quotidiano ‘Le Figaro’ a raccontare l’esperienza di alcuni  investigatori dell’associazione che si erano fatti assumere come operai in quelle fabbriche in un periodo di massima produzione in vista del Natale, ovvero tra aprile e settembre 2013. Gli investigatori avevano constatato e censito non meno di 18 diversi casi di mancato rispetto delle norme del diritto del lavoro. 18 ore di lavoro al giorno, 110 ore supplementari al mese, denunciava l’associazione, senza ricevere l’adeguata retribuzione. Inoltre per riuscire a mantenere tariffe competitive, i fornitori non pagano interamente le ore supplementari né versano i contributi sociali dei salariati. Per questi motivi, in agosto oltre 300 operai hanno deciso di amettersi in sciopero presso uno degli impianti in questione e per reclamare il versamento dei contributi per la pensione.

La ‘Barbie operaia’, ha spiegato Kevin Slaton, responsabile della Ong ‘China Labour Watch’, rappresenta la privazione del diritto degli operai cinesi ad esprimersi sulle loro condizioni di lavoro. Non hanno “rappresentanti sindacali, nessuno con cui lamentarsi”. Ma “essendo poveri e provenendo da zone rurali non hanno veramente possibilità di scelta. Crediamo che Mattel e le fabbriche che fanno lavorare quegli operai traggano profitto da questa situazione”.

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