Usa, Obama decreta l’aumento dello stipendio dei lavoratori

WASHINGTON – Più soldi ai lavoratori in un periodo in cui altrove si parla di ridurre il costo del lavoro, sia quello inerente a quello legato al costo che va nelle tasche dello stato (cuneo fiscale) che in quello che va nelle tasche dei lavoratori (salario netto). Non si tratta di un miraggio o di una mera promessa elettorale ma della proposta che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama illustrerà stasera, quando in Italia saranno le 3, agli Americani durante il suo quinto discorso sull’Unione.

 

L’aumento non riguarderà tutti gli americani, ma solo i dipendenti federali che attualmente percepiscono la paga minima dei 7 euro e 25 centesimi l’ora. Secondo le stime si tratterebbe di appena 16 mila persone. Tutti facenti parti di categorie lavorative quali: cuochi, addetti alle mense, addetti all’edilizia, addetti alle pulizie, custodi e impiegati nelle basi militari. Tutti coloro che stipuleranno contratti con organismi federali o con società che gestiscono appalti con organismi federali avranno un salario minimo di 10 dollari e 10 centesimi.

Secondo molti esperti si tratta di una mossa squisitamente politica di quello che è il quarantaquattresimo e attuale Presidente degli Stati Uniti d’America. Obama, infatti, farà leva sui suoi poteri esecutivi per innalzare il salario minimo ai lavoratori americani bypassando l’ostruzionismo di Capitol Hill. Tramite il l’ordine esecutivo (executive order), infatti, il Presidente degli Stati Uniti può aggirare il Parlamento ed emettere dei provvedimenti immediatamente validi. Aumentare il salario di tutti i lavoratori americani, però, non è nei suoi poteri, ma nelle mani del Parlamento.

Il Parlamento, però, non è interamente nelle mani dei Democratici. I Repubblicani hanno infatti tra le mani il potere del Congresso. Mentre i Democratici hanno una maggioranza salda nel Senato. In questa situazione i repubblicani del Great Old Party stanno dando filo da torcere al presidente democratico, la cui immagine appare appannata dalle fatiche con cui ciascun singolo provvedimento fatica a vedere la luce. In molti ricorderanno lo stallo dovuto al braccio di ferro tra Democratici e Repubblicano dovuto dallo Shutdown, quando il mancato accordo tra i due partiti ha rischiato di far scattare il default tecnico negli States.

I Repubblicani vedono di cattivo occhio l’aumento dei salari. Se la manovra fosse approvata dal Parlamento e riguardasse tutti gli americani i beneficiari sarebbero circa due milioni. Nello scenario dei conservatori questa misura porterebbe all’aumento del costo del lavoro, quindi alla fuga degli investitori, al blocco della crescita delle nuove occupazioni. Mentre i Democratici pensano che questa misura sarebbe un’ottima misura per dar sollievo alle fasce meno protette. Inoltre ne gioverebbe l’economia americana, cresciuta nell’ultimo anno del 4,1%, che vedrebbe aumentare i consumi grazie all’aumento della capacità di spesa.

L’aumento dei salari minimi e l’adeguamento degli altri salari già erosi dall’inflazione è visto in modo positivo dalla stragrande maggioranza degli americani: il 63% secondo alcuni sondaggi. L’aumento del salario minimo è avvenuto già in 22 circostanze nella storia degli Stati Uniti, ma spesso nella storia quest’innalzamento non è coinciso con un adeguamento agli standard minimi della sussistenza. Si calcola che oggi, in America, chi percepisce un salario minimo guadagna circa 14 mila dollari l’anno. Una cifra non sufficiente alla sussistenza di una famiglia.

La legge sul salario minimo, la Harkin-Miller, espressamente caldeggiata da Obama, è stata presentata dai Democratici in Parlamento, ma i Repubblicani non hanno nessuna intenzione di approvarla. Secondo gli esperti con questa mossa di innalzare lo stipendio dei dipendenti federali, Obama vuole mettere pressione ai Repubblicani che potrebbero vedersi costretti a cedere alle pressioni dell’opinione pubblica e concedere l’aumento. Altri opinionisti sostengono che toccare le corde progressiste sia un modo di far lievitare il consenso di Obama, che negli ultimi dodici mesi è precipitata di dodici punti percentuali, ossia dal 55 al 43 percento.

Condividi sui social

Articoli correlati