Kim Jong Un: tra notizie fantasma e politica del terrore

ROMA – Kim Jong Un, leader della Corea del Nord, ha ordinato all’esercito di prepararsi a entrare in stato di guerra. L’ordine sembrerebbe arrivare da una riunione allargata di emergenza della Commissione Militare Centrale del Partito dei lavoratori della Corea, dopo uno scambio di colpi di artiglieria al confine con la Corea del Sud.

A riportarlo è l’agenzia di stampa ufficiale Kcna: “Ufficiali per le operazioni militari della zona sono stati spediti al fronte ed è stato approvato il piano di combattimento per la prima linea dei militari, pronti ad intervenire se l’altoparlante che da giorni lancia slogan e fa propaganda contro il Nord nella sezione sudcoreana della frontiera ‘demilitarizzata’ tra i due Paesi non interrompe la sua attività” La fonte è attendibile, la notizia è certa. 

Curiosa novità per un paese le cui scelte in materia di politica interna sembrano avvolte nel mistero. Da anni ormai le scandalose notizie sulla dittatura di Kim Jong Un portano una simbolica etichetta: “non verificabili”. Nel 2013 si era diffusa la voce che il leader avesse imposto a tutti gli studenti universitari della Corea del Nord di scegliere fra non più di tre o quattro tipi di tagli di capelli, tutti ispirati alla sua chioma. Nel 2014 era stata la volta della sua ex fidanzata, la cantante Hyon Song-wol, giustiziata pubblicamente da un plotone di esecuzione, insieme ad altri 11 artisti, per aver registrato e messo in commercio un video porno. Tutte le notizie sono state smentite e, ancora, oggi, sono avvolte nel mistero, insieme alla data di nascita di Kim Jong Un (si suppone sia nato l’8 gennaio del 1983 o del 1984, ma al di fuori della sua stessa nazione, nessuno può stabilirlo con precisione). 

Il suo mandato, iniziato l’11 aprile del 2012, ha fatto molto discutere per l’efferatezza dei crimini di cui sembrerebbe macchiarsi, senza che, tuttavia, vi siano conferme ufficiali. 

Un esempio drammaticamente noto è legato all’esecuzione dello zio del leader e dei suoi ufficiali; il giornale di Hong Kong Wen Wei Po ha riportato nei dettagli il metodo particolarmente brutale: lo zio e i suoi cinque aiutanti sembra siano stati spogliati nudi e sbranati da 120 cani affamati. La storia ha avuto origine da un post satirico sul blog cinese Tencent Weibo, secondo NPR. Qualunque sia stato il metodo, è certo che il leader abbia arrestato pubblicamente e giustiziato suo zio nel dicembre del 2012, il più alto in carica fra i suoi funzionari, accanto a lui ai funerali del padre e predecessore. A subire la stessa sorte è stato, due anni più tardi, uno dei funzionari dell’ex reparto di Jang, bruciato vivo con un lanciafiamme, notizia riportata dal quotidiano Chosun Ilbo della Corea del Sud e mai confermata. 

Sono state molte le denunce arrivate da Amnesty International, tra il 2006 e l’inizio del 2013: la dittatura di Pyongyang avrebbe applicato, per esempio, un regime di isolamento per un perimetro di 20 km agli abitanti di una valle perché si trovavano nei pressi di campi di prigionia e il leader voleva impedire che familiarizzassero con i detenuti. Due (o più) piccioni con una fava dunque: rinchiuderli tutti dev’essere sembrata la soluzione più semplice. 

Inoltre, secondo quanto testimoniato da Shin, unico nato e fuggito da uno dei lager nordcoreani, gli orrori all’interno dei campi di prigionia sarebbero all’ordine del giorno. La situazione non sembra migliorare all’interno del paese dove i fenomeni emigratori si moltiplicano e il terrore dilaga. 

E’ chiaro, ormai, che il punto di rottura è vicino. L’ultimatum imposto dalla Corea del Nord alla vicina-nemica del Sud sta per scadere, sebbene sia già stato fermamente rifiutato. La Corea del Sud ha annunciato che risponderà “con forza a qualsiasi provocazione” evidenziando che i colpi di artiglieria nordcoreani sono una “provocazione grave e illegale che ha violato l’accordo di armistizio” che ha posto fine alla guerra di Corea nel 1953. 

Già nel 2013 si era verificato un fenomeno del tutto analogo che si era concluso con le pressioni della Cina, alleata del Nord, a non far scoppiare un caso internazionale. 

Nelle prossime ore si attendono colloqui ad alto livello al villaggio di Panmunjeom, al confine tra i due Paesi, per verificare lo stato della situazione. Lo riferisce l’Ufficio della presidenza di Seul, secondo cui Kim Kwan-jin, a capo del servizio di Sicurezza nazionale, e il ministro dell’Unificazione Hong Yong-pyo si incontreranno con Hwang Pyong-so, direttore dell’Ufficio politico generale dell’Esercito popolare, e Kim Yang-gon, uno dei segretari del Partito dei Lavoratori. 

‘Che i negoziati abbiano inizio.

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