Il terrorista Salah Abdeslam è in Belgio. La caccia continua

BRUXELLES – Salah Abdeslam si nasconde nella zona di Bruxelles e ha chiamato alcuni amici per chiedere aiuto per fuggire in Siria: lo riferisce il sito dell’emittente americana Abc News che cita due amici che hanno chiesto l’anonimato.

Il terrorista super ricercato per le stragi di Parigi del 13 novembre avrebbe anche contattato una terza persona via Skype da un cellulare. Lo stesso fratello di Salah, Mohamed, ha detto di essere convinto che Abdeslam non si trovi lontano dalla capitale belga. 

“Preferiamo vederlo in carcere invece che morto. Deve arrenderi, consegnarsi alla giustizia”:  ha detto il fratello di Salah Abdeslam. Il fratello, che vive a Molenbeek e lavora negli uffici comunali della cittadina belga nei giorni scorsi era stato arrestato, e poi rilasciato, nelle prime fasi della ‘caccia all’uomo’ per catturare Salah. “Siamo convinti che si sia pentito, cerchiamo di fargli cambiare idea e di convincerlo ad arrendersi, costituirsi alla giustiza per rispondere alle domande”, ha detto Mohamed.

Il fratello di Salah smentisce che ci siano stati contatti con il fuggiasco: “non lo abbiamo sentito, ne’ abbiamo avuto messaggi da lui. Ho sentito circolare queste notizie ma non

sono vere vanno prese con molta cautela”. Qaunto a Salah, “Abbiamo molta speranza che si arrenda anche se ha paura. E’ stato manipolato, non sappiamo chi l’abbia manipolato, per questo vogliamo che si arrenda e risponda. Non l’abbiamo visto radicalizzarsi, e’ sempre stato lontano da queste idee”. L’altro fratello, Ibrahim invece “era piu’ facilmente influenzabile e manipolabile di Salah”.

Anche sulle frequentazioni dei locali gay emerge qualcosa. Si era inizialmente detto che frequentava quei posti per procurarsi passaporti falsi, come ha ipotizzato giorni fa la polizia belga; forse no. Di certo per Julien, il barista di uno di quei club, intervistato dal Sunday Times, Salah Abdeslam sembrava molto piu’ “un ragazzo di vita” che un devoto soldato della guerra santa. E per molti conoscenti resta quanto meno un jihadista improbabile.

“Noi lo prendevamo per un ragazzo di vita, sempre in giro e sempre in compagnia di un certo tipo di gente”, taglia corto Julien. Gente con cui passava il tempo fra i locali per soli uomini della zona di Saint Jacques, nel cuore della capitale belga, fumando spinelli e chiacchierando in un’atmosfera soffusa. Un bel ragazzo che – nella ricostruzione del domenicale britannico – pareva disposto a flirtare, se non altro.

Con lui c’era di solito il fratello Brahim. E se non li si vedeva di sera nei club del centro frequentati da gay, li si poteva incrociare un po’ a tutte le ore – raccontano i testimoni citati dal Sunday Times – in qualche bar meno eccentrico di periferia. Per esempio a Molenbeek, sobborgo ad altissima concentrazione di immigrati e di musulmani. “Brahim e Salah trascorrevano le loro giornate qui a fumare hascisc e a giocare alla PlayStation”, conferma fuori da uno di questi caffè senza pretese un giovane, Karim, 25 anni, che si presenta come un loro amico. “Non c’era nulla in loro – insiste – che facesse pensare si fossero radicalizzati”. Ma cosa passasse davvero nella loro testa, nessuno – oggi – sembra saperlo dire.  

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