Trump, tra conflitti d’interessi e business sconosciuti

NEW YORK – Donald Trump, sta preparando una soluzione per la gestione dei suoi affari che probabilmente esporrà molti membri del suo governo a una serie di conflitti d’interessi senza precedenti; il suo impero finanziario, infatti, sarà gestito dai suoi tre figli più grandi.

La portavoce Hope Hicks, per difendere il presidente eletto, ha fatto riferimento a una nota della Trump Organization sul trasferimento di potere ai figli del miliardario, che spiega vagamente che la struttura finale “rispetterà tutte le regole e i regolamenti”. Trump, infatti, ha significativi interessi in almeno una dozzina di Paesi, anche se la precisa estensione dei suoi affari è ignota, in parte per il rifiuto di pubblicare la sua dichiarazione dei redditi. Possiede o ha ceduto in leasing il suo nome per alberghi, campi da golf e altre proprietà in Paesi che spaziano dall’Azerbaigian alla Corea del Sud. Trump possiede anche una linea di prodotti commerciali, dall’abbigliamento all’arredamento, creati in gran parte all’estero. Il presidente eletto ha parlato di un divieto d’accesso per i musulmani negli Stati Uniti, ma fa affari in Paesi islamici; vuole lanciare una guerra commerciale con Pechino, ma alcuni dei suoi prodotti sono ‘made in China’. 

Trump ha parlato più volte in modo positivo della Russia, dove afferma di non avere affari. Mesi fa, già il Washington Post aveva sottolineato gli affari di Trump con il miliardario moscovita Aras Agalarov, presunto punto di contatto tra il presidente russo, Vladimir Putin, e Trump. La simpatia tra i due leader sarebbe appunto giustificata dagli affari, che riguardano anche gli oligarchi russi, desiderosi di investire negli Stati Uniti. Sul fronte americano è il figlio di Trump, Donald Junior, a seguire più da vicino gli investitori russi: “Rappresentano una quota sproporzionatamente elevata degli investimenti nei nostri asset” dichiarò Donald Junior a una conferenza di immobiliaristi nel 2008. 

E non è tutto. Il vasto impero di Trump si basa sui milioni di dollari ricevuti dalle banche più importanti, come Deutsche Bank, Goldman Sachs e Bank of China. Non solo, come per esempio nel caso della banca cinese, questi debiti potrebbero avere ripercussioni sulla politica estera, ma anche sul lavoro del dipartimento della Giustizia, che sta cercando un patteggiamento miliardario con Deutsche Bank per archiviare l’accusa di comportamenti scorretti nella vendita di obbligazioni legate ai mutui subprime. 

Come ricordava mesi fa il Wall Street Journal, almeno 2,5 miliardi di dollari sono stati concessi in prestito dall’istituto tedesco alle società associate a Trump. I confini dei suoi legami con il settore bancario, però, restano nebulosi, visto che le sue dichiarazioni dei redditi non sono state rese pubbliche. Vista la promessa di allentare le regole imposte con il Dodd-Frank Act. Insomma, il presiedente eletto potrebbe finire nei guai, perché potrebbe dare l’impressione di favorire un settore che lo ha aiutato a costruire la sua ricchezza.

Tuttavia è il lavoro del dipartimento di Giustizia ad apparire tra i più a rischio di conflitti d’interessi nella prossima amministrazione. L’Fbi sta ancora esaminando la possibilità che la Russia abbia interferito nella corsa alla Casa Bianca con gli attacchi informatici contro il partito democratico e Hillary Clinton, per favorire Trump. Il prossimo segretario alla Giustizia potrebbe trovarsi di fronte alla volontà politica del presidente di incriminare Clinton per l’uso di un server privato di posta elettronica quando era segretario di Stato. Il dipartimento di Giustizia avrà inoltre a che fare con l’interpretazione di leggi contro la discriminazione razziale e di genere che potrebbe influenzare una serie di cause contro le imprese del presidente. Attraverso i dipartimenti di Giustizia e Lavoro e la Equal Employment Opportunity Commission, l’amministrazione Obama ha generalmente favorito il rafforzamento delle leggi e delle loro interpretazioni a sostegno degli impiegati che potrebbero essere discriminati, come i transessuali. L’amministrazione Trump, invece, potrebbe propendere per un’interpretazione delle leggi a favore delle aziende, comprese le sue. 

Dichiarazioni dei redditi nascoste

Durante la campagna elettorale, Trump ha respinto le richieste di pubblicazione della sue dichiarazioni dei redditi, affermando che lo farà al momento appropriato, alla conclusione degli accertamenti di routine dell’Irs (l’Agenzia delle Eentrate, ndr). In pratica, gli accertamenti sono effettuati dal dipartimento del Tesoro, che sarà presto guidato da un uomo nominato da Trump. 

Lo staff per la transizione sta già affrontando un altro problema, riguardante un albergo di lusso che la società del presidente eletto ha appena inaugurato nell’Old Post Office Pavilion, che fa parte di un’area considerata sito storico nazionale, di proprietà federale, a pochi passi dalla Casa Bianca. Il Pavilion è stato preso in affitto per 60 anni dalla Trump Organization, per 180 milioni di dollari. Con Trump ormai pronto a giurare come presidente, il ruolo della sua azienda nel gestire una proprietà federale solleva problemi etici e legali. Trump, molto presto, nominerà il nuovo leader del General Services Administration, l’agenzia indipendente del governo degli Stati Uniti che ha affidato alla Trump Organization la gestione del Pavilion. 

In un articolo pubblicato sul Washington Post, due esperti hanno scritto che il conflitto d’interessi è così rilevante che la General Services Administration dovrebbe “porre immediatamente fine” all’affitto dell’edificio a favore di Trump, perché le regole proibiscono al governo di fare affari con dipendenti federali. 

E non finisce qui. Ci sono almeno nove accuse in sospeso sul tavolo della National Labor Relations Board (Nlrb), l’agenzia indipendente del governo statunitense che ha la responsabilità di far rispettare le leggi sul lavoro, riguardanti l’International Hotel Las Vegas di Trump. Secondo gli esperti, il Board si troverà di fronte, per la prima volta, un caso che coinvolge il presidente. 

Anche tra l’ambiente e gli affari, Trump non sembra avere dubbi sul favorire i secondi, visto che il cambiamento climatico, per lui, è una bufala inventata dai cinesi. Per questo, c’è un grande progetto che sta aspettando l’insediamento di Trump: il controverso oleodotto Dakota Access. Lunedì, lo United States Army Corps of Engineers, equivalente al Genio militare, ha deciso di sospendere la costruzione del progetto da 3,7 miliardi di dollari, lasciando così la questione in mano alla prossima amministrazione. Gli ambientalisti non solo sono preoccupati che Trump favorisca i progetti energetici a scapito dell’ambiente, ma anche dal suo possibile conflitto d’interessi, visto che risulta un suo investimento tra i 15.0001 e i 50.000 dollari nell’azienda di Dallas che sta cercando di costruire l’oleodotto, la Energy Transfer Partners.

Condividi sui social

Articoli correlati