Usa. Senza stranieri il sistema sanitario imploderà

NEW YORK – “Non ci sono terroristi qui. C’e’ solo umanita’”.

Lo ha scritto Jalal Baig, medico di origine pakistana che lavora negli Stati Uniti presso il Medical Center dell’Universita’ dell’Illinois, in una lettera pubblicata dal quotidiano indipendente ‘Public Radio International’ (Pri) a fine gennaio. Scopo di questa missiva, spiegare perche’ i medici stranieri sono una risorsa per il sistema sanitario nazionale, e in che modo il decreto Trump che pone un limite all’immigrazione puo’ compromettere questo equilibrio. “La medicina in quanto pratica non e’ mai stata limitata dalle frontiere o dai muri- l’argomentazione del dott. Baig- ne’ l’abilita’ di un dottore di curare e’ mai stata determinata dal colore del proprio passaporto.

Ma ora, l’ordinanza del Presidente Donald Trump che bandisce gli immigrati provenienti da sette paesi a maggioranza musulmana costituisce una minaccia senza precedenti ai medici immigrati e all’intero sistema sanitario nazionale. La sua proroga ed eventuale estensione potrebbe avere effetti disastrosi”. I medici di fede musulmana negli Stati Uniti rappresentano il 5% del totale. “Mentre alcuni sono nati all’estero- prosegue Jalal Baig- altri, come me e mia moglie, sono figli di immigrati. I miei genitori sono arrivati dal Pakistan”. In totale, negli States “gli immigrati costituiscono il 28% dei medici e dei chirurghi”. Molti “sono giunti qui da Messico, Pakistan, Egitto, Iran e Siria per onorare il giuramento universale di Ippocrate”.

Non meno rilevante e’ il loro contributo alla ricerca: “il 42% di coloro che hanno realizzato uno studio utile nell’ambito della lotta al cancro sono stranieri”, mentre i sei vincitori americani dei premi Nobel legati a discipline scientifiche “sono tutti immigrati”. Il dottor Baig quindi pone all’attenzione del lettore le enormi difficolta’ che deve affrontare chi, da studente immigrato, deve superare per raggiungere l’ambita laurea: “le statistiche dicono che solo il 51,9% ce l’ha fatta nel 2016”. A incoraggiarli, “la promessa americana dell’eguaglianza delle opportunita’”, insieme al “desiderio disinteressato di aiutare chi e’ malato”. Questo equilibrio tra “competenze professionali e compassione” li rende capaci di “sostenere il sistema sanitario nazionale”. Il calo della natalita’, a cui corrisponde l’invecchiamento della popolazione, fa si’ che “aumenti anche la richiesta di medici di base”. Inoltre, “in una societa’ multietnica come la nostra, avere medici con bagagli culturali e linguistici diversi e’ una risorsa preziosa”. “Il bando all’immigrazione del presidente Trump deve fare i conti con tutti questi aspetti”, scrive ancora il medico. “Il rischio e’ quello di ‘fare vittime’ tra coloro che, negli Stati Uniti, giungono solo armati dei loro stetoscopi e di un sincero desiderio di vedere il benessere tra gli americani. Non ci sono terroristi tra loro- la sua conclusione- ma solo grande senso di umanita’”. 

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