Turchia, riprende massiccia purga post-golpe: altri 1.000 arresti

ISTANBUL – Dopo nove mesi di stato d’emergenza e la recente approvazione di una proroga fino a luglio, prosegue la repressione del governo turco contro coloro che sono sospettati di essere vicini all’organizzazione dell’ex imam Fetullah Gulen, ritenuto responsabile del fallito golpe del 15 luglio.

Oggi le autorità turche hanno confermato l’arresto di oltre 1.000 persone, ma nella lista dei mandati d’arresti figurano addirittura 3.224 nomi, secondo le informazioni ottenute da Hurriyet. “Questa mattina, è stata lanciata una operazione di polizia in 81 province che è ancora in corso. Mentre parliamo, 1.009 (persone) sono state arrestate in 72 province”, ha detto il ministro dell’Interno Süleyman Soylu, citato dall’agenzia di stampa filo-governativa Anadolu. La maggior parte degli arrestati sarebbero agenti di polizia, in maggioranza fermati nella capitale Ankara. Gülen, accusato da Ankara di essere l’istigatore del fallito colpo di stato dello scorso luglio, ha sempre negato ogni coinvolgimento nel golpe, ma la sua Feto è al centro delle indagini e degli arresti che proseguono da mesi.

Secondo Anadolu, circa 8.500 poliziotti hanno preso parte al colpo di stato. Dopo quella notte di luglio più di 46.000 persone sono state messe in carcere e oltre 100mila sospese o licenziate. Questa stretta autoritaria ha destato le preoccupazioni delle Ong e dei Paesi europei che hanno denunciato una vera repressione. In regime di carcerazione preventiva sono stati posti 10.732 poliziotti, 7.631 soldati, 2.575 giudici e procuratori, 26.177 impiegati della Pubblica amministrazione statale e 208 amministratori locali. Inoltre 125.485 amministratori pubblici sono stati sospesi (30.618) o licenziati (94.867). Nello stesso periodo sono state chiuse per decreto 15 università (su 191), chiuse d’autorità o messe sotto controllo governativo 178 testate giornalistiche, sono stati licenziati in tronco 4.811 docenti da 112 università, arrestati e tenuti in galera 141 giornalisti. 

Ankara ha chiesto l’estradizione di Gulen agli Stati Uniti in diverse occasioni, ma non ha trovato sponda nell’amministrazione Obama. La questione è in agenda nell’incontro di metà maggio tra Erdogan e il presidente Usa Donald Trump negli Stati Uniti. Intanto il Consiglio d’Europa, preoccupato dalla riforma costituzionale che amplia i poteri del capo di stato turco, e dal protrarsi dello stato d’emergenza ha ristabilito dopo 13 anni il monitoraggio dei diritti umani in Turchia, scatenando le ire del Paese della mezzaluna. 

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