Pirateria somala: riscatti sempre più milionari nel mare dei pirati

MOGADISCIO – E’ ‘tempo di raccolta’ per i pirati somali che dopo ogni sequestrato di una nave e del suo equipaggio li rilasciano, sempre e solo, dietro il pagamento di un riscatto.

Ad accollarsene poi, il costo sono o la società armatrice proprietaria della nave o il governo del Paese da cui provengono nave e marittimi. Finora sono centinaia i milioni di dollari versati nelle casse dei pirati somali che infestano il Golfo di Aden, il mare del Corno d’Africa e l’Oceano Indiano. Essi sono in agguato specie lungo la rotta che dall’Asia conduce in Europa passando per il canale di Suez. In genere in cambio di uomini e navi i ‘banditi del mare’ cominciano con il chiedere cifre astronomiche, ma poi si accontentano, dopo estenuanti trattative che durano anche mesi e senza mai rinunciare al bottino, dagli 800mila ai 4 milioni di dollari. Finora era stata quest’ultima la cifra più alta pagata per ottenere indietro quello che avevano sequestrato e tenuto in ostaggio. Ad esempio una tale cifra è stata pagata dalla Spagna per riottenere indietro il peschereccio d’altura ‘Alakrana’ e il suo equipaggio.

 

Un altro Paese che ha pagato all’incirca 4 milioni di dollari quale riscatto per riottenere indietro il rimorchiatore d’altura Buccaneer e il suo equipaggio è l’Italia. Con un’unica differenza, mentre Madrid ha ‘confessato’ di aver pagato, Roma ha sempre negato. Un fatto che, se così fosse, ma non lo è, sarebbe l’unico al mondo. Ad inizio del mese di novembre è stato però, pagato invece, un riscatto di nove milioni di dollari. Si tratta del riscatto più alto mai pagato finora.  La somma è stata versata ai pirati somali per ottenere il rilascio della petroliera sudcoreana, Samho Dream. La petroliera era stata catturata lo scorso mese di aprile nell’Oceano indiano insieme al suo equipaggio, 5 sudcoreani e 19 filippini. L’imbarcazione trasportava petrolio dall’Iraq agli USA per un valore stimato di circa 170 milioni di dollari. I pirati somali chiedevano quasi il doppio per rilasciarla. Le trattative sono durate oltre sette mesi alla fine a cedere è stata la compagnia proprietaria della nave e il governo di Seul. I pirati finora non hanno mai ceduto e si sono sempre dimostrati molto resistenti, conducendo anche trattativa oltre l’anno. In fondo il loro unico scopo è lucrare sulle loro azioni criminali. Nei stessi giorni veniva rilasciata anche la Golden Blessing. Si tratta di un cargo battente bandiera di Singapore che era nelle mani dei suoi sequestratori da circa 5 mesi.

 

La nave era stata infatti, catturata nel mese di giugno al largo della Somalia insieme al suo equipaggio di  19 marittimi, tutti di nazionalità cinese. Per il rilascio di questa nave sono stati pagati solo, si fa per dire, 2,8 milioni di dollari. Alla fine i pirati somali, in pochi giorni, hanno incassato, come frutto del loro ‘onesto lavoro’, circa 12 milioni di dollari. Secondo i dati diffusi di recente dall’International Maritime Bureau, Imb, nei primi 9 mesi del 2010 si è registrata una intensificazione degli attacchi dei pirati somali. Essi si sono resi responsabili del 44 per cento dei 289 arrembaggi verificatisi in tutto il mondo. Ancora più significativo il numero di sequestri: 35 sono imputabili ai pirati somali sui 39 registrati da gennaio a settembre 2010. L’Imb, nel suo rapporto, sottolinea poi che i pirati somali hanno ampliato il loro raggio d’azione, arrivando fino al Mar Rosso, dove hanno assaltato e catturato una nave a luglio, e anche la potenza di fuoco, a colpi di armi automatiche e lanciarazzi. Nelle loro mani restano ancora ostaggi all’incirca 28 navi e circa 350 marittimi. Sono tutti in attesa che qualcuno paghi per la loro liberazione un riscatto.

 

Diversamente i ‘predoni del mare’, che li trattengono, non li libereranno mai. Alcuni di queste navi e uomini sono ostaggi anche da quasi due anni. La gran parte dei marittimi catturati dai moderni filibustieri sono di diverse nazionalità come ucraina, egiziana, filippina, cinese, indiana. La comunità internazionale, ONU e NATO in testa, è mobilitata per contrastare il fenomeno della pirateria marittima nel mare del Corno d’Africa.  In quel mare sono schierate diverse navi da guerra che pattugliano quelle acque infestate dai pirati. Qualche giorno fa il Kenya, che è il principale partner, tra i Paese africani, dei Paesi occidentali ha proposto di organizzare una conferenza internazionale sulla pirateria. Il motivo principale adotto dal governo di Nairobi è che da tempo il Kenya ha stipulato un accordo con la comunità internazionale consistente nel accogliere, giudicare e detenere i pirati somali catturati. Ora però, la gestione della faccenda è diventata molto problematica per il Kenya. Il Paese africano, nonostante gli enormi aiuti economici e commerciali ricevuti come contro partita per questo suo servizio, si ritrova con prigioni e tribunali congestionati dall’enorme mole di lavoro derivante dall’arrivo dei pirati somali prigionieri. A denunciare il disagio il ministro della Sicurezza keniota, George Saitoti che si è augurato che: “la comunità internazionale trovi un accordo per organizzare una conferenza internazionale per regolare questo problema”.

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