Messico. Los Zetas, il cartello della droga più potente e pericoloso. Parola della Stratford

 

CITTA’ DEL MESSICO (corrispondente) – Alla fine del 2011 Los Zetas risulta essere “il maggiore cartello della droga in termini di presenza sul territorio, eclissando, di fatto, il potere del Cartello di Sinaloa”. E’ ciò che riferisce il rapporto annuale sul crimine organizzato in Messico dell’agenzia di Global Intelligence Stratford, pubblicato on-line martedì scorso. Los Zetas operano attualmente in 17 dei 32 Stati che compongono la federazione messicana, uno in più del Cartello di Sinaloa che, rispetto al 2005, ha ridotto la sua area di influenza da 25 a 19 Stati. Sostanzialmente, nell’ultimo anno, si è assistito ad una polarizzazione del potere.

Molti cartelli minori sarebbero stati assorbiti dai due cartelli che, attualmente, si spartiscono il redditizio mercato di droga: la Federazione di Sinaloa, che controlla la parte occidentale del paese e Los Zetas maggiormente presente nella parte orientale del Messico, riporta l’agenzia. Nato come braccio armato del cartello del Golfo alla fine degli anni ’90, Los Zetas è un gruppo militarmente molto preparato in quanto formato da disertori di una forza speciale (Grupo Aeromovil de Fuerza Especiales) addestrata negli Stati Uniti a tattiche di guerriglia per combattere il narcotraffico. Osiel Cárdenas, allora boss del Cartello del Golfo, li aveva reclutati facendoli diventare lo “squadrone della morte” dell’organizzazione. Ma, con l’arresto del leader nel 2003 e il conseguente vuoto di potere, Los Zetas decidono di “mettersi in proprio” e, in pochi anni, diventano il maggior cartello del Messico, stando all’attuale rapporto dell’agenzia Stratfort. Il gruppo continuerebbe ad attingere le proprie forze tra i disertori delle forze militari messicane che sono circa 27mila ogni anno. Inoltre l’agenzia riporta che “nel marzo 2011 l’esercito messicano ha ammesso di aver perso le tracce di 1680 persone, nell’ultima decade, facenti parte delle forze speciali”. Ciò che distingue Los Zetas dagli altri cartelli è: la struttura gerarchica di tipo militare, in cui gli avanzamenti avvengono per merito e l’efferatezza della violenza spesso rivolta verso civili. Decapitazioni e smembramenti di corpi sono diventati la loro “firma” anche se, come sostiene il New York Times, ultimamente si assisterebbe ad una “zetanizzazione” da parte di altri cartelli che stanno copiando i metodi brutali e le tecniche militari de Los Zetas e, a volte, si firmano come tali, anche se appartengono ad organizzazioni diverse. Furono Los Zetas gli autori del massacro di San Fernando nello Stato di Tamaulipas, dove, nel marzo del 2011, vennero scoperte varie fosse comuni con 180 corpi di emigranti, uomini, donne e bambini, e dell’incendio al Casinò Royale di Monterrey — i cui proprietari si sarebbero rifiutati di pagare il pizzo — in cui persero la vita 52 persone tra impiegati e giocatori.

Il Cartello di Sinaloa, guidato dal ricercato numero uno Joaquin Guzman detto “el Chapo” (il piccoletto), ha una gerarchia più di tipo familiare e farebbe meno ricorso alla violenza, prediligendo il metodo della corruzione. Al contrario de Los Zetas, la Federazione di Sinaloa all’uso del “plomo” (piombo) preferisce la “plata” (denaro), secondo un modo di dire messicano. Il rapporto dell’agenzia Stratford si sofferma, poi, sulle cifre della violenza e come questa non dia segni di tregua. Nel 2010 gli omicidi legati al traffico di droga sono stati 15.273. Quelli del 2011 saranno presumibilmente di più. Le cifre del governo parlano di 12.900 morti nei primi nove mesi dell’anno, con una media di 1.400 morti al mese, per cui una proiezione verosimile porterebbe a ben 17mila le vittime del narcotraffico nel 2011.
Dunque la violenza sembra persistere anche se, come sottolinea l’agenzia, si è spostata geograficamente. Per esempio a Ciudad de Juarez — la città con il record delle morti violente — gli omicidi sono passati da 3.111 del 2010 al poco meno di duemila del 2011. Al contrario, altre città come Veracruz , Monterrey e Matamoros hanno assistito ad una recrudescenza della violenza. La strategia del governo Calderón di utlizzare l’esercito nella lotta contro i cartelli ha prodotto una guerra su tre fronti: cartelli contro cartelli, esercito contro cartelli e cartelli contro civili. La cattura di personaggi di spicco delle organizzazioni criminali legate al traffico di droga ha determinato la rottura degli equilibri interni e lo scoppio di guerre intestine volte a colmare il vuoto di potere, quindi maggiore violenza. Il governo non riuscirà né ad eliminare i cartelli, né tanto meno a sconfiggere il traffico di droga. Un’organizzazione potrà essere sgominata, ma i redditizi corridoi del traffico di droga continueranno ad esistere e un’altra organizzazione sarà pronta a prenderne il controllo.
L’unica maniera per ridurre la violenza sarebbe, secondo i ricercatori di Stratfort, “consentire ad un cartello di diventare dominante” in modo da evitare le lotte interne. Questo tipo di scenario non è nuovo per il Messico, visto che c’è stato un periodo in cui il cartello di Guadalajara controllava l’intero traffico di droga del paese. Ed è la dissoluzione del Cartello di Guadalajara che ha portato alla nascita di serie di organizzazioni criminali “regionali”, con le conseguenze che conosciamo.

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