Turkmenistan nei giochi geopolitici di Cina ed Unione Europea

ROMA – Il Turkmenistan sta divenendo con preponderanza un paese target per l’Unione Europea per quel che concerne il rifornimento energetico dovendo Bruxelles trovare fonti di approvvigionamento alternative al mercato russo a causa dei rapporti tesi con Mosca a seguito della Crisi Ucraina e delle sanzioni.

L’interesse europeo rischia però di andarsi a scontrare con quello della Cina, potenza sempre più presente ed interessata alla regione dell’Asia Centrale capace di inserirsi nel gioco strategico regionale all’interno della disputa tra Occidente e Federazione Russa.

A maggio il Vice Presidente della Commissione Europea  Maroš Sefčovič aveva dichiarato che il gas naturale turkmeno avrebbe potuto raggiungere l’Europa nel 2019 puntando quindi l’attenzione sul paese centroasiatico; ulteriori conferme dell’interesse europeo verso il Turkmenistan erano state date durante la visita del Presidente turkmeno Gurbanguly Berdimuhamedov in Italia e l’incontro con il Premier Matteo Renzi che aveva preso in esame il rafforzamento dei rapporti tra le parti e l’incremento della cooperazione nel campo economico ed energetico.

L’idea di fondo è quella di collegare il gas turkmeno all’Europa sfruttando il progetto Trans Caspian Pipeline (TCP) il quale prevede il passaggio di un gasdotto attraverso il Mar Caspio ed il suo collegamento con il Trans Anatolian Pipeline (TANAP) che porterà la preziosa risorsa energetica al confine greco. Da qui potrebbe quindi entrare in gioco il Trans Adriatic Pipeline (TAP), progetto che prevede la realizzazione di un gasdotto che colleghi la Grecia all’Italia meridionale attraversando Albania e Mar Adriatico e che permetta dal terminale in  Puglia di esportare il gas naturale verso l’intero continente.

Gli ostacoli per una realizzazione di un simile progetto sono molteplici, tra cui quelli di natura legale ed ambientale del Mar Caspio per poi andare a finire all’opposizione della Repubblica Islamica dell’Iran e della Federazione Russa, dirette interessate al mercato energetico internazionale. 

A questi si deve però aggiungere il ruolo esercitato dalla Cina all’interno del paese e della regione con il suo progetto di creazione di una Nuova Via della Seta; Sarah Lain del Royal United Services Institute di Londra, ricercatrice ed analista della regione dell’ex Unione Sovietica che ha concentrato negli ultimi suoi tempi i suoi studi sull’Asia Centrale e sulla crescita di influenza della Cina in tale area, ha dichiarato che l’Europa in Turkmenistan potrebbe non avere la capacità di competere con il modello di business cinese che attualmente sta prevalendo all’interno nel paese. L’approccio cinese agli investimenti diretti stranieri (FDI), infatti, coinvolge direttamente la distribuzione di prestiti di grande attrazione privi di ogni condizione sociale o politica, elementi che rendono tali investimenti molto attrattivi per un governo come quello di Ashgabat.

Con questa modalità di prestiti ripagati alla Cina attraverso le esportazioni energetiche a tassi elevati favorevoli Pechino fa sì che Ashgabat rimanga fermamente sotto la sua influenza e quindi la stessa volontà del Turkmenistan di approcciarsi all’Europa espressa negli ultimi tempi con l’intenzione di fornire Bruxelles con circa 30 miliardi di metri cubi di gas naturale liquido annui non deve essere vista come una minaccia alla Cina.

Dal punto di vista energetico le riserve di gas naturale del Turkmenistan sono tali da poter permettere esportazioni sia alla Cina che all’Europa, ma se si analizza il quadro in chiave geopolitica è possibile affermare che la presenza cinese nel paese è inattaccabile ed inoltre Pechino potrebbe proprio utilizzare questo interesse di Bruxelles verso Ashgabat per limitare un altro diretto concorrente: la Federazione Russa.

Con il ritiro delle truppe ISAF dall’Afghanistan e la politica estera degli Stati Uniti che sembra aver “abbandonato” l’Asia Centrale, attualmente il rivale economico e geopolitico principale della Cina nella regione è rappresentato dalla Russia di Putin impegnata nel promuovere l’accesso all’interno della Unione Economica Euroasiatica di cui attualmente fanno parte, oltre alla Federazione Russa, il Kazakhstan, la Bielorussia e l’Armenia. 

L’accesso all’Unione Euroasiatica non presenta però le stesse garanzie che offrono i rapporti commerciali con la Cina, basti pensare alla difficile posizione che attualmente ha la Russia nei confronti dell’Europa e degli Stati Uniti a causa delle sanzioni internazionali, al contraccolpo dovuto all’abbassamento del prezzo del petrolio al barile e alla politica adottata dal Cremlino che lega i propri partner ad una serie di obblighi messi in risalto proprio durante la Crisi Ucraina.

E’ pur vero però che un eccessivo avvicinamento alla Cina da parte del Turkmenistan ed una mancata realizzazione del TCP e quindi dell’esportazione del gas naturale verso l’Europa potrebbe rappresentare un elemento di destabilizzazione per il paese centroasiatico qualora la Russia e l’Iran decidessero di diminuire la domanda di idrocarburi; la prova di quanto affermato è stata data nel 2015 quando le esportazioni di gas naturale liquido (LNG) turkmeno sono state notevolmente danneggiate dalla riduzione della domanda di Teheran e Mosca, fattore che potrebbe minacciare la stabilità di un governo come quello di Ashgabat che ha fatto delle esportazioni una delle fonti principali di introiti nazionali. Appare quindi ovvio che il Turkmenistan non possa contare dal punto di vista economico e delle esportazioni soltanto su Pechino ma debba trovare un ulteriore interlocutore, la Russia e l’Unione Euroasiatica da una parte e l’Unione Europea dall’altra.

La scelta dell’Europa oltre ad affrancare il Turkmenistan da una influenza eccessiva russa potrebbe comportare inoltre maggiore sicurezza nella regione viste le minacce rappresentate dai gruppi fondamentalisti islamici e dalla politica estera russa le quali non possono essere controbilanciate soltanto dalla Cina.

Condividi sui social

Articoli correlati