Yemen: missili Usa distruggono radar dei ribelli Houthi

SANA’A – Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha annunciato che le navi Usa al largo del Mar Rosso hanno lanciato missili da crociera Tomahawk contro obiettivi dei ribelli sciiti zaiditi nel nord dello Yemen.

Sono state colpite tre postazioni radar presenti nella regione controllata dagli uomini dell’imam Abdel Malik al Houthi, in risposta ad un attacco fallito lanciato dagli sciiti contro un cacciatorpediniere statunitense. I razzi sono riusciti a distruggere gli impianti radar che si trovavano in “aree remote” secondo funzionari della Difesa Usa. Per il Pentagono si e’ trattato di una risposta limitata finalizzata alla difesa del proprio personale sulle navi presenti nella regione. 

Il presidente statunitense, Barack Obama, ha autorizzato i raid su raccomandazione del segretario alla Difesa, Ashton Carter, e del capo degli stati maggiori riuniti, generale Joseph Dunford, in base a quanto riferito dal portavoce del Pentagono Peter Cook. “Gli Stati Uniti risponderanno a qualsiasi altra minaccia contro le nostre navi e il traffico commerciale – ha aggiunto Cook – e continueremo a mantenere la nostra liberta’ di navigazione nel Mar Rosso, Bab al Mandeb e in qualsiasi altra parte del mondo”.  

Questa operazione rappresenta la prima azione diretta degli Stati Uniti contro i rivoluzionari dello Yemen, formati dagli sciiti Houthi, dall’esercito governativo e dai volontari popolari che hanno cacciato i lealisti di Mansour Hadi, alleati con l’Arabia Saudita e il ramo yemenita di Al Qaeda. L’Arabia Saudita, formando una coalizione di 9 nazioni arabe sunnite, ha iniziato dal 26 marzo 2015 a bombardare lo Yemen controllato dai rivoluzionari per lo piu’ sciiti, e finora gli Usa si erano limitati a vendere a Riad, le bombe necessarie per condurre i bombardamenti. L’ingresso diretto degli Usa nel conflitto potrebbe suscitare reazioni nella regione. L’Iran ed il movimento libanese degli Hezbollah hanno condannato in questi 18 mesi i raid sauditi che hanno portato, secondo l’Onu, alla morte di oltre 10 mila civili. 

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