Romania. Si elegge il parlamento, cittadini disillusi dalla politica

BUCAREST– L’11 dicembre, oltre 18 milioni di romeni saranno chiamati alle urne per eleggere tra oltre 6.500 candidati i 466 parlamentari che siederanno nella Camera e nel Senato per la prossima legislatura.

Le elezioni politiche arrivano dopo un anno di governo tecnico, che ha lasciato un segno positivo sul Paese e sull’elettorato, disilluso per i numerosi casi di corruzione ad alto livello e che hanno trovato nell’esecutivo guidato dall’ex commissario Ue all’Agricoltura Dacian Ciolos un evidente esempio di come governare senza mazzette. 

Un voto importante che si inserisce nel momento in cui in diversi Paesi lo slancio populista, nazionalista, anti-migranti e anti-Ue ha avuto il sopravvento. Basta pensare alle presidenziali in Bulgaria e Moldova, dove hanno vinto i candidati filo-Mosca. In questo contesto internazionale, le elezioni romene daranno da un lato il grado di interesse dell’elettorato per le vicende politiche del Paese (all’ultima tornata per le politica votarono soltanto 7,7 milioni di romeni), dall’altro la dimensione di quanto ancora conta la spinta filo-Ue, a quasi 10 anni dall’adesione di Bucarest, e infine quanto possano impattare anche sulla politica romena i movimenti anti-sistema, come l’Uniunea Salvati Romania (Usr). E anche se i sondaggi danno in netto vantaggio i Socialdemocratici (Psd), che ottengono il 43% nell’ultimo sondaggio pubblicato, i Liberali (Pnl) che sostengono dall’esterno Ciolos e un suo possibile mandato da premier, potrebbero guadagnare terreno (attualmente raccolgono il 27% delle preferenze). Le elezioni di quest’anno riservano anche molte novità: dalla riduzione del numero di parlamentari (da588 a 466), al voto per corrispondenza, dal tetto massimo per le spese per la campagna elettorale all’aumento dei seggi all’estero, fino alla sorveglianza video dei seggi per evitare brogli.

Su tutte le percentuali, però, resta drammatica quella del 75% di romeni disillusi che non hanno fiducia nella politica, dato che potrebbe influenzare lo già scarso interesse delle nuove generazioni per la politica e le elezioni. Alla vigilia del voto, il presidente Iohannis ha lanciato un appello alla partecipazione. Inoltre nella campagna elettorale ha avuto un ruolo di rilievo anche un crescente nazionalismo che denuncia il fatto che a 26 anni dalla rivoluzione “niente è più nostro” e “la nostra economia è un disastro”, ha spiegato il politologo Radu Magdin. Oltre a continuare la lotta alla corruzione e cercare di sostenere la crescita economica del Paese, tra le più forti dell’Ue, che la Commissione Ue stima sopra il 5% per il 2016, tra le priorità del prossimo governo ci dovrà essere la stabilità: sia in vista del 100esimo anniversario dell’unificazione della Grande Romania (nel 2018), per l’annessione di Bessarabia, Bucovina e Transilvania, sia per una data chiave, il primo semestre di presidenza Ue, nella prima metà del 2019. Infine, riuscire a completare il processo europeo della Romania, con l’ingresso in Schengen da una parte e l’adozione dell’euro dall’altra. Ma quali potrebbero essere le alleanze di governo post-elezioni? La più realistica, leggendo i sondaggi, è un esecutivo guidato dal Psd. Il premier potrebbe essere l’attuale vicepremier Vasile Dancu o l’attuale ambasciatore romeno negli Usa, George Maior, anche perché il presidente Iohannis ha già dichiarato che non darà l’incarico a chiunque abbia processi penali pendenti, come il leader socialdemocratico Liviu Dragnea, che ha una pena sospesa. Una seconda possibilità è quella legata a una maggioranza del Pnl con Ciolos in primo piano. Un terzo scenario, più improbabile, è quello della grande coalizione Psd-Pnl con Dancu o Ciolos alla guida, ma le grandi coalizioni in Romania non hanno una storia di successo. 

Condividi sui social

Articoli correlati