Terrorismo in Svezia. Il movente: la guerra in Afganistan

STOCCOLMA – Strage evitata nel centro di Stoccolma che ha lasciato attoniti i passanti. La pacifica Svezia per la prima volta scioccata dagli attentati che hanno causato un solo morto. La rivendicazione sarebbe di matrice islamica.

É stato un vero miracolo se la strage è stata evitata perché la prima esplosione è avvenuta vicino al complesso commerciale di Drottniggatan, in Via Olof Palme, un luogo affollato di persone che facevano acquisti in vista del Natale. La seconda esplosione è avvenuta in via Bryggargatan. Questa esplosione vede anche la presenza di testimoni oculari che, prima sentono gridare il kamikaze frasi incomprensibili in lingua araba, poi la macchina esplode ed il corpo del kamikaze viene rinvenuto a 300 metri di distanza insieme ad una borsa contenente chiodi che dovevano funzionare più o meno come dei proiettili.

Il kamikaze sarebbe un uomo di 29 anni come riporta il sito integralista islamico Hanein.info che ha pubblicato una foto del ragazzo, Taimour Abdulwahab, vestito con colori scuri ed occhiali da sole con un paesaggio verdeggiante sullo sfondo. Poco prima delle esplosioni l’agenzia di stampa TT aveva ricevuto una mail in cui presunti terroristi islamici contestavano la presenza delle truppe svedesi in Afganistan  e criticavano le vignette contro Maometto che il disegnatore Svedese Lars Vilks aveva fatto qualche mese fa. Le vignette raffiguravano Maometto col corpo di cane, animale ritenuto impuro dalla religione islamica. Il disegnatore proprio per questo motivo era stato vittima di un attacco da parte di un ragazzo mentre teneva una lezione universitaria sui limiti della libertà di espressione. Tra le grida incomprensibili di quel tormentato giorno si sentivano frasi come “Allah è grande”.

Ma ciò che realmente preoccupa i terroristi è l’affermazione da parte del ministro della difesa svedese del ritiro delle truppe entro il 2014. E allora per l’ennesima volta sorge una domanda: perché la guerra in Afganistan? La singolarità di questa domanda dipende più che altro dalle molteplici risposte che si possono dare.
Da un lato la posizione strategica del paese che fa da ponte tra Europa ed Asia, ma anche tra Cina (nuova potenza economica mondiale) e Russia. E non è tutto.

Il profitto. Come lo stesso Vladimiro Giacché, esperto di economia, ha detto:”dalla guerra civile americana in poi, il nesso tra guerra ed espansione economica è indiscutibilmente accertato e assolutamente ricorrente”. Giacchè fa un rapido riepilogo di tutti i periodi di guerra affrontati dall’America e la relativa ripresa del PIL americano. L’America dunque ha adottato la guerra come uno strumento di risveglio economico. Ma questa ripresa economica va a favorire non l’economia reale (ipotesi riscontrabile con un incremento non avvenuto del Welfare), bensì quella virtuale, delle imprese belliche e dei profitti bancari: in altre parole il Warfare, come dice lo stesso Giacchè.
Se fosse sempre così, allora dovremmo aspettarci dall’America una guerra continua ed un’indebitamento insostenibile del paese con consequenziale arricchimento delle imprese belliche. Ma in realtà non è sempre così. La guerra ha degli scopi ben precisi: le risorse ed il controllo strategico. Sulla prima causa bisognerebbe fare una precisazione: le risorse non solo solo quelle attuali, come il petrolio, ma anche quelle future. C’è addirittura chi vede nella guerra in Afganistan ed Iraq, una precisa volontà di accaparrare aree a causa della trasformazione geologica del nostro pianeta. Per molti studiosi infatti quelle saranno le zone climatiche migliori, in grado di garantire un maggior numero di risorse.

La pista del Narcotraffico. C’è addirittura chi afferma che la guerra serva ad accaparrarsi le via del narcotraffico. Se così fosse dovremmo anche porci un punto interrogativo grande quanto Montecitorio. Come si fa a combattere la criminalità organizzata, confiscando beni se poi dietro il sipario si prende parte ad una guerra per il narcotraffico, unico settore in espansione di questo secolo e sotto il monopolio delle mafie di tutto il mondo? L’interessante dossier che segue questa pista è stato fatto quest’estate da Peace Reporter ed ha esaminato tutte le testimonianze ed inchieste giornalistiche di intellettuali ed inviati. Il narcotraffico è una scoperta per noi italiani, ma non certo per i russi e gli afgani. A testimoniarlo l’economista russo Mikhail Khazin che afferma “Gli americani lavorano duro per mantenere in piedi il narcobusiness in Afghanistan attraverso la protezione che la Cia garantisce ai trafficanti di droga locali” e Eric Margolis che, sull’ Huffington Post, scrive: “Le esperienze passate in Indocina e Centroamerica suggeriscono che la Cia potrebbe essere coinvolta nel traffico di droga afgana in maniera più pesante di quello che già sappiamo. In entrambi quei casi gli aerei Cia trasportavano all’estero la droga per conto dei loro alleati locali: lo stesso potrebbe avvenire in Afghanistan”. Ma come sapere se tutto questo è vero? Bisogna decidere di credere o meno alle fonti. Un’inchiesta televisiva condotta dal canale russo “Vesti”, afferma che “l’eroina afgana viene portata fuori dall’Afghanistan a bordo dei cargo militari Usa diretti nelle basi di Ganci, in Kirghizistan, e di Inchirlik, in Turchia”. E la giornalista afgana Nushin Arbabzadah ritiene che la droga viaggi nascosta nelle bare dei militari Usa, riempite di droga al posto dei cadaveri.
Anche la Russia appoggia la pista del narcotraffico. Il giornalista russo Arkadi Dubnov ha scritto che “l’85% di tutta la droga prodotta in Afghanistan è trasportata all’estero dall’aviazione Usa. Quest’estate il generale russo Mahmut Gareev ha dichiarato che “la droga frutta agli americani almeno 50 miliardi di dollari all’anno” ed aggiunge “Non è un mistero che gli americani trasportano la droga all’estero con i loro aerei militari”. Il giornalista statunitense Dave Gibson ha affermato che “la Cia è sempre stata implicata nel traffico mondiale di droga e in Afghanistan sta semplicemente portando avanti quello che è il suo affare preferito, come aveva già fatto durante la guerra in Vietnam”. Gli stessi talebani inoltre sarebbero finanziati grazie al narcotraffico.

Che ingerenze avrebbero allora i paesi alleati che, come il nostro, mandano truppe in Afganistan? Chiaramente una percentuale sul narcobusiness, (importante è il ruolo della criminalità organizzata sia per il narcotraffico sia per il riciclaggio di denaro), ma soprattutto per lo sfruttamento di risorse attuali e per le risorse future. Non è un caso che paesi come Svezia, Finlandia, ma anche Germania, subiranno una piccola glaciazione che vedrà l’abbassamento della fascia tropicale. A farne le spese sarà il settore primario, l’agricoltura. Dunque come approvvigionare fra 20 anni i paesi in via di sviluppo? Scarseggeranno parecchie risorse: uranio, acqua, petrolio. Le regioni desertiche dunque potranno costituire la porta di accesso di una nuova ricchezza. A queste ragioni non sarebbero da escludere le pressioni esercitate dall’America sull’Europa attraveso le basi Nato. Dovrebbe anche far riflettere in questo senso la sorte spettata al creatore di Wikileaks, Julian Assange: nell’Agosto di quest’anno infatti la Svezia ha ritirato, per mancanza di prove, il mandato di cattura in seguito al presunto reato di stupro, ma poi ha dovuto riconfermarlo quando la situazione americana veniva fortemente compromessa.

Sotto questa luce possiamo vedere l’attacco di Stoccolma come un attacco anti-americano, ma prima di chiederci “da quale fonte terroristica provengano queste minacce” dovremmo chiederci da dove nasce la guerra.
Il terrorismo a questo punto, assume un altro colore. Una partita giocata da personaggi discutibili: da un lato i Talebani, uomini che non hanno un volto, finanziati dalla Cia e dal narcotraffico e che operano contro l’America e L’Occidente. Dall’altro lato le democrazie occidentali con America in testa, che fa propaganda di pace ed ha interessi di guerra. Che attacca i talebani e poi li finanzia dando il via ad un giallo labirintico che si gioca sui deserti d’Oriente. Bisognerebbe a questo punto chiedersi qual è il vero terrorismo: prima di chiederci chi siano i talebani, dovremmo chiederci chi sia l’America. Ma per dare una risposta a questa domanda, bisognerebbe discernere la politica dall’affarismo e, per farlo, occorre onestà intellettuale.

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