Ryanair. “Meglio disoccupato che schiavo”

Ex assistente di volo racconta la sua esperienza nella compagnia irlandese: “Per noi niente diritti”

ROMA – Andrea, di 30 anni, assistente della compagnia irlandese Ryanair, non ce l’ha più fatta. E così dopo tre anni passati ad aspettare un contratto definitivo che non è mai arrivato, sopportando un trattamento pari ad un lavoratore di serie B, o meglio a una bestia da soma, ha deciso di darci un taglio definitivo. Così alla fine l’esperienza con la Ryanair per Andrea si è inevitabilmente conclusa pochi giorni fa dopo essersi visto cancellare giorno dopo giorno la sua dignità di lavoratore, senza garanzie e tutele. Sì, perchè molti di questi lavoratori sono italiani,  partono e ritornano regolarmente in una delle 10 basi della penisola, ma per loro di diritti al pari dei loro connazionali non se ne parla proprio. Una situazione davvero anomala, che nonostante le denunce dei dipendenti, le interrogazioni presentate in Parlamento (la prima risale al 2007 ndr) tutto è rimasto perennemente immutato. Certo se fossimo in uno di quei paesi dove vige l’obbligo di riconoscere a qualsiasi cittadino un trattamento dignitoso  non sarebbe successo. Come in Francia, dove  il prossimo 11 gennaio la Ryanair in seguito ad un’azione legale contro le sue politiche occupazionali sarà costretta a lasciare la sua unica base di Marsiglia. Motivo? Piloti e assistenti di volo pagano le tasse e i contribuiti in Irlanda, ma operano sul territorio francese.  In Italia, invece le cose vanno ben diversamente.
Così  come ci ha raccontato Andrea il quale dopo tre anni vissuti nell’esasperazione ha deciso di essere licenziato.”Ho aperto volutamente malattia  senza spedire il certificato e così prima mi hanno convocato tre volte alla base di Dublino affinchè chiarissi la mia posizione e alla fine mi hanno licenziato.”

Come mai sei arrivato ad una decisione così eclatante?
Sapevo benissimo che sarebbe bastato un solo giorno di malattia per influire negativamente  sulla mia condotta professionale. Perchè ammalarsi, nonostante sia un diritto legittimo, significa rischiare il posto di lavoro.
In pratica la Ryanair non accetta affatto che un suo dipendente possa ammalarsi, tant’è che nel certificato è obbligatorio giustificare l’assenza comunicando la patologia all’azienda, alla faccia della legge sulla privacy che vige in Italia.
Non reggevo più i ritmi massacranti di quest’azienda che ti tratta come uno schiavo, come un numero. Ero soprattutto stufo di vane attese nella speranza di conquistare un contratto a tempo indeterminato, che non mi avrebbero mai dato, visto che nell’arco di un anno e mezzo avevo subito già dei richiami per aver aperto solo 5 giorni di malattia e questo ha di fatto – secondo loro -compromesso irreparabilmente la mia possibilità di ottenere un’assunzione fissa.

Insomma ammalarsi è vietato?
Praticamente sì. Appena assunto hai un contratto a termine, rinnovabile di anno in anno. E se  in questo periodo apri anche una sola malattia, oppure arrivi in ritardo al tuo posto di lavoro le possibilità di un’assunzione stabile si riduce notevolmente.
Ma non solo. E’ altresì importante che durante il contratto a tempo determinato il dipendente porti dei risultati concreti all’azienda in termini economici. O meglio che venda più che può al passeggero. Si tratti di un profumo, delle schede telefoniche o del Gratta e Vinci poco importa, perchè l’unica priorità è quella di aumentare l’introito aziendale. E se non lo fai bene vieni richiamato dalla Ryanair, perchè diventi un lavoratore inutile che non produce. Per questo la compagnia irlandese manda segretamente a bordo dei “mistery passengers” che controllano a tua insaputa le tue capacità di venditore e riferiscono alla compagnia. Insomma una pressione continuativa senza tregua, perchè questa azienda, pensa solo al profitto, anche a scapito della sicurezza.

In che senso?
Basta pensare che è sufficiente un colloquio di qualche minuto, durante il quale è d’obbligo una conoscenza  seppur minima della lingua inglese per entrare a far parte del gruppo. In Ryanair il lavoro di assistente di volo spesso viene scelto come un rimedio alternativo alla dilagante disoccupazione. Ci sono moltissime persone assunte dai paesi dell’est e che proprio per la condizione da cui provengono sono disposti ad accettare tutto. Tuttavia una situazione di emergenza a bordo di un’aeromobile si potrebbe rivelare fatale proprio per la mancanza di una comprensibile comunicazione tra gli stessi colleghi. E questo la dice tutta.

Un particolare non proprio irrilevante per una compagnia aerea…

Infatti, a mio parere, e proprio in riferimento a quanto dicevo prima, il fatto che la sicurezza non sia proprio la priorità di questa azienda inquieta, anzi dovrebbe aprire una seria riflessione visto che in Italia gli assistenti di volo devono far riferimento a determinate normative per la sicurezza emanate dal Ministero dei Trasporti. E poi non va dimenticato che questo lavoro comporta uno stress altissimo per il tipo di vita che svolgi a 10 mila metri di altitudine.
E di gratificazione economica non ne parliamo. Ad esempio lo stand by, durante il quale devi essere a disposizione totale dell’azienda per 12 ore al giorno, non viene neppure pagato. Come non vengono retribuite neppure le ore di servizio. E questo significa che se per un guasto o un improvviso temporale devi sostare per parecchie ore in un aeroporto per ritardata partenza non percepisci nulla.

In Francia la Ryanair se ne va perchè non rispetta il contratto d’oltralpe. In Italia invece come vanno le cose?

Male, anzi sempre peggio. Se  penso alla mia esperienza personale ho praticamente buttato via 3 anni della mia vita. Lavoravo a tutti gli effetti nel mio paese, ma non ho mai versato un centesimo di contributo in Italia, bensì in Irlanda. Anche iscriversi a un sindacato è di fatto bandito e chi ha voluto sfidare questa regola spesso ha avuto vita dura, tanto da finire in qualche base sperduta. Così la Ryanair ha pensato bene di far eleggere ai suoi dipendenti una sorta di rappresentante che dovrebbe in teoria parlare delle problematiche dei lavoratori e portarle direttamente alla sede di Dublino. Ma paradossalmente la votazione si è svolta verbalmente in sedi separate, senza nulla di scritto. E così ancora una volta la compagnia irlandese fa da padrona, ignorando il malcontento che si respira nelle basi italiane.
Insomma a questo punto mi sono detto meglio disoccupato che schiavo di un’azienda che pensa agli esseri umani come una fabbrica di soldati che non devono e non possono pensare.
Ho perso il lavoro ma mi sono ripreso la mia dignità.

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