Conclave, curiali, innovatori e l’intrigo della segreteria di Stato

 CITTA’ DEL VATICANO – Il potere costituito della curia romana contro il vento dell’innovazione che spinge dal Nord America.

Nel mezzo, la possibilità, certamente più remota, che la Chiesa opti per una scelta rivoluzionaria tale da marcare un taglio netto col passato. Quando mancano circa ventiquattro ore all’inizio del Conclave, gli schieramenti nelle file dei cardinali sono già ben definiti.

Curiali, innovatori e l’intrigo della segreteria di Stato

La “guerra” tra i curiali e gli innovatori diventa anche una lotta intestina tutta italiana. Ai porporati che puntano ad una riforma radicale della curia si opporrebbe il “partito romano”, favorevole sostanzialmente al mantenimento dello status quo. Nel conclave potrebbe quindi esserci un testa a testa tra l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, e il brasiliano Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo. Mentre il cardinale italiano conterebbe sull’appoggio del blocco americano, di molti italiani diocesani e di gran parte dell’Europa, il 64enne Scherer, attualmente membro della commissione di vigilanza sullo Ior, sembrerebbe essere il ‘candidato’ del partito della curia romana. A sponsorizzarlo, su tutti, il camerlengo Tarcisio Bertone, il decano Sodano e il cardinale Giovanni Battista Re. Una eventuale elezione dell’arcivescovo di San Paolo garantirebbe alla curia romana la reggenza della segreteria di Stato, dove si articola il vero potere tra le mura vaticane. L’elezione di Scola, e quindi di un Papa italiano, invece, dirotterebbe la segreteria di Stato verso un paese straniero. Circostanza, per usare un eufemismo, poco gradita ai curiali.

La mediazione ‘morbida’

Qualora le due correnti non riuscissero a raccogliere i voti necessari per il loro ‘candidato’, la mediazione più semplice avrebbe il nome del cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Al momento, sembra aver perso decisamente quota l’ipotesi di un Papa americano che verrebbe vista dal mondo intero come una ulteriore concentrazione di potere nelle mani degli Stati Uniti d’America. Una fumata a stelle e strisce, infatti, darebbe di colpo agli Usa un potere sia temporale che spirituale.

Una mediazione ‘rivoluzionaria’

Una mediazione che avrebbe il sapore di una vera e propria rivoluzione culturale e politica potrebbe portare al soglio di Pietro una figura carismatica come Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila e accostato da molti vaticanisti a Karol “il Grande”. Un comunicatore che fa della umanità il suo tratto distintivo. Un uomo semplice, disponibile al dialogo e da sempre al fianco dei più poveri. Altro fattore che gioca di sicuro a favore dell’arcivescovo di Manila è senza dubbio la sua ascendenza cinese che lo ha portato ad avere fin da subito grande attenzione per la comunità cattolica in Cina. Ad ogni modo, per arrivare ad eleggere Tagle bisogna che tra i papabili più quotati si arrivi ad una frattura insanabile. E, soprattutto, lo Spirito Santo decida che dalle macerie di un conflitto tra correnti, il Vaticano trovi la forza di ‘uscire’ dal suo assetto eurocentrico e inizi a guardare con maggiore attenzione a quella parte del  mondo dove il valore della vocazione è sempre più declinato nelle forme nobili dell’autenticità. Ad auspicare una rivoluzione in seno alla Chiesa sono in tanti. Così come sono in tanti a sperare che dal camino montato sui tetti della Cappella Sistina si alzi una fumata bianca capace di consegnare alla storia un messaggio di speranza e di cambiamento. Un cambiamento che, come accadde nel 1978, venga da un paese lontano. Molto lontano.

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