Dossier Legambiente: Sei delitti sotto l’ombrellone

Non è solo la cattiva depurazione a mettere a serio rischio la salute dei nostri mari e delle coste. È per questo che Legambiente quest’anno, a conclusione delle sua storica campagna, presenta il dossier “Sei delitti sotto l’ombrellone. Il giallo di Ferragosto”.

Sei delitti che tingono di giallo l’estate italiana, perpetrati sotto gli occhi di tutti. Tanti colpevoli una sola vittima: il nostro mare. Mari e coste italiane finiti nel mirino di sei killer: maladepurazione, estrazioni petrolifere, abusivismo edilizio, consumo di suolo costiero, grandi navi e inquinamento da attività militari.

“Rispetto ai classici del giallo stavolta per scoprire l’assassino non saranno necessari colpi di scena. I killer dei nostri mari hanno un identikit ben preciso – sottolinea Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente -. Delitti commessi senza distinzioni e senza condanne lungo tutta la penisola. Un giallo apparentemente dall’esito scontato, ma che mette in luce la molteplicità di attacchi che stanno subendo le acque di fiumi  e mari, le coste, i fondali. Un assalto all’ecosistema marino e fluviale senza precedenti che va dall’assente o cattiva depurazione, alla scellerata scelta energetica nazionale di puntare ancora sul petrolio o alla mai paga industria del calcestruzzo illegale e non. È ora di porre fine a questo scempio. Non basta più la mera enunciazione di principi, ma serve una strategia comune per garantire le protezione e il risanamento dei nostri ecosistemi, assicurando al tempo stesso la correttezza ecologica delle attività economiche connesse all’ambiente marino. Regioni, comuni e province, nonché lo stesso Governo centrale, sono chiamati a una scelta di campo non più procrastinabile che dia finalmente inizio al tanto decantato green new deal”.

La maladepurazione sta agendo indisturbata da nord a sud della Penisola. A partire dal Litorale Domitio Flegreo, dove sta compromettendo irreversibilmente uno dei tratti più belli della costa campana. Ci sono poi Molfetta e il litorale tra Bari e Barletta: anche qui è preoccupante lo stato in cui versano gli impianti. A Crotone e nell’alto Ionio Calabrese sono stati sequestrati diversi impianti per malfunzionamenti o cattiva gestione. Non è una novità neanche il ritorno del “killer” in provincia di Reggio Calabria ed in particolare per le foci dei fiumi Mesima, Menga e Petrace. Non va meglio a Palermo: il capoluogo di regione fa parte dei Comuni chiamati in causa dalla condanna della Corte di Giustizia Europea per l’inadempienza della direttiva sul trattamento dei reflui urbani. L’assassino è stato nuovamente segnalato quest’anno anche alla Foce del Tevere. Pure nelle Marche i luoghi del delitto preferiti sono le foci dei fiumi: quest’anno su dieci foci campionate otto sono risultate fortemente inquinate. Nel ferrarese si sposta verso il Delta del Po a Comacchio. Un tratto di mare, tra l’altro, interessato anche da un’intensa moria di pesci.

Le estrazioni petrolifere rappresentano l’altro imputato eccellente: sott’accusa a Ombrina mare e nell’Adriatico centro meridionale così come nel mar Ionio e nel Canale di Sicilia. L’assalto di nuove trivelle da parte delle compagnie petrolifere è senza sosta. Una caccia aperta ai nuovi giacimenti, nonostante il parere contrario di cittadini, associazioni e delle stesse amministrazioni locali e regionali e le ridicole quantità in gioco che si esaurirebbero in poche settimane.

Vecchio, ma spavaldo e mai domo il “cemento illegale”. L’abusivismo edilizio resta una piaga soprattutto nel sud Italia. Segnaliamo tre “luoghi del delitto”. Triscina, in provincia di Trapani, frazione marina di Castelvetrano, che con oltre 5mila case illegali si aggiudica il record assoluto dell’avanzare del calcestruzzo. Qui nessuno ha ancora mai visto l’ombra di una ruspa.Ischia e la provincia di Salerno consegnano cartoline dell’abuso con vista mare. Per finire con una vacanza abusiva a Torre Mileto, a Lesina (Fg), set scelto negli anni ‘70 da vacanzieri abusivi per la costruzione di un intero villaggio costiero completamente illegale.

Il consumo di suolo costiero avanza inesorabile nella sua opera di distruzione: su 8 regioni prese sotto esame da Legambiente (Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Sicilia, Campania e Lazio), su 1800 km di costa, oltre il 55% è trasformato irreversibilmente da urbanizzazione e infrastrutture. I luoghi del delitto individuati tra la provincia di Teramo e Pescara, dove solo il 9 per cento dell’area ricade in area protetta; tra Roma e Latina, dove non solo si è trasformato in modo irreversibile il paesaggio a favore di stabilimenti balneari, spesso “blindati”, ma dove muri e recinzioni hanno occultato la vista del mare; tra Imperia e Ospedaletti, vittime della beffa del gigantismo portuale.

Sul banco degli imputati finiscono anche le “Grandi navi”. Non solo all’Isola del Giglio, dove il gigante della tragedia è ancora lì e nessuno è in grado di dire quando (e se…) la Concordia sarà spostata; ma anche nella Laguna di Venezia dove le città galleggianti continuano a transitare imponenti nel canale di San Marco per offrire ai turisti l’emozione di toccare il campanile più famoso del mondo.

La Sardegna è invece sotto lo scacco per l’inquinamento e le bonifiche da completare dovute alle attività militari: all’ex arsenale militare de La Maddalena, e al poligono di Quirra in Ogliastra dove la attività militari continuano a danneggiare ambiente e salute.

Anche quest’anno il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati è stato Main Partner della storica    campagna estiva di Legambiente. “La difesa dell’ambiente, e del mare in particolare, rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione”, ha detto Antonio Mastrostefano, responsabile Comunicazione del COOU. L’olio usato è ciò che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli di ciascun cittadino. “Se eliminato in modo scorretto – ha spiegato Mastrostefano – questo rifiuto pericoloso può danneggiare l’ambiente in modo gravissimo: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in mare inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche”. A contatto con l’acqua, l’olio lubrificante usato crea una patina sottile che impedisce alla flora e alla fauna sottostante di respirare. “Con la nostra attività di comunicazione – ha concluso Mastrostefano – cerchiamo di modificare i comportamenti scorretti di chi crede che piccole quantità di olio lubrificante disperse nell’ambiente provochino poco inquinamento”.

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