Crisi libica. Intervista all’Ambasciatore venezuelano in Italia sulla proposta di Chávez

Esclusiva di Dazebaonews.

Intervista All’Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia Luis José Berroterán Acosta sulla proposta di mediazione lanciata da Hugo Chávez
ROMA – Il diplomatico venezuelano ricorda che il suo Governo mette al primo posto il fatto che “una transizione post Gheddafi o la permanenza dello stesso può essere decisa solo dal popolo libico (…) è per questo che noi crediamo in una Commissione di Pace”. Ricorda che l’Europa dovrebbe preoccuparsi più di chiunque altro “che il conflitto libico trovi una soluzione pacifica ed immediata, proprio (…) per l’ondata migratoria africana (…) e per l’esposizione a manifestazioni terroristiche da parte di gruppi estremisti”, e che “l’Italia è il principale socio commerciale di prodotti energetici della Libia con il 32% della esportazioni”.

Ci può spiegare in cosa consiste la proposta lanciata la settimana scorsa dal Governo della Repubblica del Venezuela e che prevede la creazione di una Commissione di Pace per risolvere la crisi libica?
La proposta per una Commissione di Buona Volontà è stata lanciata dal nostro presidente Hugo Chávez Frías lunedì 28 febbraio. Mira alla creazione di una Commissione che operi da mediatrice davanti alla crisi che sta vivendo la Libia. “Invece di inviare (gli Stati Uniti) marines, aerei, navi da guerra e carri armati contro il popolo libico, perché non inviamo una Commissione che vada a dare un aiuto affinché non continuino più uccidendosi? Credo che bisogna fare un appello per agire politicamente. Io vi lancio questo appello, con il rispetto dovuto”, sono state le parole del presidente Chávez.
La proposta prevede la mediazione tra il regime di Gheddafi e l’opposizione. L’iniziativa consentirebbe l’invio di una Commissione di Pace integrata da rappresentanti latinoamericani, europei e mediorientali.

Ad oggi quali Governi hanno aderito all’iniziativa e quali l’hanno respinta e con quali motivazioni?
L’intero Consiglio politico dell’ALBA, l’Alleanza conformata da Venezuela, Bolivia, Cuba, Nicaragua, Dominica, San Vicente y Granadinas, Ecuador, Antigua y Barbuda, appoggia l’iniziativa di pace con la finalità di evitare una possibile aggressione militare. Gheddafi ha accettato la proposta di creare una Commissione internazionale, la Lega Araba ha manifestato interesse, la Spagna, attraverso la Ministra degli Esteri, Trinidad Jiménez, ha manifestato che vede di buon occhio la proposta se ha come obiettivo quello di dare un contributo per una soluzione ampia.
A rifiutare la proposta ci sono gli Stati Uniti, che si sono espressi attraverso il portavoce del dipartimento di Stato, P.J. Crowley.
I ribelli libici l’hanno respinto in maniera netta, l’incaricato del Consiglio Nazionale di Bengasi, Mustafá Gheriani, ha dichiarato :”Abbiamo una posizione molto chiara: è troppo tardi, è stato sparso troppo sangue”. Sostengono che è stato versato troppo sangue e vogliono che si continui, sarà forse perché se ci sediamo a dialogare potrebbero venire a galla le prove su chi li sta armando per dare inizio a una guerra civile?  
Sebastián Piñera, il presidente del Cile, durante la sua visita in Spagna ha ritenuto la proposta incapace di dare frutti positivi.
La Francia, con il nuovo Ministro degli Esteri, Alain Juppé, ha considerato inaccettabile qualsiasi iniziativa che preveda la permanenza di Gheddafi al potere, mentre il suo omologo britannico si è mostrato meno netto e ha lasciato la porta aperta per studiare la proposta.

La posizione degli Stati Uniti e dell’opposizione libica appare scontata, considerando che i loro obiettivi non sono né la pace né i diritti umani ma l’impossessarsi del petrolio libico, tutto il resto sono solo giustificazioni. Mettono in risalto i massacri e le violazioni dei diritti umani ma loro vogliono fare le stesse cose per arrivare al potere. L’opposizione libica sa che, sedendosi a negoziare, otterrebbero comunque una vittoria ma non vuole lasciarsi sfuggire l’opportunità che Gheddafi lasci il potere. Una posizione simile è quella della cancelleria francese. È triste notare come i gruppi di opposizione siano tanto compiacenti con l’invasione e l’occupazione del loro territorio solo per vedersi al potere, sembra che abbiano dimenticato l’esperienza dell’Irak e dell’Afghanistan. Peggiore mi sembra l’opposizione del presidente cileno che, pregiudizialmente, sostiene che non si otterrebbero frutti positivi, starà forse reggendo il gioco a qualcuno?

Parlando delle violazioni dei diritti umani in Libia, quale è la posizione del Governo venezuelano e come verrebbe incluso questo tema nella proposta di mediazione?
Il Venezuela condanna categoricamente la violazione dei diritti umani in tutto il mondo, dalla Libia fino a Guantánamo, però abbiamo l’esperienza del 2002, quando il tentato Colpo di Stato ai nostri danni fu realizzato con la compiacenza degli Stati Uniti attraverso i mezzi di comunicazione che prepararono la base da cui scaturì l’uccisione di gente innocente, il tutto per tentare di addossare a Chávez le violazioni dei diritti umani. Con questo precedente, da noi vissuto in prima persona, non abbiamo dubbi che anche in Libia c’è una manipolazione della realtà, basata sui racconti delle grandi catene mediatiche.
Dal 1958 al 1998 in Venezuela ci sono stati più di 3.000 desaparecidos, morti e un numero imprecisato di torturati senza che nessuna organizzazione mondiale dei diritti umani si preoccupasse per queste violazioni. Negli ultimi 12 anni, in cui non c’è stato un caso di detenzione politica ma solo di delinquenti comuni, corrotti o profughi della giustizia, ci presentano agli occhi del mondo come uno stato che non è moralmente degno di proporre una mediazione di pace. Si attaccano alle loro ipocrisie e fa loro male vedere che un paese latinoamericano conquisti un po’ di protagonismo sulla scena internazionale, così come è accaduto quando Chávez stava portando a termine positivamente la liberazione dei sequestrati dalla guerriglia colombiana che lo stesso governo della Colombia era allora incapace di liberare.

Bisogna ricordare che Gheddafi era stato inserito nella lista dei ricercati dall’Interpol ma poi è stato dichiarato che, se si consegnava, lo avrebbero tolto dalla lista. Ma se è un violatore di diritti umani, come possono offrirgli di lasciarlo in libertà solo in cambio del potere? Ciò dimostra che il reale obiettivo è rimuovere Gheddafi, nient’altro. Poi, come possiamo spiegare che in un paese dove c’è la dittatura ci siano i migliori indici sociali della regione?

La Libia è un grande paese per produzione di petrolio, come lo è anche il Venezuela ed entrambi fanno parte della OPEC. Quali potrebbero essere le conseguenze di uno spostamento della Libia sotto un governo amico o sotto il controllo degli Stati Uniti e dell’Europa?
Venezuela e Libia sono due dei membri fondatori dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) e, mentre il Venezuela produce 3,4 milioni di barili giornalieri, la Libia si attesta ad 1,7 milioni che servono per approvvigionare alcuni paesi arabi ma principalmente l’Italia, che è il suo principale socio commerciale europeo con il 32% delle esportazioni.
Quando parli di governi ‘amici’ bisognerebbe definire meglio cosa si intende, magari parli di ‘dittature amiche’ come nel caso della Tunisia e dell’Egitto? In ogni caso, se si trattasse di casi simili, le conseguenze sarebbero catastrofiche, non tanto per la Libia o per la OPEC ma proprio per i paesi che cercano di imporre ‘governi amici’ in Libia.
Ricordo le promesse di una occupazione rapida e poco dispendiosa dell’Irak e dell’Afghanistan, quando invece ancora arrivano notizie di morti ai familiari dei paesi occupanti. Questo accade perché un ‘governo amico’ o ‘controllato’ dall’esterno non è necessariamente ciò che i popoli desiderano ed è per questo che parliamo di ipocrisia nel modo in cui si usano i diritti umani, la libertà e l’autodeterminazione dei popoli.

Se ha avuto contatti, in questa settimana, con il Ministero degli Affari Esteri italiano o con altri rappresentanti del governo, quale è stata la posizione che le hanno espresso in relazione alla proposta del presidente Chávez?
La posizione del governo italiano è quella espressa davanti alla stampa nazionale: “stretta sintonia” con l’Unione Europea, la NATO e l’Organizzazione delle Nazioni Unite. È stata approntata una missione umanitaria che opererà nella frontiera fra Tunisia e Libia e che “inizierebbe immediatamente”, trattandosi di una missione di “emergenza, di tipo umanitario che opererà in territorio tunisino in aiuto di coloro che fuggono dalla Libia”. La stampa riporta le dichiarazione del Primo Ministro, Silvio Berlusconi, che nega una reazione tardiva dell’Europa, sostenendo che non si poteva fare altrimenti, che i Ministri degli Esteri dei 27 paesi sono in contatto continuo e che i Capi di Stato e di Governo si riuniranno l’11 marzo nel corso di Consiglio Europeo convocato straordinariamente per la crisi in questione.
Oggi, 9 marzo, si parlerà del tema nel Consiglio Supremo di Difesa convocato dal presidente Giorgio Napoletano, mentre il 10 e l’11 a Bruxelles si darà inizio alla missione di monitoraggio di Tripoli da parte delle più alte cariche dei paesi membri della UE.
Per gli Stati Uniti è più facile fare la guerra nel nord Africa, mentre l’Europa deve preoccuparsi più che il conflitto libico arrivi a una soluzione più pacifica possibile e immediata, proprio per l’ondata di migranti in fuga da questi paesi al bordo della guerra civile e per l’esposizione maggiore a manifestazioni  terroristiche da parte di gruppi estremisti.

Dal punto di vista politico, come si auspica, il governo del Venezuela, che debba svolgersi la transizione post Gheddafi e quale potrebbe essere un’alternativa credibile per la Libia e, allo stesso tempo, accettata dal mondo arabo?
Una transizione post Gheddafi o la sua permanenza potrà essere decisa solo dal popolo libico, la questione è di sua esclusiva competenza. Il mondo arabo e, più in generale, il resto del mondo, dovranno rispettare il principio di autodeterminazione dei popoli, è per questo motivo che noi crediamo in una Commissione di Pace, quando altri propongono una Commissione di guerra con portaerei, navi e marines prossimi alle coste della Libia.

In Europa e in Italia spesso si parla del Venezuela come un paese non del tutto democratico. Ci può illustrare la forma di Governo e come è stato eletto il presidente Chávez?
Il Venezuela è uno dei paesi più democratici del mondo e ciò è dimostrato dal fatto che nei 12 anni di governo bolivariano si sono tenuti 14 processi elettorali, più di uno per ogni anno. Il nuovo sistema politico venezuelano, approvato con la Costituzione del 1999, è partecipativo e da’ protagonismo, questo significa che è dal popolo sovrano che scaturiscono le decisioni, secondo la sua volontà. Ogni elezione è stata ritenuta valida e democratica da osservatori ed organismi internazionali, come è il caso dell’ex presidente nordamericano Jimmy Carter.

Gli indici di partecipazione sono notoriamente aumentati da quando sono stati creati, tra gli altri programmi, la Misión Identidad, che ha dato alla gente la possibilità reale di avere un documento, che è poi l’unico requisito per iscriversi al Consiglio Nazionale Elettorale (CNE). Il numero di nuovi iscritti è di due milioni di persone che, in mancanza di questo strumento, non potevano esercitare il diritto al voto, di questi duecento mila sono indigeni.
La Misión Robinson ha insegnato a leggere e scrivere a un milione e mezzo di analfabeti, che per le loro condizione erano facilmente manipolabili al momento del voto. Inoltre bisogna aggiungere l’aumento e la riorganizzazione del 100% dei seggi elettorali, per avvicinare e facilitare la partecipazione dei più poveri, mentre in precedenza potevano accedere a questo diritto solo le classi economicamente privilegiate e la classe media.
Coloro che sostengono che il Venezuela non è un paese democratico lo fanno per interessi oscuri e la cosa più triste sono coloro che lo ripetono come un fatto certo, dimostrando solamente una totale ignoranza sul tema.

I grandi investimenti nel campo sociale in Venezuela evidentemente si ripercuotono nei confronti degli affari particolari prodotti dalla corruzione e che hanno favorito pochi ricchi, con un’altissima ripercussione negativa nei confronti della ricchezza nazionale. È questo il motivo per cui gente molto potente vuole tornare a questo passato di soldi facili e arricchimento illecito, a danno del petrolio venezuelano e pregiudicando tutto il popolo. Purtroppo questa campagna mediatica limita la volontà di molti investitori onesti ma la nostra esperienza con la comunità italiana che vive in Venezuela dimostra che riceve le garanzie necessarie, visto che la maggioranza preferisce continuare a vivere e lavorare nel nostro paese.

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