Apocalisse Giappone. Almeno 1.700 morti ma migliaia di persone sono disperse

ULTIM’ORA – TROVATI I 4 TRENI DISPERSI. SALVI I PASSEGGERI. Sono stati ritrovati i quattro treni in servizio tra Iwate e Miyagi. Dati per inghiottiti dallo tsunami, sono ricomparsi insieme ai circa 70 passeggeri e macchinisti, tutti salvi. Lo rendono noto il ministero dei Trasporti nipponico e JR East, l’operatore ferroviario, al termine di ricerche complicate dalle difficoltà delle comunicazioni. Sul treno della linea Senseki, in base a quanto riferito, il guidatore, il capotreno insieme a una cinquantina di passeggeri si sono rifugiati in una scuola elementare, sfuggendo così alla furia dell’onda. Sui due convogli della linea Ofunato, invece, il guidatore e 15 passeggeri si sono riparati in una scuola media, mentre altri 5 passeggeri sono andati per conto proprio. Anche sulla linea Kesennuma i passeggeri si sono fatti strada con le proprie forze.

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TOKIO – Potrebbe sfiorare quota 1.700 il numero dei morti in Giappone per il terremoto e lo tsunami di ieri nel nordest del paese. È quanto riferito dai media locali , mentre cresce la preoccupazione dopo l’incidente nella centrale nucleare. Per l’Oms, le vittime accertate al momento sono almeno 621, una cifra destinata a crescere.Stando ai dati provvisori dell’Organizzazione mondiale della Sanità, almeno 645 sono i dispersi e 1.040 i feriti. Secondo il capo gabinetto del governo di Tokyo, Yukio Edano, la cifra dei morti sarà ben oltre mille.

Dopo la notte tormentata da continue scosse di assestamento, che hanno tolto il poco sonno rimasto dopo il devastante sisma, il Giappone si è svegliato oggi in un nuovo incubo fatto di cadaveri in spiaggia, treni spariti nel nulla e città intere cancellate dalla furia dello tsunami, con centinaia di morti accertati e migliaia di dispersi. Il bilancio provvisorio della polizia parla di oltre 620 vittime, che tuttavia secondo le ultime stime sono destinate a diventare almeno 1.800, mentre si moltiplicano i ritrovamenti di cadaveri e aumenta il numero di persone di cui si sono perse le tracce. Una scena da film dell’orrore è stata immortalata sulla spiaggia di Sendai, capoluogo della prefettura di Miyagi, il cui distretto costiero è stato spazzato via da uno tsunami, dove sono stati allineati circa 300 cadaveri non ancora identificati. Le segnalazioni di persone che mancano all’appello dopo il sisma delle 14.46 di ieri, che secondo il conto ufficiale sono almeno 650, si moltiplicano senza sosta nelle aree più colpite: secondo l’ultimo allarme diffuso dalle autorità della prefettura di Miyagi, sono almeno 9.500 le persone di cui non si ha più traccia nella cittadina di Minamisanriku, a nord di Sendai, un numero di potenziali dispersi che rappresenta oltre la metà della popolazione complessiva di 17.000 abitanti. Sembrano finiti nel nulla, dopo una giornata intera senza notizie, anche i quattro treni in servizio lungo la zona costiera delle prefetture di Miyagi e Iwate, probabilmente spazzati via dallo tsunami di oltre 10 metri seguito alla prima scossa: i convogli, appartenenti al gestore ferroviario Jr East, operavano sulle linee Ofunato, Senseki e Kesennuma, e ancora non ci sono informazioni sul numero di passeggeri che poteva trovarsi a bordo. Lieto fine invece per l’altro mistero della giornata, una nave data per dispersa con un centinaio persone a bordo, dopo il passaggio di uno tsunami nella città di Ishinomaki: il battello, appartenente a una impresa di costruzione navale, è stato ritrovato al largo della prefettura di Miyagi, e i suoi 81 passeggeri sono stati tutti tratti in salvo dagli elicotteri dell’esercito e della guardia costiera. Per sostenere le attività di recupero il ministero della Difesa ha preparato la mobilitazione di circa 50.000 soldati, che saranno dislocati nelle zone dove il cataclisma ha colpito più duramente: il bilancio attuale registra complessivamente 300.000 evacuati, compresi gli 80.000 residenti nell’area dell’impianto nucleare Fukushima n.1, 3.400 edifici ridotti in macerie, 5,57 milioni di famiglie rimaste senza corrente elettrica e un milione senza acqua. A Tokyo, secondo stime della polizia locale, almeno 120.000 persone non hanno potuto fare ritorno a casa nella notte di venerdì, a causa del blocco totale delle linee ferroviarie e degli ingorghi nelle strade.

E’ nata la piccola Cielo

Hiroshi si emoziona quando parla della piccola Cielo. È nata poche ore fa, tra morte e macerie. Lì a Sendai, tra quel che il terremoto e lo tsunami non sono riusciti a distruggere. La nascita della sua prima figlia, Hiroshi, cuoco giapponese a Roma, la definisce un miracolo. E un segno: «Tra tanta morte, ci può essere anche tanta vita». La morte a Sendai c’è, eccome. Sulla spiaggia sono stati ritrovati circa 300 cadaveri. Quelle scene, Hiroshi le ha viste in tv. «Sapevo che lì c’era mia moglie, che la mia piccola stava nascendo e non poter avere notizie è stato un inferno» racconta. Impossibile telefonare in Giappone. Ci ha provato migliaia di volte, ma le comunicazioni risultavano interrotte. Poi, finalmente, un sms dalla moglie: «Ho avuto tanta paura, l’acqua è entrata perfino in camera. Sto bene, ho le doglie, sto per partorire». «Ho iniziato di nuovo a respirare – racconta ancora Hiroshi – e ho iniziato ad aspettare». Un’attesa durata «un’infinità». «Fino a quando, poche ore fa, mi ha telefonato mia madre da Osaka e mi ha detto che era nata la piccola – dice emozionato – tramite Skype siamo persino riusciti a fare un ponte telefonico e ho ascoltato per pochi secondi la voce di mia moglie. È un miracolo l’arrivo della piccola, un miracolo». Da qui la scelta del nome, Cielo: «È un nome che ci è sempre piaciuto e non potevamo non sceglierlo in un momento come questo, così la nostra piccola potrà essere un segno di speranza tra tanto orrore». Domani Hiroshi partirà per il Giappone, «so bene che sarà difficilissimo raggiungere Sendai ma non posso non provarci, lì c’è la mia famiglia». In Italia, a Roma, è arrivato due anni fa, per imparare la cucina di casa nostra. Il suo sogno è di ritornare in Giappone e aprire lì un ristorante italiano. Lui, 26 anni, lei, la moglie, 36, si sono conosciuti proprio a Roma. Prima l’amicizia, poi l’amore. E ora la piccola Cielo. La prima cosa che Hiroshi ha messo in valigia è stata proprio un regalo per lei. «Le ho comperato un cd con canzoni per bimbi – dice commosso – voglio che ascolti una musica dolce, voglio insegnarle a sorridere. Soprattutto lì in quella terra, a Sendai, dove nessuno ma proprio nessuno in queste ore ha più la voglia e forse neanche la forza per sorridere».

Il rischio nucleare

Sono progettate per resistere a terremoti estremamente violenti, di magnitudo superiore a 9, le centrali nucleari attive nel mondo. Per motivi di sicurezza, inoltre, sono progettate in modo da spegnersi automaticamente con sismi di magnitudo migliaia di volte inferiore, pari a 6. I requisiti che le centrali nucleari devono avere per resistere ai terremoti sono stabiliti dall’Agenzia Internazionale per la Sicurezza Nucleare (Aiea) e le aziende che nel mondo costruiscono impianti di questo tipo sono tenuti a rispettarli. «Tutti i reattori attualmente in funzione sono progettati per resistere ai terremoti più violenti prevedibili a livello mondiale», osservano esperti di sicurezza nucleare. La progettazione di queste strutture deve fare riferimento a un cosiddetto «terremoto di progetto», che viene definito per ogni parte della centrale sulla base della massima accelerazione al suolo che un terremoto possa provocare. L’accelerazione al suolo è l’accelerazione alla quale un edificio viene sottoposto per effetto di un terremoto e viene calcolata in rapporto alla gravità (per esempio, immaginando una persona in piedi durante un terremoto, l’accelerazione al suolo di 1 G, ossia pari alla gravità, è quella che può farle perdere l’equilibrio e farla cadere). «Le centrali nucleari – proseguono gli esperti – sono progettate per resistere ad accelerazioni pari a 3 o 3,5 G». Il loro spegnimento automatico scatta con accelerazioni al suolo notevolmente inferiori, pari a 0,3 G.

I rimedi sanitari contro l’esposizione alla radioattività

Sono tre gli elementi da tenere sotto controllo per determinare eventuali contaminazioni dei residenti vicini alla centrale di Fukushima: lo iodio 131 (I-131), il cesio 137 (Cs-137), e lo stronzio 90 (Sr-90). Lo spiega il professor Mauro Liberatore esperto di medicina nucleare dell’università Sapienza di Roma. La diffusione di questi elementi, segno di possibili fuoriuscite radioattive dalla centrale, possono essere dannosi se assunti in dosi elevate soprattutto per la formazione di tumori. E i possibili rischi per la salute dipendono dalle dosi di radiazioni assorbite: se basse si parla di valutazioni probabilistiche; se elevate il rischio è determinato. Le pillole di iodio 131 che il governo giapponese si appresta a distribuire ai residenti nelle zone delle centrali nucleari colpite dal sisma di ieri rappresentano l’unico antidoto attualmente disponibile in grandi quantità nei casi di emergenza. «La contaminazione da radiazioni – spiega il professor Paolo Vitti dell’Istituto di Medicina Nucleare di Pisa – avviene principalmente in due modi, per irradiazione diretta o per ingestione di cibi contaminati. Le pillole di iodio ‘stabilè servono a saturare la tiroide impedendo che venga contaminata dallo iodio ‘instabilè che danneggia la cellula a livello di Dna facilitando così l’insorgenza di tumori». Anche il Cesio 137 e lo Stronzio 89 si depositano nei cibi, ma hanno dei tempi molto più lunghi. Di solito portano a leucemie e a neoplasie diffuse in tutto il corpo. In particolare lo Iodio 131 viene assorbito dalla tiroide e ha una emivita di una settimana. Per questo motivo si somministrano pasticche di iodio ‘freddò per prevenire l’accumulo di quello ‘esternò detto ‘caldò nell’organo e facilitare l’eliminazione per via urinaria. Il Cesio 137 è un elemento poco mobile, non si disperde facilmente nell’ambiente ma vi si deposita e per questo può entrare nel ciclo alimentare (erba, animali e latte) e si accumula nelle ossa. Ha una emivita di circa 30 anni. Lo stronzio 90 al contrario è molto mobile nell’ambiente ed è solubile nell’acqua; si disperde facilmente e si trova anche a grandi distanze dal luogo dell’incidente; assunto con acqua e prodotti della pesca si accumula nelle ossa. «Ai tempi di Chernobyl, aggiunge Vitti, in Polonia fecero in tempo a mettere in atto una distribuzione preventiva di iodio e questo ridusse significativamente il numero dei tumori rispetto alla vicina Ucraina». «Al momento – sottolinea – non è ancora chiaro di che tipo di esposizione radioattiva si tratti. La carenza o meno di iodio è un fattore chiave nella diffusione di questi tumori. »In questo senso – conclude Vitti – il Giappone è relativamente protetto in quanto è una delle zone del mondo dove c’è un apporto di iodio molto alto, 3-4 volte di più dell’Europa, grazie all’alimentazione legata ai prodotti ittici«.

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