Legge elettorale, rischio default per l’accordo tra Renzi e Berlusconi

ROMA – Inizia martedì pomeriggio alla Camera dei Deputati la discussione sulla riforma elettorale, anche se l’accordo raggiunto e siglato tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi sembrerebbe per la prima volta seriamente in discussione.

Tutta colpa di alcuni emendamenti, due in particolare, che potrebbero far naufragare l’intesa bipartisan sulle riforme. In particolare a finire sul banco degli imputati è la proposta presentata da un deputato dell’area bersaniana, Alfredo D’Attorre, che darebbe disco verde all’Italicum, ma solo per la Camera dei Deputati, stalciando, anzi non nominandolo affatto il Senato della Repubblica. Dunque salterebbe in aria una parte importante della trattativa intavolata da Cavaliere e Segretario del Pd. Uno sgambetto, che, con un pochino di malizia, farebbe pensare ad una vendetta della corrente del l’ex Segretario, ma che potrebbe essere sostenuta, nelle Commissioni ed Aula, anche dalle altre componenti del Pd, quelle che fanno riferimento a Cuperlo e Civati, oltre che da altri singoli parlamentari. Nelle intenzioni di D’Attorre, molto probabilmente ci sarebbe la volontà di far intendere l’intenzione di abolire l’Assemblea di Palazzo Madama, impedendo però di andare al voto immediatamente dopo l’approvazione del provvedimento legislativo. Secondo gli analisti questa posizione sarebbe a mezza strada tra quella di Forza Italia, decisamente contraria ad fare un unico corpo di riforma elettorale e riforma costituzionale, e quella del Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano che invece chiede la distanza, o meglio la separazione tra i due provvedimenti legislativi. Immediato il fuoco di fila azzurro, con Brunetta sulle barricate già a prima mattina: “L’emendamento D’Attorre è incostituzionale ed irragionevole. Un tentativo da apprendisti stregoni per tentare di bloccare la riforma elettorale. In un sistema vigente di bicameralismo perfetto, non è concepibile ripensare il sistema elettorale per un solo ramo del parlamento. Riformare la legge elettorale solo per la Camera significa prevedere che, in caso di elezioni, il Senato venga eletto con il ‘Consultellum’, ovvero con il sistema vigente corretto dalla Corte costituzionale, con un rischio di totale ingovernabilità elevatissimo”. Sulla proposta si registra anche la perplessità dei Popolari Per l’Italia:  “ E’ di dubbia costituzionalità. Se accettiamo il gioco estremo che mira ad assicurare il governo in ogni caso a uno dei due partiti maggiori, ci assumiamo una grave responsabilità di fronte al Paese e ai cittadini”, osserva il deputato Gaetano Piepoli.  Disco verde all’ipotesi D’Attorre arriva invece dall’Udc. Per Gianpiero D’Alia “sulla legge elettorale è indispensabile portare subito a casa i risultati: approvarla in pochi giorni per la sola Camera dei deputati è un modo corretto di procedere, visto che l’accordo complessivo sulle riforme istituzionali prevede il superamento del Senato per come lo abbiamo inteso fino a oggi”. Per l’ex ministro per la Pubblica amministrazione “non si può pensare che lo spauracchio del voto anticipato possa condizionare ancora una volta un percorso riformista su cui si gioca la credibilità della politica e nel quale molti avrebbero la tentazione di lasciare tutto cosi com’è”. Ma non è solo l’emendamento D’Attorre a far fibrillare l’accordo tra Renzi e Berlusconi, va detto, infatti, che resta in piedi il cosidetto Lodo Lauricella che collega l’entrata in vigore della nuova legge elettorale, alla definitiva abolizione del Senato. Anche su questo punto, avversione naturalmente di Forza Italia, che vorrebbe andare al voto entro un anno, con il ‘Lauricella’, questo sarebbe assolutamente impossibile e sul punto, va detto, che Stefano Fassina ha dato tutta la sua disponibilità a votare, insieme ai suoi proprio questo punto, definendo il ‘Lauricella’  un “emendamento irrinunciabile”.

Infine si dice assolutamente ottimista suoi tempi il Capogruppo al Senato Luigi Zanda: “La riforma della legge elettorale è una priorità assoluta. La Camera ha fatto un buon lavoro e potrà approvarla entro una settimana, al massimo entro dieci giorni. Poi sarà il Senato ad esaminare il provvedimento e potrà approvarlo in poche settimane. Entro un mese la riforma elettorale sarà legge dello Stato”. Nel pomeriggio di un martedì di inizio marzo si parte con la discussione alla Camera dei Deputati e non è escluso, che alla fine, Renzi, nel nome della stabilità di Governo, abbandoni Berlusconi a favore di Alfano. 

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