Senatori autosospesi tornano nel gruppo, ma continuano la battaglia

Il dissenso vale anche in Commissione 

ROMA –  I senatori del Pd autosospesi  in seguito alla “epurazione” di Vannino Chiti e Corradino Mineo dalla Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, sostituiti perché in dissenso con la proposta di legge sulla riferma del Senato, hanno deciso di riprendere il lavoro nel gruppo a conclusione di incontri e colloqui in particolare con il capogruppo Zanda ritenuti positivi.

Non positiva viene invece ritenta  la decisione di confermare la sostituzione dei due senatori.La battaglia sui temi della riforma costituzionale comunque continuerà.  La decisione è stata resa nota con una nota congiunta  firmata dai senatori Chiti, Corsini, D’Adda, Dirindin, Gatti, Giacobbe, Lo Giudice, Micheloni, Mineo, Mucchetti, Ricchiuti, Tocci, Turano. Si tratta di tutti gli autosospesi meno Il senatore Felice Casson,  in missione all’estero che  stato possibile contattare. “ Continueremo a sostenere i nostri emendamenti al testo base del Governo-afferma la nota – che, peraltro, le trattative in corso o in fieri con Lega, Forza Italia e M5S potrebbero ulteriormente modificare. Gli emendamenti verranno sostenuti in Commissione. Quelli che non fossero accolti potranno essere ripresentati in Aula. Una speciale attenzione verrà data alla riduzione contestuale del numero dei senatori e dei deputati, alla elezione diretta di tutti pur nel superamento del bicameralismo paritario, all’obbligatorietà del referendum confermativo, qualunque sia la maggioranza parlamentare che approverà la riforma”. 

Si  è arrivati alla decisione di rientrare a lavorare nel gruppo dopo alcune giornate in  cui le posizioni erano fortemente divaricate anche a causa degli attacchi portati dai renziani più ultra che avevano parlato di sabotaggio da parte, in particolare di Corradino Mineo, accusato anche di narcisismo. Tutto nasce dal momento in cui Vannino Chiti presentato i un progetto di legge, sottoscritto da venti senatori del Pd, diverso  dal testo del governo  che  incontra il favore di autorevoii costituzionali e anche di esponenti dei gruppi di opposizione. Il testo viene poi presentato in forma di emendamenti mentre in Commissione Affari Cosituzionali, presieduta da Anna Finocchiaro la confusione regna sovrana. Fino al punto che quando sembrava che Finocchiaro stessa, relatore di maggioranza e Calderoli relatore di minoranza avessero raggiunto un accordo invece venivano approvati, con maggioranze diverse, due diversi documenti. Il nodo è quello del voto: se gli esponenti del nuovo senato saranno eletti i in forma diretta, come sostengono i Chiti e gli altri oppure indirettamente, sindaco e consiglieri regionali.

Pesanti attacchi ai senatori dissenzienti. Una gogna mediatica

Direttamente. Anche nella  assemblea del Pd l’attacco ai dissenzienti è molto forte. Lo stesso Renzi ci mette un carico da novanta. Afferma che l’articolo della Costituzione che  stabilisce che i parlamentari non hanno vincolo di mandato vale sopo le le sedute in assemblea e non per  quelle delle commissioni. Dice il segretario del Pd che in Aula possono votare secondo coscienza ma non possono bloccare il lavoro delle commissioni. Questa tesi viene ripetuta dai megafoni renziani ,ripersa dai media schierati con il premier e segretario del Pd, un vwera gogma mediatica.  Il punto dello scontro  andava ben al di là della riforma del Senato. Il problema era diventato la difesa di una norma fondamentale della Costituzione.

L’articolo 67 della Costituzione vale anche in Commissione

E su questo punto gli autosospesi hanno avuto ragione. Nella nota congiunta affermano: ”Abbiamo preso atto delle dichiarazioni del presidente del gruppo Pd del Senato, Luigi Zanda. Le riteniamo positive su due punti di grande rilievo  Primo, viene confermato – prosegue la nota – come l’articolo 67 della Costituzione valga sempre, tanto in Aula quanto in commissione. Secondo, i 20 senatori che avevano firmato il Ddl Chiti e i 14 che si sono autosospesi dal gruppo a difesa dell’articolo 67 della Costituzione, fino a quando non fosse intervenuto un chiarimento, non vengono considerati ‘frenatori delle riforme’ o ‘ricattatori della maggioranza’, ma colleghi impegnati in una battaglia politica, che come tutte le battaglie può essere discussa, ma resta legittima. Riteniamo non positiva, invece – sottolineano i 14 senatori Pd – la decisione di confermare le sostituzioni di Corradino Mineo e di Vannino Chiti nella Commissione Affari Costituzionali. Con questa seria riserva, riteniamo che le dichiarazioni del presidente Zanda ci consentano comunque di riprendere il lavoro all’interno del gruppo Pd del Senato. 

Chiti: la nostra battaglia non era di ostruzionismo, di sabotaggio

Vannino Chiti risponendo a domande dei giornalisti  ha motivato la scelta de e ora il ritorno al lavoro nel gruppo: l’autosospensione. La battaglia sui temi della riforma costituzionale continua  anche dopo il rientro dall’autosospensione perché le due questioni non sono collegate. Avevamo scelto l’autosospensione per un periodo breve per avere un chiarimento  sull’articolo 67 della Costituzione secondo il quale il parlamentare non ha vincolo di mandato. “Era inaccettabile – prosegue Chiti – si dicesse che questo principio vale in Aula e non in commissione, vale sempre, e questo chiarimento ci ha fatto decidere di superare l’autosospensione”. “In più – ha proseguito – è stato riconosciuto che la nostra battaglia su alcuni aspetti della riforma costituzionale non era di ostruzionismo, di sabotaggio, da Ghino di Tacco ma un contributo perché fosse migliore ed era legittimo sostenerla”. Chiti ha concluso: “È difficile dire se votiamo sì o no perché nessuno conosce più la riforma, ci sarà un testo dei relatori e intanto sono soddisfatto dal coinvolgimento non solo di Fi ma anche della Lega e della disponibilità del M5s, perché la riforma della Costituzione più convergenze ha meglio è. Inoltre è giusto, al di là dei numeri che otterrà all’ultima lettura, che ci sia un referendum confermativo perché la Costituzione è dei cittadini italiani e il referendum confermativo può essere l’elemento per la ricostruzione di un nuovo patto di fiducia con i cittadini”.  

           

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