Elezioni amministrative 2011. La speranza di un’Italia più pulita

ROMA – Poche volte nella storia della Repubblica elezioni amministrative hanno assunto un rilievo così determinante per il governo nazionale. Accadde nel 1975, con una vittoria assai rilevante del Pci, che conquistò la maggior parte dei governi regionali e comunali a scapito del partito cattolico, facendo intravedere una conquista del primato politico nazionale che poi in effetti non ci fu a causa del perdurare del “fattore K”. È accaduto dopo le elezioni regionali del 16 aprile 2000, le prime svoltesi dopo la riforma federalistica del centro-sinistra, quando, a seguito di una netta affermazione del centro-destra, il governo presieduto da Massimo D’Alema si dimise.

L’esperienza dimostra che legare le elezioni amministrative al piano nazionale accade solitamente in momenti di forte debolezza dell’Esecutivo. Una tornata elettorale, anche se parziale, assume così il ruolo di conferma o rifiuto da parte dell’elettorato delle politiche nazionali. Ma nel caso presente, la situazione appare molto diversa. Conoscendo le tattiche per niente trasparenti di Silvio Berlusconi, si può scommettere sul fatto che qualsiasi risultato uscirà dalle urne impedirà al premier di dimettersi, a meno che non subisca un atto di forza da parte di Umberto Bossi. La permanenza a Palazzo Chigi è, per Berlusconi, una necessità legata alle sue vicende giudiziarie. Una sua rapida fine politica significherebbe per lui una fine anche giudiziaria, perché non sarebbe più in grado di apprestare processi brevi o lunghi, prescrizioni e cancellazioni di reati ex lege. Ecco, quindi, che la sua tattica, per molti versi prevedibile, consiste nel forzare i risultati delle elezioni di oggi e domani soltanto pro domo sua: se il risultato sarà buono sarà anche significativo, altrimenti semplicemente non sarà preso in considerazione e relegato al suo ruolo di tornata locale.

L’unico punto interrogativo di questa tattica poco onorevole è la Lega. Come si sa, Umberto Bossi si è ripetutamente smarcato dal suo alleato di ferro nelle ultime settimane. Forse sente puzza di decadenza ed anche i suoi militanti hanno lanciato numerosi anatemi contro un alleato che, con tutti i suoi miliardi e le sue televisioni, sentono assai lontano dal cuore pulsante del popolo leghista. Ma il federalismo è appena sbarcato ed ancora deve percorrere tutto il suo cammino. La pressione fiscale che produrrà comporta una tenuta del quadro politico, una stabilità sistemica sulla quale non deve incidere alcuna crepa, se davvero si vuole incardinare il nuovo sistema di autonomie locali in un edificio che regga gli scossoni.

Ecco perché la previsione più razionale che si possa fare, in questo week-end elettorale, è che non succederà nulla di eclatante dalle urne milanesi e napoletane. Il berlusconismo è ancora, purtroppo, radicato in ampie fasce sociali e soprattutto nei veri “poteri forti” e difficilmente potrà essere abbattuto da una tornata elettorale come questa. La speranza di un’Italia pulita, per ora, resterà una speranza.

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