Maria Grazia Cutuli. Intervista al fratello Mario: “Su Parigi lei si sarebbe chiesta il perché”

ROMA – Il 19 novembre di 14 anni fa, in un agguato in Afghanistan, è stata uccisa la giornalista catanese Maria Grazia Cutuli, 39 anni, inviata del Corriere della Sera.

Il giorno prima la reporter aveva pubblicato un articolo su un deposito di gas nervino in una base abbandonata dai terroristi di Al Qaeda, ultimo di molti coraggiosi servizi. L’attentato è costato la vita anche ad altre tre persone: Julio Fuentes (El Mundo), Harry Burton e Azizullah Haidari (Reuters). Sabato 21 novembre alle 18:30, nel Teatro Eliseo di Santa Venerina (Catania), la Fondazione Cutuli Onlus consegnerà i riconoscimenti ai vincitori del Premio internazionale di Giornalismo Maria Grazia Cutuli. Sono previste anche altre iniziative. 

Se oggi dovesse raccontare a chi non l’ha conosciuta chi era Maria Grazia Cutuli, come la descriverebbe?

Maria Grazia era una fonte inesauribile di energia. Tutti noi fratelli siamo cresciuti in un’atmosfera di stimoli culturali e intellettuali e lei era la sorella maggiore. La sua energia consisteva in un incontro armonico tra la passione e la professionalità, unite ad altri elementi molto importanti: l’ironia e la capacità di cogliere sempre il paradosso nelle nostre vite e nel nostro mondo.

Come giornalista amava il lavoro sul campo, a contatto con la realtà… 

Sì. Il giornalismo che lei amava era quasi un giornalismo da marciapiede, che nasce dal basso, che indaga tra le pieghe della realtà e cerca di scovare ciò che di solito si rifiuta di guardare.

Di fronte a quello che sta accadendo, penso agli ultimi attentati e in particolare a Parigi, come avrebbe reagito sua sorella, secondo lei?

Oggi i giornali riportano le statistiche di questi ultimi 15 anni. Maria Grazia, dopo la notte buia di Parigi, avrebbe fatto un’analisi approfondita del perché ci siano stati 44 morti a causa del terrorismo, se consideriamo solo gli italiani, tra il 2001 e oggi. Quello che lei, ancora una volta, avrebbe cercato di fare, sarebbe stato di rispondere al “Perché?” delle vittime, di fronte alla follia. Ma tra queste vittime purtroppo c’è anche lei. Avrebbe cercato di analizzare la malattia di questo mondo e di confrontarsi con le nostre stesse contraddizioni.

A Maria Grazia è dedicato un premio. Sabato 21 novembre si terrà la cerimonia dell’undicesima edizione…

Il premio esiste dal 2005, mentre la Fondazione Maria Grazia Cutuli Onlus, che lo ha rilevato, è nata nel 2008. I riconoscimenti vanno quest’anno alla corrispondente del New York Times Rukmini Maria Callimachi, che si è occupata molto di estremismo islamico, a Francesca Paci, corrispondente della Stampa, che ha approfondito temi legati all’Islam e al Medioriente, e al fotoreporter Alessio Mamo, per il suo lavoro in Nepal, in Medioriente e nei Balcani. 

Ci sono poi i vincitori per le tesi di laurea in materie giornalistiche: Giorgia Lodato, Federica Privitera e Salvatore Frequente. Interverranno il Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, il vicedirettore vicario del Corriere della Sera e presidente della Fondazione Cutuli, Barbara Stefanelli, e l’inviato speciale del Corriere della Sera, Paolo Valentino. L’attrice Micaela Esdra leggerà alcuni brani tratti dagli articoli di Maria Grazia e anche il cantautore Lello Analfino dei Tinturia darà il suo contributo. 

Le tematiche trattate dai vincitori sono vicine a quello che è stato il percorso professionale di mia sorella. Non dimentichiamo che Maria Grazia è una delle prime vittime italiane dopo l’11 settembre. La sua storia si intreccia fortemente con la storia del terrorismo internazionale: noi oggi sappiamo per certo che lei cadde nella strada in cui, in quelle ore, doveva passare Bin Laden per andare a rifugiarsi a Kabul, dopo i bombardamenti di Tora Bora. 

Questo premio vuole essere anche un messaggio per i nuovi giornalisti, vuole dare un modello, delle indicazioni? 

Sì. Inoltre la fondazione organizza un progetto annuale: un corso di perfezionamento post-universitario per inviati e operatori umanitari in aree di crisi, che si tiene all’Università di Bologna, Alma Mater Studiorum.L’obiettivo è di aumentare o creare le condizioni di sicurezza di questi operatori.Il premio cerca di valorizzare il lavoro fatto in questo campo, mentre il corso cerca di offrire strumenti adeguati ai giovani giornalisti che vogliono intraprendere questo mestiere. Il corso è stato sostenuto anche da Federazione Nazionale della Stampa, Ordine dei Giornalisti, Comune di Roma e RCS. È previsto un modulo sul campo: i partecipanti vengono portati in zone particolarmente delicate – sono stati in Libano, in Kosovo dove si possono mettere in pratica gli insegnamenti teorici, si può capire, insieme alle autorità militari, come muoversi nel territorio. 

La Fondazione svolge poi molte attività umanitarie…

Una delle iniziative più importanti è stata la costruzione di una scuola a Herat in Afghanistan. In questo modo abbiamo allargato il nostro messaggio. A quei territori dove Maria Grazia muore, ma dove ha studiato e che amava profondamente, abbiamo deciso di regalare una scuola. Questa struttura è diventata un istituto di eccellenza, forma circa 600 bambini e per la sua qualità architettonica ha raccolto numerosi riconoscimenti. Nella concezione stessa di questa scuola sono rimarcati alcuni dei valori fondamentali in cui credeva Maria Grazia: l’amore per le giovani generazioni, il desiderio di farle accedere all’istruzione e alla cultura, e l’amore per il paesaggio. Si può aiutare producendo bellezza, per reagire alla profonda crudeltà di queste realtà. 

{gallery}CUTULI{/gallery}

Condividi sui social

Articoli correlati