Il Pd vince, ma con tre ma

ROMA – Il ballottaggio conferma che questo turno amministrativo configura una vera e propria rivoluzione politica, destinata a chiudere la stagione, in verità assai poco esaltante, della Seconda Repubblica.

Crolla il centrodestra, con la Lega; perde il Partito Democratico a Parma, col trionfo trasversale del Movimento di Beppe Grillo; vince il PD e il centrosinistra quasi ovunque -anche in roccaforti di destra e della Lega- e a Palermo si ripete, grosso modo, l’esito già visto un anno fa a Napoli con la vittoria di Luigi De Magistris.

Ma il voto, col crollo più accentuato che non nel recente passato della partecipazione ai ballotaggi, segnala -nei giorni neri dell’attentato di Brindisi e del terremoto in Emilia- la gravissima e crescente disaffezione degli italiani per la politica, per tutta la politica, compresa quella dei “tecnici” tanto celebrati del Governo presieduto da Mario Monti.
In particolare per il PD il materiale di riflessione è importante.  Se la forza diretta da Pierluigi Bersani, oggetto di una campagna di demolizione, da destra a sinistra per finire coi nuovi video-re delle trasmissioni cult, può festeggiare il suo essere la sola prospettiva politica solida nel Paese, tuttavia non può stappare bottiglie né dormire sugli allori per tre ragioni.
La prima è che il vuoto pauroso che si è aperto a destra e nel centrodestra nei prossimi mesi verrà riempito. In politica i vuoti non esistono, e anche la prospettiva del Terzo Polo ha dimostrato di non avere un futuro. I moderati italiani, e i grandi e piccoli interessi che si sentono minacciati da una vittoria del PD non rimarranno certo con le mani in mano. Nel 93 i progressisti vinsero a man bassa le elezioni amministrative, e nella primavera dell’anno successivo trionfò Silvio Berlusconi con Forza Italia.

La seconda ragione è che tra Movimento 5 stelle e astensionismo, c’è un evidente emorragia di voti dal PD e dalle altre forze di centrosinistra. Una parte dell’elettorato progressista e democratico soffre acutamente gli effetti del Governo Monti, e ha fatto sua la Grande Ideologia dell’Antipolitica che, dal Corriere della Sera a Servizio Pubblico di Michele Santoro, è stata issata sugli scudi in questi mesi.
Ma la ragione di preoccupazione più acuta il PD la deve avere a causa della propria condizione interna. Le dichiarazioni di Luigi Lusi nei giorni scorsi, il parapiglia che si è aperto fra ex della Margherita sui finanziamenti erogati dall’allora tesoriere del Partito, e le divisioni crescenti tra ex-democristiani e gli ex-DS (come testimoniato dalle clamorose dimissioni di Franco Ceccuzzi da Sindaco di Siena,  effetto della crisi del Monte dei Paschi), chiedono un’iniziativa straordinaria. Un Congresso, una Conferenza di Organizzazione, una rottura delle incrostazioni che ora esplodono. Un inizio nuovo, nel rapporto coi cittadini e coi movimenti.
Se invece si volerà basso, dichiarando come si è fatto in queste ore che il PD ha vinto senza se e senza ma, dietro l’angolo si possono nascondere brutte sorprese. Il PD ha vinto, senza se, ma con tre ma. Bastano e avanzano.

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