Monti e l’imbroglio del patto sociale

ROMA – Stando alle notizie che da Palazzo Chigi si fanno circolare e che  giornali, trasformati in bollettini del governo, si apprende che ormai  è in pista di lancio la seconda fase, quella per la crescita e lo sviluppo.

Mercoledì, anche se la convocazione ufficiale del consiglio dei ministri non è stata comunicata, sarà varato il “ cronoprogramma”. Di che si tratta? A prima vista può sembrare una tappa a cronometro di qualche corsa ciclistica, invece si tratta di un calendario per “concretizzare le riforme” fin qui approvate dall’esecutivo, ci dice uno dei  “ bollettini” governativi, Republoica per la precisione. Monti infatti si è accorto che le riforme, ma di quali si tratti non è dato sapere, sono rimaste al palo. Allora ha dato mandato alla solita “ task force” composta da Catricalà,Giarda e Patroni Griffi dei mettere a punto le schede che i provvedimenti che ogni ministro deve far approvare entro la fine della legislatura. Non si sa se tornderà sal tavoli dei ministri la “rivoluzione” della sanità, messa a punto con scarso successo anche presso i colleghi dal ministro Balduzzi. Comunque sia dovrebbe subire molte modifiche.

I lavoratori ancora nel mirino del governo

Pezzo forte della iniziativa di Monti sarà  la messa a punto dei contenuti del “ patto fra le forze sociali “ per la produttività e la competitività delle aziende. A fronte dei dati che l’Istat, non una organizzazione di estremisti di sinistra, marxisti incalliti, sforna ogni giorno, raccontando con i numeri il dramma del lavoro il governo  non trova di meglio che scaricare sui sindacati e sulle imprese, ma sono i lavoratori il vero bersaglio,  i problemi da affrontare per uscire dalla crisi. Stando sempre a ai giornali- bollettino, prodighi quanto mai, di diffondere le “idee” montiane  si apprende:   in merito alle richieste che da  tempo le associazioni degli imprenditori, Confindustria, Alleanza cooperative, Abi, Rete imprese Italia. Ania, hanno presentato senza risposta ( in sostanza un miliardo  di euro per sostenere gli investimenti per innovazione e ricerca attraverso il credito di impostando) sono anche condivisibili. Dicano quello che in cambio sono disposte a fare. Punto. Confermando che per quanto riguarda la contrattazione sono le parti sociali a decidere, poi nei fatti il governo interviene con mano pesante.

Nel mirino del governo la contrattazione nazionale

Dice una cosa e ne pensa un’altra. I lavoratori- scrivono i giornali- bollettino devono cedere qualcosa su orari, flessibilità e regole sindacali.  Un chiaro tentativo, molto grave, di smantellare i contratti nazionali andando anche oltre la contrattazione di secondo livello. Insomma Marchionne insegna e l’esecutivo sembra volerne seguire le orme. Se il patto sarà siglato il governo farà il suo. Subito  Passera e Grilli fanno sapere che soldi non ce ne sono. Ma si pensa a un decreto due sullo sviluppo che potrebbe prendere in esame le proposte delle parti sociali. Più in là non si va.Sarebbe interessante conoscere che fine ha fatto il dcecreto uno. Ma è chiedere troppo ad un governo smemorato.

Il patto fra Confindustria e sindacati siglato nel giugno 2011

Monti e soci dimenticano infatti che un “patto” fra Confindustria e sindacati  sulle reazioni sindacali e la contrattazione è stato siglato il 28 giugno 2011 e, come ricorda Susanna  Camusso,segretario generale della Cgil, viene recepito nel rinnovo dei contratti. Citiamo dal protocollo  che sancì l’accordo fra le parti sociali : “E’ obiettivo comune- è scritto- l’impegno per realizzare un sistema di relazioni industriale che  crei condizioni di competitività e produttività tali da rafforzare il sistema produttivo, l’occupazione e le retribuzioni.” Ancora: “La contrattazione deve esaltare la centralità del valore del lavoro anche considerando che sempre più è la conoscenza, patrimonio del lavoratore, a favorire le diversità della qualità del prodotto e quindi la competitività dell’impresa”. Poi si afferma che “ la contrattazione collettiva rappresenta un valore e deve raggiungere risultati funzionali all’attività delle imprese ed alla crescita di un’occupazione stabile e tutelata e deve essere orientata ad una politica di sviluppo adeguata alle differenti necessità produttive da conciliare con il rispetto dei diritti e delle esigenze delle persone.” Sempre sulla contrattazione: “Fermo restando il ruolo del contratto collettivo nazionale di lavoro, è comune l’obiettivo di favorire lo sviluppo e la diffusione della contrattazione collettiva di secondo livello per cui vi è la necessità di promuoverne l’effettività e di garantire una maggiore certezza alle scelte operate d’intesa fra aziende e rappresentanze sindacali dei lavoratori.”

Conclusione: il patto sociale  che il governo sollecita c’è già. Quello che manca è una politica industriale del governo, una iniziativa per affrontare, la crisi ,impegnando risorse, investendo nei settori strategici. Ai lavoratori non si può chiedere più niente. Hanno già dato.

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