Radicali di destra che albergano nella sinistra

ROMA – Le nuova legge elettorale ancora non c’è e i partiti tornano a dividersi. Si potrebbe anche dire che i partiti tornano a dividersi ed ecco perchè non c’è la legge elettorale.

Il fatto è che la politica italiana ancora una volta si sta rivelando al di sotto dei problemi. I dossier pericolosi per il paese sono ormai quasi tutti aperti, dall’Ilva al Sulcis per finire alla Fiat che ormai è prossima al tragico redde rationem immaginato da Marchionne. Ci sono tutti gli ingredienti sociali per spingere la politica  a fare  la sua parte con proposte precise. L’antipolitica, intanto, aspetta sorniona con Grillo che in barba alle micro-scissioni e alle accuse di dispotismo rivolte a lui e al suo guru è convinto di avare un risultato a due cifre fra le mani. E’ a sinistra che si sta svolgendo la rappresentazione  più impressionate delle divisioni della politica. A destra siamo infatti di fronte  a fenomeni di sfarinamento del fronte berlusconiano e all’incapacità di immaginare una successione al cavaliere. Al Centro invece si affollano finora new entry di incerta sostanza, da Oscar Giannino a Luca di Montezemolo, per finire al “nuovo” partito di Casini e all’incognita dei ministri di Monti alla ricerca di collocazione.

 

A sinistra, dicevano, invece si sta ripetendo l’eterno conflitto fra radicali e riformisti, solo che questa volta i radicali invece di essere di sinistra sono di destra. A dar loro voce è il sindaco di Firenze Matteo Renzi, oggi elogiato sul “Giornale “ da Giuliano Ferrara che vede in lui il rappresentante più autentico della generazione post-Muro di Berlino. Renzi è un giovane, e di questo mena vanto come se non fosse un dato di natura per giunta transeunte, che viene dalla tradizione democristiana, che ha argomenti che piacciono ai trasversali di sinistra, come l’elogio del succitato Marchionne, l’antisessantottismo, le culture liberiste ripresentate sfrontatamente dopo i disastri finanziari del 2008. A lui si contrapposte una rappresentante onesto della sinistra classica, quel Bersani socialdemocratico alla Hollande che vuole continuare la politica di Monti riempiendola però di nuovi contenuti sociali. Il Pd che uscirà dal voto delle primarie potrebbe perciò essere una cosa opposta all’altra. Non vi è chi non veda che le due formule, quella di Renzi e quella di Bersani, sono talmente opposte che spesso fanno pensare a un partito in procinto di sdoppiarsi piuttosto che a un partito che ha una diversa strategia nel suo gruppo dirigente. Se vince Renzi che faranno gli elettori più di sinistra? E dove andranno tutti quei dirigenti che Renzi vuole rottamare e che non vogliono abbandonare la politica? Se vince Bersani che faranno tutti quelli che vedono in lui il diavolo di sinistra incuneatosi nei sogni ”americani” degli ultras democratici? Questo partito non è aiutato neppure dal suo sistema di alleanze. L’unico alleato rimasto, dopo l’allontanamento di Di Pietro, è Vendola che con la proposta di referendum anti-Fornero ha messo in moto una mobilitazione popolare contro il governo voluto e sostenuto dal Pd. Ci sono tutte le condizioni per pensare che la situazione sia vicina all’ingovernabilità. Per la sinistra potrebbe essere il dramma finale visto che una situazione così favorevole non le si era presentata praticamente mai. Ecco perché sono in tanti a pensare che dopo Monti ci sarà Monti oppure Draghi. Oppure tutti  e due.

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