Il governo delle “strette intese” che non parla ai cittadini

ROMA – L’astensionismo di massa, perché di questo si tratta,  registrato nel turno di elezioni amministrative, ha richiamato tutti al problema della partecipazione dei cittadini. Tutti, proprio tutti,  a sinistra, al centro, a destra hanno sottolineato la necessità che la politica torni a parlare alle persone in carne ed ossa, le ascolti, le renda partecipi delle scelte che, ad ogni livello istituzionale vengono fatte.

I partiti in prima persona, se vogliono sopravvivere, hanno bisogno di una forte iniezione di partecipazione. Bene, come non essere d’accordo. Ma  sono passate poche ore dalla conclusione della tornata elettorale, ora si andrà ai ballottaggi,  che la prima prova per istituzioni e partiti, è stata negativa. Per non dire di peggio. Per partecipare bisogna conoscere. Quello che è accaduto al Senato e alla Camera dove si è discusso su come avviare il percorso di riforme costituzionali, legge elettorale in primo luogo, è l’esatto contrario. Non solo. Il veto del Pdl a modificare subito il porcellum in modo sostanzioso,la minaccia di mandare in crisi il governo, pongono un problema di fondo: il ruolo del Parlamento. Così procedendo, qualsiasi provvedimento che non riscontri larghe intese non può trovare maggioranze diverse. Il rischio è quello di imbavagliare le due Camere. Pensiamo per esempio  a leggi che riguardano i diritti civili, lalibertà delle persone, la cittadinanza ai figli degli immigrati, per non parlare del conflitto di interessi. Invece di “larghe intese”, non vorremmo si dovesse parlare di “ strette intese”.

Riforme costituzionali, dibattito stanco, ripetitivo, inconcludente

Anche i cronisti parlamentari più specializzati hanno fatto fatica a raccontare i fatti. Abbiamo ascoltato quasi tutti gli interventi a partire da quello del presidente del Consiglio.  Stanche ripetizioni della necessità di riforme, cose sentire e risentite nel corso di questi ultimi venti anni.  Una sola cosa certa che questo percorso deve concludersi entro 18 mesi. Quale sia l’obiettivo non è stato detto. I sistemi elettorali sono molti e diversi, così come l’organizzazione dello Stato, due Camere, una Camera, federalismo, abolizione delle Province magari pensando anche a chi ricopre il ruolo svolto,  accorpamento di comuni Tutto da vedere. Per far questo si mette in piedi una commissione parlamentare di quaranta persone e una commissione di esperti si era detto una Convenzione.  Tutto questo comporta la revisione della seconda parte della Costituzione. Prima bugia,  perché se si scegli, per esempio, il semipresidenzialismo non si deve cambiare solo la seconda parte della Costituzione, ma anche la prima. Insomma la Costituzione “più bella del mondo”, sono risuonate nelle aule parlamentari le parole di Roberto Benigni, dovrebbe essere perlomeno ritoccata. Costituzionalisti di gran nome dicono che si dovrebbe fare un‘altra Costituzione. E ci vorrebbero non diciotto mesi ma qualche anno. Singolare poi che per modifiche costituzionali il Parlamento affidi il compito al governo, quando, come è noto, è lo stesso Parlamento che deve provvedere.  Sorvoliamo per carità di patria. Veniamo alla parte che ha acceso l’attenzione dei cronisti. E non poteva che essere così visto i contenuti dell’oratoria che ha occupato una intera giornata a Palazzo madama e Montecitorio.  Si era detto, subito il giorno dopo le elezioni politiche, che il “porcellum” andava cambiato, senza perdere tempo. Anche coloro che avevano impedito nel corso della legislatura di buttare al macero questa legge voluta da Berlusconi e dalla Lega in prima fila,  al macero, al macero.

La legge elettorale ? Poi si vedrà. Il ”porcellum” ora non si tocca

Lo stesso presidente del Consiglio più volte aveva affermato che mentre si procedeva sul percorso delle riforme costituzionali bisogna mettere in sicurezza, questa la parola usata,  nel caso si dovesse tornare a votare prima delle riforme costituzionali, legge elettorale compresa, il voto degli italiani, apportando modifiche al “porcellum”.  Già la Corta Costituzionale aveva avanzato rilievi, poi la Cassazione ha inviato la legge alla Corte quindi bisognava per forza intervenire.  Senza troppo giri sarebbe stato più semplice cambiare subito la legge elettorale. Ma si è detto: senza sapere ancora quale sarà l’architettura istituzionale, non si può fare una legge completa. Bugia. Ora abbiamo due Camere. Se una, il Senato, cambia volto, la legge si applica solo alla Camera. E se cambia il sistema, semipresidenziale o giù di lì? Basta un semplice aggiustamento della legge. Il pomo della discordia è diventato il deputato Giachetti, Pd, vicepresidente della Camera, che  ha raccolto più di cento firme, tante di deputati del Pd,  ha presentato una mozione, non vuole che la questione legge elettorale venga eliminata così come nella mozione di maggioranza. Lo pregano di ritirarla. Giustamente non lo fa.

Il “ caso” Giachetti ,  con il Pd che entra in fibrillazione

Apriti cieli, chiuditi terra. Sene dicono di cotte e di crude. C’è l’ha con Letta, lui è un renziano, in combutta con il sindaco di Firenze, vuol far cadere il governo e tante altre cose. La Finocchiaro, Pd,,  lo ha attaccato duramente. Un’altra deputata del  Pd, in tv, accusa Giachetti, anche di aver scritto una mozione “ imprecisa” perché impegna  la Camera a cambiare il  “porcellum”. Sghignazza e dice che le mozioni  devono impegnare  il governo, non il Parlamento ste4sso. E’ fra coloro che fa tinta di non sapere che è il Parlamento a riformare la Costituzione. Tiriamo le somme. La realtà è che la prima, importante, non rinviabile riforma, quella elettorale, non fa parte del documento approvato. Sta dentro il calderone perché non si ‘ trovato l’accordo sulle modifiche da apportare al “porcellum”, minime secondo il Pdl, cioè niente o quasi. E  la parola “minimale” doveva essere scritta nella mozione della maggioranza, altrimenti si minacciava la crisi di governo. E’ accaduto così che la legge elettorale non è stata neppure nominata.  Il Pd si è fatto carico di salvare l governo. Forse  ha fatto bene, forse non c’era altra via di uscita  Ma ciò che  è accaduto è molto grave.  Epifani ha annunciato che sarà la direzione a discutere e decidere  a partire dalla legge elettorale. Ha sottolineato anche che i contenuti della mozione di Giachetti erano condivisibili, ma non era il momento giusto per presentarla. Ora il Pd ha un impegno ancor più vincolante: riuscire a cambiare la legge elettorale.

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