La Costituente della sinistra che guarda al passato e al futuro

ROMA – Ciak. La prima non era buona. Il confuso stop and go di Matteo Renzi e dei  ragazzi del suo staff  sull’articolo 18 e sul lavoro non fa presagire nulla di buono. Ora Renzi frena gli ardori del suo staff, che forse non ha ancora capito quale responsabilità ha di fronte a milioni di persone, sentendo il rischio di prendere una dura musata.

Rimane il fatto che, ad una settimana dall’elezione del nuovo segretario, il Partito Democratico sembra aver sposato, nel suo gruppo dirigente, l’ideologia su cui liberali e liberisti, di diversa gradazione, avevano martellato in questi anni. Peccato che Renzi non  avesse chiesto il plebiscito su questa linea. Forse i risultati sarebbero stati diversi. 

Il lavoro non c’è per i giovani, si dice, a causa delle garanzie eccessive di chi ha lavoro. Una bugia colossale. Recenti studi dicono che le aziende che assumono più giovani sono anche quelle che sanno valorizzare le esperienze, le conoscenze e la saggezza dei lavoratori più anziani. In Italia, invece, grazie alla legge Fornero, si è allontanata l’età pensionabile per milioni di lavoratori, anche quelli che hanno cominciato presto a lavorare e che fanno lavori pesanti e stressanti; si sono lasciati in mezzo alla strada lavoratori messi in mobilità in attesa della pensione, ed ora esodati. In Italia i lavoratori lavorano più ore dei loro colleghi dei grandi paesi europei, e alle aziende conviene fare gli straordinari piuttosto che far entrare nuovi giovani. 

Da una moderna forza di sinistra ci aspetterebbe un discorso sulle pensioni simile a quello che la SPD ha imposto in questi giorni ad Angela Merkel: abbassare l’età pensionabile, e far entrare i giovani. E una strategia di redistribuzione del lavoro, poiché non basterà da sola una ripresa della crescita -che comunque sarà limitata- a creare lavoro. Le esperienze di molti contratti di solidarietà vanno già in questa direzione.

Al contrario rullano i tamburi dell’offensiva finale contro la CGIL.   Ricordo nel 2001-2002, propositi analoghi da parte del centro-destra. Un esponente dello staff di Renzi annuncia la necessità di primarie per la CGIL. E’ una  idea singolare quella di far votare i forconi, oppure Marchionne per eleggere i rappresentanti sindacali della CGIL! La legge sulla rappresentanza è un’altra cosa, e sinceramente fatico a capire gli applausi di Maurizio Landini a Renzi, se ha queste idee. Addirittura  da parte di Nichi Vendola e di alcuni esponenti di SEL si tessono le lodi del nuovo segretario del Partito Democratico.

E’ bene mettere le cose in chiaro, senza mezze parole. Se l’intento è quello annunciato in questi stop and go, annunci e smentite (tecnica tipica del ventennio passato), è necessario  che si sappia che su questa linea non passeranno, anzitutto nel Partito democratico. Sull’articolo 18 e su altri argomenti sociali facciamo votare davvero gli iscritti al Partito, perché scelgano la linea.

E’ quindi giunto il momento, finito il Congresso, di dare voce a una vera e nuova sinistra nel PD. Di superare le divisioni correntizie e i gruppi di potere che hanno prima impedito un’unica candidatura alternativa a Renzi, e poi hanno appesantito quella di Gianni Cuperlo. Penso ad una Costituente della sinistra, che rifletta e proponga nuove idee per il tempo presente, e che apra un confronto con Renzi, per sfidarlo sul “verso” dell’innovazione: dove si deve andare, per fare che cosa. 

Perché non chiamare presto a un confronto stringente tutte quelle e tutti quelli che hanno maturato un pensiero critico sulla crisi e sulla necessità di contrastare la finanziarizzazione dell’economia e del mondo, che svalorizza e svuota il lavoro?

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