La deflazione che si aggira per l’Europa

ROMA – Sempre più spesso si sente parlare di deflazione, un fenomeno economico noto agli addetti ai lavori e direttamente riconducibile al rafforzamento di una spirale recessiva dell’economia reale, ma ancora relativamente poco conosciuto dal grande pubblico.

In macroeconomia si parla di deflazione in presenza di una diminuzione generalizzata dei prezzi, derivante dalla debolezza della domanda di beni e servizi. Le aziende e i consumatori sono incentivati a posporre gli acquisti di beni e servizi non indispensabili facendo affidamento su cali dei prezzi continui e progressivi contribuendo così ad un ulteriore calo della domanda.

Le imprese guadagnano di meno e di conseguenza cercano di rivalersi sul costo del lavoro e non ricorrono più al credito. Quindi quella che di primo acchito sembra essere un’opportunità per i consumatori: la diminuzione dei prezzi si tramuta ben presto in un vero e proprio boomerang. Sono diversi i Paesi dell’Eurozona in cui la deflazione sta prendendo piede, tanto da far pensare agli analisti che, in tempi ragionevolmente brevi, l’intero vecchio continente verrà investito da questo fenomeno. In generale la deflazione produce reazioni a catena in particolare verso le fasce sociali più deboli, che, a fronte di una sensibile diminuzione dei propri salari vedono rimanere invariati o addirittura crescere i debiti che hanno contratto con le banche, magari per acquistare un’abitazione. Spesso infatti la contrazione dei salari avviene più velocemente della diminuzione dei prezzi, producendo una sensibile perdita di potere d’acquisto delle famiglie. Non solo, calando la domanda ed i consumi ben presto diminuisce anche il gettito fiscale che, per rimanere invariato ha bisogno di nuove tasse.

Questa situazione preoccupa non poco gli economisti che, a fronte di una ripresa economica europea, lenta, ma generalizzata che tuttavia si realizza senza creare occupazione, temono che alla lunga la diminuzione dei prezzi produrrà ai cittadini ed agli stati più guai che opportunità. A questo proposito si chiede a gran voce un intervento della BCE che tuttavia non può limitarsi ad un ulteriore abbassamento dei tassi che, a seguito della crisi, hanno già raggiunto il minimo storico. La Banca Europea dovrebbe infatti non limitarsi ad una semplice ” moral suasion”, ma premere con determinazione sulle banche affinché concedano più crediti ad imprese e famiglie. Fortemente contraria a queste politiche che sperano in una ripresa dell’inflazione per rilanciare l’economia è la Germania, angosciosamente ancorata ai ricordi dell’Iperinflazione verificatasi nel corso della Repubblica de Weimar durante la quale il Paese stampò grandi quantità di banconote per onorare i debiti di guerra. Tuttavia, pur rispettando angosce e sensibilità altrui ci sembra che sia venuto il momento in cui l’Europa e in particolare le sue istituzioni economiche e politiche inizino a muoversi nell’interesse di tutti e non a vantaggio di uno solo.

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